Rassegna Stampa, “Dagospia” e la crisi della carta stampata

adago1.jpgDagospia vi aveva avvisato per tempo, fin da giovedì scorso, che la tavola per il Flebuccio Due in via Solferino era adago.jpgapparecchiata. Nelle stesse ore in cui i due grandi vecchi Abramo Bazoli e Cesare Geronzi trovavano l’accordo per De Bortoli al Corriere e Riotta al Sole, dopo quasi quattro anni si chiudevano le trattative per il rinnovo del contratto di lavoro dei giornalisti. C’entra qualcosa? Sì, c’entra qualcosa e anche parecchio.

Paolo Mieli. Il giro di direzioni parte dal Corriere, passa per il Sole, si è spostato in Rai all’insegna del si salvi chi può (dalle vacche magre della carta stampata) e poi coinvolgerà a catena un altro bel po’ di poltrone. Nel giro delle prossime settimane potrebbero ballare anche le direzioni del Mattino, della Stampa, del Tirreno, di Panorama, del Secolo XIX e tanti altri (per la Repubblica si parla di slittamento di un anno per il dopo-Mauro). E non sarà solo perchè toccherà sostituire chi sarà riuscito ad andare in Viale Mazzini, ma perché bisognerà trovare direttori nuovi che mettano la faccia e la forma sotto pesanti piani di ristrutturazione. Al Corriere si vocifera di un centinaio di giornalisti da far fuori. A Repubblica sarebbero circa un’ottantina. Alla Stampa sono a rischio in quaranta, a cominciare dalla sede di Roma. Siamo sicuri che Ezio Mauro e Giulio Anselmi siano disposti a indossare i panni del boia? Pare proprio di no. Mauro studia l’inglese per andare a New York e Anselmi, piuttosto che passare alla storia come il direttore che trasformò La Stampa nel Gazzettino del Nord Ovest, è pronto a fare il presidente dell’Ansa. Giovanni Bazoli Quindi, avanti i giovani. Il problema che angoscia gli editori, però, non è di facile soluzione. Da un lato, in una fase di crisi in cui bisogna navigare a vista, ci vogliono direttori esperti e di una certa età. Dall’altro, per sporcarsi le mani, ci vogliono forze fresche, particolarmente grate alla proprietà di aver concesso loro la chance di entrare nel salottino dei direttori. Ma affidare la Stampa a un Mattia Feltri o Repubblica a un Mario Calabresi è un rischio pazzesco quando le copie sono in calo e gl’inserzionisti pubblicitari chiedono certezze. Il nuovo contratto agevola i prepensionamenti nel 2009 di chi ha 59 anni e nel 2010 di chi ne ha 60 (servono 35 anni di contributi, ma lì si possono colmare i buchi con incentivi o stati di crisi) e permette finalmente agli editori di liberarsi dei vicedirettori. Che al Corriere, per esempio, non sono pochi. Poi c’è un allegato del nuovo contratto che riguarda appunto gli “stati di crisi”, che consentono ai giornali di liberarsi di un po’ di giornalisti. Una volta servivano due bilanci in rosso e pesavano tutti sull’Inpgi.

Cesare Geronzi. Adesso, giornalisti ed editori s’impegnano a trovare, con la mediazione del governo e con il necessario passaggio parlamentare (bisogna cambiare una legge), un percorso più semplice per i prepensionamenti. Basteranno pochi indicatori economici in calo, e anche per un solo anno, per mettere a dieta le redazioni. Ma il conto non lo pagherà più solo l’Inpgi, ma anche gli editori e la collettività. Ecco perchè senza il nuovo contratto, e senza l’impegno a rivedere e finanziare gli ammortizzatori sociali dei giornalisti, sarebbe stato inutile dare inizio al valzer delle direzioni.

PS domanda irriguardosa di Massimo Riserbo: ma adesso che schioda da via Solferino, le famose intercettazioni calienti che fanno tremare qualche ministra, le lascia in cassaforte o se le porta via?

Rassegna Stampa, “Dagospia” e la crisi della carta stampataultima modifica: 2009-04-03T17:47:00+02:00da leonedilipari
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