Eolie&tesi di laurea

vvitale.jpgCaro Direttore,

Eccomi arrivata all’ultima parte (“puntata”) del mio paragrafo dedicato alle Eolie. E’ stata una bella parentesi, la cosa più bella è stata sapere dell’interesse suscitato e vederlo realmente in molte persone che ho incontrato quando sono venuta sull’isola. Spero di avere altre occasioni di scrivere per il suo Notiziario anche in futuro. Grazie! Saluti e a presto!

Valeria Vitale

L’arcipelago delle Eolie mostra quanto le isole possano differenziarsi tra loro ed esprimere uno specifico testo paesaggistico da cui si viene ‘investiti’ e il cui significato si svela attraverso la loro progressiva, graduale conoscenza. Per sentire ed assimilare il “racconto” eoliano bisogna non solo visitare le sette isole, ma “tornare e ritornare anche dove si è già stati”. Ogni singola volta le Eolie si sveleranno un po’ di più, faranno udire il battito del loro cuore pulsante e percepire la bellezza dell’essere proprio lì, nel punto esatto “dove batte il cuore”. Sono dunque necessarie diverse esplorazioni e altrettanto diverse letture di queste isole per giungere ad una loro forse ancora parziale comprensione. Come ogni testo, anche il testo-isola ha bisogno di essere letto attentamente, ed effettuare quindi seconde e comunque ulteriori letture approfondite può solo aiutare a comprenderlo meglio, e a carpirne gli eventuali significati nascosti non rilevabili ad un primo colpo d’occhio. Alle isole possono corrispondere frammenti di paesaggi interiori, testi paesaggistici speciali che permettono l’espressione della parte più profonda dell’indole umana, in cui quindi ogni soggetto-interprete ravvisa e privilegia gli aspetti più vicini alla propria interiorità. Le isole Eolie sono perfette per questo, così ricche di variegate espressioni estetico-paesaggistiche che non possono non colpire ed emozionare coloro che vi si rapportano, per la prima volta ed eventualmente in tutte le successive.

C’è chi verrà istintivamente rapito dall’incanto del vulcano Stromboli, chi resterà affascinato dalla piccola e raffinata Panarea, chi troverà romantica la verdeggiante Salina, chi godrà beatamente della pace e della solitudine di Filicudi e di Alicudi, chi si entusiasmerà al calore e alle sorprendenti particolarità di Vulcano, e chi sentirà profondamente affine a se stesso la sinuosa versatilità di Lipari. Il fatto è che tutte le volte che si arriva su un’isola «si è come dei naufraghi» che conducono in ogni caso la loro alterità nel luogo in cui giungono: essi narrano così questa loro alterità entrando in contatto e stabilendo un vero e proprio rapporto esclusivo con le isole che si possono anche definire come «punti di snodo di storie lunghissime». Questo perché il mare stesso è narrazione. Tra le onde del mare si dipanano tutte le storie di coloro che lo hanno solcato almeno una volta, nonché degli esseri che lo abitano: il mare è come una storia infinita, composta da mille sfaccettature, da avventure sempre nuove, dai personaggi che crea e che gli appartengono, da attese, speranze, lavoro, fatica, sogni. Tutto ciò mette in luce la sua similitudine con la vita stessa, alla quale può quindi essere paragonato senza difficoltà. Ed è esattamente tutto questo a renderlo una ben precisa e fondamentale realtà testuale paesaggistica.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2011-02-11T06:23:01+01:00da leonedilipari
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Eolie&tesi di laurea

vvitale.jpgdi Valeria Vitale

Nell’analisi dell’aspetto prettamente sociale dell’isola di Lipari occorre ricordare una connotazione di certo non positiva ma spesso attribuita alle isole in generale, e cioè la loro presunta ‘vocazione carceraria’. Lipari in passato ha subìto tale arbitraria attribuzione diventando persino una «colonia penale» o isola ‘carceraria’: ebbene, anche in questo caso l’isola maggiore delle Eolie ha evidenziato le contraddizioni insite nell’essenza del suo arcipelago, mostrando inizialmente un atteggiamento di rifiuto nei confronti di questa situazione, seguita poi da un opposto atteggiamento di apertura e buona disposizione verso la comunicazione e l’inclusione sociale da parte degli isolani nei confronti dei «confinati». Lipari si è dimostrata così una comunità marinara nel suo significato più pieno, capace di accettare e di comprendere i punti di vista esterni all’isola finanche nelle loro accezioni meno positivamente riconosciute, trasformandole peraltro in opportunità di ampliamento ulteriore dei suoi orizzonti: essa in tal senso mostra dunque la concreta possibilità di tramutare la chiusura in apertura, lo scontro in incontro, la reclusione in evoluzione.

La stessa accoglienza che Lipari insomma riserva al suo mare, la riserva a coloro i quali spontaneamente o forzatamente le si rivolgono. Tutto questo può costituire un esempio della maniera in cui un testo paesaggistico può estendere il suo dominio d’influenza sulla cittadinanza e sul suo tessuto sociale nonché sulla natura dei suoi rapporti interpersonali. Lipari d’altro canto è l’unica delle Eolie a racchiudere vari contesti paesaggistici diventando in questo modo un riferimento per le altre sei isole dell’arcipelago e per l’estraneo-turista che desidera rapportarsi ad un testo paesaggistico plurimo, in grado di fornire stimoli differenti dati da angoli e scorci variegati nel loro esprimere le diverse connotazioni di questo testo-isola. A Lipari infatti «c’è la montagna, c’è il mare, c’è la città»: ognuno può dunque ritrovare in quest’isola ciò che cerca. Essa offre perciò un’ampia gamma di spunti testuali che, uniti alla sua estensione e alla sua popolosità, ne fanno l’isola maggiore e più importante delle Eolie, agitata dalle sue attività commerciali, dal suo mare che l’assedia, e cinta dalla sua via principale che, come il mare, l’abbraccia seguendone le forme e la configurazione sinuosa che sembra proprio predisposta per l’accoglienza che come si è visto, Lipari dispensa al mare e all’uomo che approda sulle sue rive.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2011-02-04T08:30:59+01:00da leonedilipari
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Eolie&tesi di laurea

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Lipari è considerata la capitale dell’arcipelago eoliano: essa è infatti la ‘sorella maggiore’ delle altre sei, che volenti o nolenti vi riconoscono un sicuro punto di riferimento. Oltre la sua superiore estensione, Lipari si configura come un vero e proprio centro di scambi istituito dalla sua stessa posizione geografica. La sua ‘vocazione’ commerciale è peraltro potenziata dalla naturale abbondanza di ossidiana e di pomice, che nei loro contrasti di colore rendono Lipari un po’ nera come l’una, un po’ bianca come l’altra. Circumnavigando quest’isola si ritrova però una gamma coloristica molto più ampia: Lipari è centro di escursioni suggestive per il fascino dei suoi paesaggi: si ammirano infatti, tra una molteplice varietà di tinte, pittoresche insenature dalle coste alte e faraglioni dalle forme slanciate. Si succedono episodi pittorici che compongono un insieme di grande varietà e bellezza: profonde grotte, amene spiagge, ampie baie, scogli traforati, selvagge rupi. Con Lipari ci si accosta nuovamente alla dimensione naturale prettamente selvaggia, sorprendente e talvolta rude che si è avuto modo di osservare in isole come Vulcano e Stromboli. E in effetti con queste due sue sorelle essa ha in comune delle attività vulcaniche, o meglio post-vulcaniche che però qui si esprimono esclusivamente attraverso fumarole, solfatare e sorgenti termali.

Da quest’ultima peculiarità derivano gli aspetti di ‘turismo del benessere’ già evidenziati appunto a Vulcano. Le attrattive turistiche di Lipari non si esauriscono certo qui: in prossimità delle cave di pomice, ad esempio, «dove le montagne sembrano davvero innevate per il bianco abbagliante della roccia», il mare diventa «caraibico, perfettamente turchese». Lipari in questo si distingue dalle altre sei Eolie: il suo mare conosce infatti delle modifiche che spiazzano nella loro velocità e intensità man mano che si cambia zona girando l’isola, e ciò si può constatare sia dal mare che dall’isola stessa. Il mare che assedia Lipari diventa sempre più grosso durante la giornata. Esso segue le vie dell’isola e perciò sparisce quando la strada si incunea tra le montagne e poi ricompare all’improvviso, azzurro, e sbatte sulla spiaggia di Canneto, dove si notano le case basse che stanno sull’attenti, dritte sul lungomare. Proseguendo il giro, dall’altra parte dell’isola il mare è più calmo, anche se ad Acquacalda il vento arriva selvaggio e aggressivo. Il mare diventa tenebroso quando il sole scivola giù, oltre l’orizzonte, e si accendono una alla volta le luci dell’isola.

Lipari è dunque ‘assediata’ dal suo mare, è cinta da esso che ne segue la forma, le curve, le insenature esprimendo perciò vari sentimenti, varie disposizioni, vari colori. Quest’isola è così connotata da una forte e multisfaccettata interazione tra il mare e il territorio, che ne fanno in tal senso un peculiare testo-isola da percorrere, girare, vivere in ogni modo possibile, che stimola l’approccio ad esso proprio attraverso tale particolarità. Ogni suo scorcio testimonia questa stretta e interattiva relazione con l’elemento marino, finanche la disposizione delle case nella frazione di Canneto, ‘dritte sul lungomare’ in un faccia a faccia tipico di chi non teme ed esclude ma accoglie e quindi include. Lipari accoglie il mare in tutte le sue bizzarre e a volte non piacevoli varianti, assecondando originariamente ogni incontro con esso, anche quando diventa uno scontro. Il mare in quest’ultimo caso sbatte e rimbomba ovunque, soprattutto di notte: Il mare, la notte, è un ventriloquo che presta la sua voce alle onde. Alcune onde danno dei colpi di bastone sul lungomare che si percepiscono anche nel punto più intimo dell’isola. Altre onde si sfracellano sulla riva andando in pezzi.

Saltano per aria, la strada si riempie di gocce che formano pozze per terra. Per tutta la notte il mare è uno di quei rumori che non smettono mai. L’acqua brama anche quel poco di territorio emerso che sono le isole. Vuole inondare Lipari. Il mare fino all’alba è fatto di onde che scalciano sulla riva. Emerge prepotentemente in queste righe che Lipari appartiene al mare, come d’altra parte le restanti sei Eolie e ogni altra isola. Lipari però esprime più intensamente questo imprescindibile legame con l’elemento marino: la voce del mare invade ogni suo angolo più recondito ed intimo, entra nelle sue case come un sottofondo permanente, riempie spesso strade e vicoli di quest’isola-capitale che effettivamente rappresenta bene l’essenza dell’intero arcipelago enfatizzando appunto il rapporto con il mare e ponendo l’accento sulle sue contraddizioni territoriali e nondimeno sociali.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2011-01-28T09:39:52+01:00da leonedilipari
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Eolie&Tesi di laurea

vvitale.jpgdi Valeria Vitale

L’isola di Salina potrebbe essere in parte considerata come un microcosmo testuale dotato di una forte connotazione autoreferenziale: invece proprio l’intrinseca ed inevitabile appartenenza al suo arcipelago, dal quale essa vorrebbe in qualche maniera affrancarsi, provvede a mantenerla nel contesto aperto all’alterità necessario alla conservazione del più volte citato equilibrio tra proprio e altrui, interno ed esterno. Tale contesto fissa appunto i parametri cognitivi e valoriali atti al corretto funzionamento della rete semiotica, sempre in bilico tra stasi e dinamismo.

Non c’è dubbio che Salina sia l’isola delle Eolie il cui centro somiglia di più ad una cittadina e il cui testo paesaggistico è maggiormente ‘umanizzato’, incline alla produzione, al lavoro, e all’indipendenza dalle sorelle che infatti cerca di allontanare tramite appunto la sua autonomia amministrativa addirittura frazionata a livello comunale.

In realtà nessuna delle sette sorelle può davvero separarsi dalle altre poiché ognuna di loro non sarebbe ciò che è senza la presenza delle altre: le isole Eolie sono un testo paesaggistico unico, complesso e variegato scomponibile in un minimo di sette microtesti tra loro imprescindibili nel loro costituire l’arcipelago. Le sette ‘perle del Tirreno’ possono rivaleggiare, competere, desiderare un loro impossibile distacco, un po’ come l’individuo che a parole dica di volersi trasferire lontano dalla sua casa perché gli sta ormai stretta ma nei fatti non riesca nemmeno a varcarne l’uscio poiché essa rappresenta tutto quello che lui in effetti è e da cui non può separarsi. Tale rapporto conflittuale ma indissolubile può essere esteso a queste sette isole.

Salina, nella fattispecie, entra ovviamente più in competizione con quella che è la ‘capitale’ delle isole Eolie: Lipari. La “rivalità” tra queste due isole può essere innanzitutto ravvisata nelle correnti marine sempre molto forti che caratterizzano il canale interposto tra loro: sembra quasi che le due isole vogliano distanziarsi il più possibile rendendo difficoltoso il passaggio da una all’altra. Lipari supera comunque in partenza Salina in quanto ad estensione e a numero di abitanti. Si vedranno in seguito le caratteristiche peculiari dell’ultima isola delle Eolie rimasta da esaminare nell’ordine che in questa sede si è voluto dare alle sette isole siciliane del Mar Tirreno.

Eolie&Tesi di laureaultima modifica: 2011-01-20T19:09:31+01:00da leonedilipari
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Eolie&tesi di laurea

vvitale.jpgdi Valeria Vitale

L’attività vulcanica a Salina è relegata a modesti residui postvulcanici che si verificano in prossimità della frazione di Rinella e consistono in un’emanazione sottomarina di gas e di vapori. L’origine vulcanica di tali isole si esprime dunque anche a Salina, ma qui l’unica ‘voce’ udibile è costituita dal «misterioso borbottio dei due vulcani che si specchiano l’uno nell’altro»[1]. La rassicurante staticità di quest’isola permette così all’uomo di assumere un atteggiamento contemplativo e lungimirante non particolarmente favorito nelle restanti isole Eolie. Questo testo-isola si dimostra quindi maggiormente marinaro, ponendo meno accenti su fenomeni vulcanici, asperità territoriali o zone inaccessibili: si dedurrà che l’impatto con esso è meno forte, e che esso non produca di conseguenza reazioni connotate da un elevato tasso emozionale. Il movimento sull’isola di Salina è dato unicamente dal ‘gioco’ di sguardi e di rimandi dei suoi due monti-vulcani spenti, e dal fatto non trascurabile che è possibile accedere facilmente a tutte le frazioni di quest’isola grazie alla sua efficiente rete stradale. Stavolta ci si rapporta con «un’isola normalissima, per questo unica»[2] nel contesto eoliano.

Salina è placida, e pensa solo a se stessa. Sei isole su sette delle Eolie hanno un solo sindaco, Salina ha tre comuni e tre sindaci. Qui non si vive nell’attesa che arrivi qualcuno da fuori. Non si fa nulla per attirare gli sguardi altrui. Emerge chiaramente da quest’ulteriore descrizione che Salina, nella sua ‘normalità’ e tranquillità piuttosto atipica per il suo arcipelago, presenta caratteristiche davvero peculiari e notevoli nel loro non essere rinvenibili su nessun’altra isola delle Eolie. Essa mostra di avere una spiccata personalità tendente all’autonomia, portata a distinguersi dalle sue sorelle attraverso delle ben organizzate ‘pratiche d’indipendenza’: non molte isole infatti possono vantare ben tre comuni e tre sindaci, come anche il fatto di bastare a se stesse non ricercando l’estraneo che introduca novità nel suo assetto. Si è quindi in presenza di un testo paesaggistico che sembra non aver bisogno del punto di vista esterno, ma naturalmente non è così e Salina lo esplica attraverso la cospicua esportazione dei due prodotti tipici eoliani più conosciuti, cioè i capperi e la malvasia, di cui è in assoluto la maggiore produttrice dell’arcipelago. Questi sono gli importanti aspetti derivati dalle estese e curate coltivazioni di Salina, nonché i fruttuosi risultati della fertilità del suolo isolano.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2011-01-14T09:39:39+01:00da leonedilipari
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vvitale.jpgdi Valeria Vitale

L’isola di Salina esprime un elemento di doppiezza innanzitutto nella sua conformazione fisico-territoriale. Essa ha una forma quasi trapezoidale, è al secondo posto in quanto ad estensione e numero di abitanti e spicca tra le sue ‘sorelle’ grazie a molte particolarità. La prima è appunto questa: Salina è come un parto gemellare: è doppia, ha due gobbe perfette. Le gobbe sono due vulcani spenti identici, di scala diversa, uno grande (la vetta più alta di tutte le Eolie) e uno più basso (la seconda vetta più alta delle Eolie). Salina è il polmone verde dell’arcipelago. È verde anche d’estate ed è la quiete in mezzo alla bufera degli elementi. È l’isola più fresca di tutte, l’aria è ventilata, e illude che i raggi del sole non siano aggressivi. Quest’isola delle Eolie si presenta a primo acchito meno ‘aggressiva’ delle altre in quanto a fuoco, arsura, colori e forme territoriali aspre e selvagge. La sua natura vulcanica è però espressa con evidenza proprio a partire dalla sua ‘fisionomia’, ovvero nei due monti gemelli dai quali è composta. Le contraddizioni di Salina cominciano a svelarsi: quest’isola delle Eolie nasconde meglio la sua essenza rispetto alle altre, conducendo il suo lettore-inteprete lungo piacevoli sentieri apparentemente tranquilli e ben tracciati che durante il cammino possono rivelare varianti non previste. Un primo esempio può essere quello che essa è sempre ventilata e sembra perciò la più fresca, la meno rovente: in realtà il sole su quest’isola scotta la pelle esattamente come quello che si prende sulle altre. Inoltre a Salina «quando si imbocca un sentiero, non si è mai sicuri di dove si stia andando. Non ci sono insegne: l’isola in tal modo si ammanta di un’aria inquieta e misteriosa che contrasta appunto con la quiete che regala il seguire una delle sue vie.

Peraltro perlustrandola si avverte un senso di vastità non sperimentabile su nessun’altra delle Eolie, forse proprio per merito della percorribilità delle sue strade e nondimeno del suo paesaggio dolce e verdeggiante: Salina è verdissima. Ogni metro che era possibile coltivare è stato coltivato, i filari di vite corrono in tutte le direzioni, il paesaggio digrada verso il mare attraverso dolci pendii che si fanno talvolta più precipitosi solo facendo in tempo a cambiare le tonalità di verde. Ci sono aree che contrastano una con l’altra nel loro essere di verdi diversi, diseguali solo per intensità e lucentezza. In questa descrizione si fa spazio il volto probabilmente più rassicurante e umanizzato delle isole Eolie: Salina si configura come un’isola completamente coltivata in cui la mano dell’uomo è ben visibile ed apprezzabile, a differenza della maggior parte delle zone delle restanti isole dell’arcipelago dove invece, come si è visto, l’unica ‘mano’ presente è quella della natura. Il verde di Salina è praticamente onnipresente nel suo essere declinato attraverso sfumature ora più delicate, ora più intense. La propensione dell’isola verso il mare non si può mettere in discussione, infatti «la salsedine è l’unica padrona incontrastata dell’isola»[4] e rosicchia persiane, barche, cancelli. Salina, sotto tale aspetto, è più direttamente inquadrabile e definibile come ‘luogo di mare’ rispetto alle sue “sorelle”: essa mostra una fisionomia paesaggistica maggiormente incline a porre l’accento sull’aspetto marinaro. Tale fisionomia si mostra finanche nello stesso nome attuale dell’isola, chiamata appunto Salina in virtù di uno stagno costiero un tempo utilizzato proprio come salina: l’energia nelle saline «viene presa dal sole, la materia prima è data dal mare, il lavoro viene fatto dal vento»[5]. Si comprende quanto un’isola che possegga tale connotazione debba avere originariamente uno strettissimo ed armonico legame con i tre elementi suddetti. Il rapporto tra Salina e il mare risulta quindi come ingentilito nei modi ma di certo non inferiore nell’intensità rispetto a quello delle altre isole Eolie.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2011-01-07T09:21:07+01:00da leonedilipari
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di Valeria Vitale

bnatale33.jpgLa sensazione di chi riesce a sbarcare a Ginostra è che «Qui davvero il tempo si sia fermato. Ma se questa è la sensazione dei turisti, per quanti ci vivono è una certezza»[1]: questo peculiare testo paesaggistico pone il soggetto che si confronta con esso in situazioni ardue come le condizioni ambientali che lo caratterizzano, e che lo cristallizzano in una sorta di eterno presente. Il passato e il futuro, l’inizio e la fine si confondono e si fondono in questa borgata dell’isola di Stromboli sospendendola e assolutizzandola appunto in un tempo unico che è sempre quello in cui si sta vivendo, in un perenne stato attuale dell’essere. Coloro i quali determinano tutto ciò imponendolo alla gente del luogo e ad ogni altro essere si trovi nei suoi pressi sono i soli due elementi che veramente posseggono l’isola, che sono l’isola, i suoi incontrastabili ‘padroni’: il mare e «Iddu»[2]. Gli isolani che decidono di restare a vivere a Ginostra si rapportano e istituiscono ogni giorno un testo paesaggistico in cui ciò che conta in altri luoghi, come ad esempio il trascorrere dei giorni, delle cose, degli avvenimenti, non detiene la minima importanza, mentre invece “l’unico vero valore è il confronto quotidiano con la natura e la sua forza”.

Le persone che rendono questa zona un testo paesaggistico peculiare, insomma, riescono a farlo soltanto attraverso l’assoluto rispetto della sua dimensione naturale, compresi i suoi rischi e i pericoli cui essa li espone inevitabilmente. Il punto di vista interno ad una realtà semiotica di questo tipo risulta quindi essere teso e contraddittorio a causa dell’estrema influenza che su di esso agisce la componente naturale, che come si è già constatato, instilla sempre connotazioni e stati d’animo molteplici e per questo anche contraddittori negli individui che vivono a contatto stretto con essa. Coloro che perpetrano la vita in questo villaggio ci riescono così sostenuti e motivati da un sentimento che riflette l’essenza stessa della loro terra e del loro mare: un sentimento perciò contraddittorio nei loro confronti, fatto di insofferenza e di timore da un lato, di amore impulsivo ed incondizionato dall’altro. Proprio questa originaria, profonda sensazione di totale appartenenza alla loro vulcanica terra spinge queste persone alla decisione di restare a Ginostra e in generale alle Eolie, che legano in ogni caso la loro gente attraverso questi stessi sentimenti pur non estremizzandoli tanto quanto il borgo stromboliano. Insomma, si può affermare che un luogo dalle connotazioni estreme come Ginostra ispiri almeno due altrettanto estremi punti di vista in relazione ad esso: uno che conduce il soggetto interpretante al suo completo rifiuto, l’altro che al contrario porta alla sua totale accettazione.

Si capisce che un luogo tanto estremo nel suo isolamento e nella sua valorizzazione della componente naturale ottenga le due risposte culturali prevalenti e senza mezze misure che sono state esaminate in precedenza: per qualcuno quindi Ginostra rappresenterà una ‘prigione di vento e di fuoco’ dalla quale evadere il prima possibile, per qualcun altro essa sarà al contrario un luogo di mare, di vento, di fuoco, di silenzio, di pace e di sconfinata libertà. Una libertà di sentirsi vivi senza avere la necessità di dimostrarlo in modi diversi dal semplice e sufficiente essere: si intuisce infatti che in un luogo simile l’avere e l’apparire perdano tutto il loro caduco significato. Il punto di vista doppio, opposto e complementare che conduce alle due antitetiche risposte culturali messe in luce più sopra, costituisce in realtà un parametro fisso nell’analisi di ogni realtà testuale, compresa ovviamente la qui prescelta tipologia di testo paesaggistico.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-12-31T09:59:41+01:00da leonedilipari
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di Valeria Vitale

bnatale25.jpgProseguendo la circumnavigazione di Stromboli si giunge in quella che sarà l’ultima tappa concernente quest’isola-vulcano, una piccola frazione di essa che a causa della sua accessibilità assai limitata e del suo conseguente estremo isolamento è considerabile alla stregua dell’ottava isola delle Eolie: Ginostra. A nord-ovest un promontorio divide la Sciara del Fuoco dalla borgata di Ginostra, che si adagia in un vasto anfiteatro con le sue casette dominanti precipizi rocciosi ingolfate tra fichi d’India e oliveti, che ammantano tutta la zona conferendole un incantevole tono idilliaco. Ginostra è dunque ‘incorniciata’ dal tipo di territorio aspro e roccioso che come si è visto costituisce uno dei ‘volti’ principali del territorio stromboliano ed eoliano in generale. La vegetazione di oliveti, capperi e fichi d’India ornano le non molte case dell’isolato villaggio sito alle pendici dello Stromboli, in una parte dell’isola «esposta da sempre alle peggiori inclemenze del mare che martella questo lato della costa in maniera incessante»[2]. Proprio per questa ragione fino a poco tempo fa Ginostra era sprovvista di un molo di attracco: le operazioni di imbarco e sbarco di merci e passeggeri venivano effettuate grazie ad una barca privata che faceva la spola tra le navi e la terra. Questo fatto rappresentava una notevole attrattiva per l’estraneo-turista che lo osservava, specialmente dal mare: questo insolito modo di raggiungere la riva era senza dubbio la maggiore peculiarità della frazione stromboliana, dal valore estendibile a tutto l’arcipelago. Ginostra assurgeva così ad emblema del più intrinseco e totale isolamento, come ‘un’isola nell’isola’.

Da pochi anni si è riusciti a dotare il piccolo centro di un molo ma la situazione spesso risulta inalterata: il mare nella zona esprime non di rado i suoi aspetti più rudi ed imprevedibili, mettendo sovente a repentaglio il buon esito degli attracchi e nondimeno la stabilità delle imbarcazioni. Il mare di Ginostra è precisamente quello che costringe il marinaio che lo affronta a dimostrare la sua reale conoscenza di esso e il livello di esperienza e di audacia che ha raggiunto nel solcarlo. Sovente le operazioni marittime nello scalo ginostrese sono come una prova per coloro i quali si apprestano a svolgerla, una sorta di test di competenza marinara ad un livello insieme pratico ed attitudinale: la conoscenza della teoria infatti conta ben poco nelle situazioni estreme che si presentano nelle acque circostanti il borgo e che necessitano principalmente di coraggio e tempestività nell’approccio utile per la loro risoluzione. Il porto di Ginostra, probabilmente il più piccolo del mondo, presenta dunque delle spiccate connotazioni che lo rendono pressoché unico, conferendo all’arcipelago al quale appartiene un’ulteriore particolarità.

Ivi, p.123.

G. Giuffrè, Ginostra, Storie- Racconti – E- Tradizioni, Joll Graf, Milano, 2001.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-12-26T09:20:51+01:00da leonedilipari
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vvitale.jpgdi Valeria Vitale

Compiendo la circumnavigazione completa di Stromboli si può esaminarne l’aspetto prettamente fisico-bnatale59.jpgpaesaggistico dal punto di vista maggiormente consono per un’osservazione dell’isola-vulcano che comprenda il più possibile ciascuno dei suoi aspetti e dei suoi versanti: effettivamente ci sono alcune zone dell’isola che risultano osservabili soltanto dal mare. La prima caratteristica che balza agli occhi circumnavigando Stromboli è il forte contrasto tra due dei suoi versanti: Sulle falde orientali, coperte da un manto verde, spiccano linde e tipiche casette bianche. Alcune, disposte lungo le spiagge nere come l’ebano o presso scogli lavici, offrono strani contrasti di tinte. A questo versante orientale, ridente e inondato da un oceano di luce, contrasta il versante nord: glabro, aspro, caliginoso, sovente teatro dei fenomeni cui dà luogo il vulcano. In tale stridente antitesi di scenari consiste la tipica peculiarità di Stromboli.

Il contrasto tra le forme e i colori degli svariati scorci paesaggistici si configura così come la peculiarità dell’intero arcipelago eoliano. Continuando il giro di circumnavigazione, invece, si possono osservare alte pareti rocciose che dopo poco schiudono allo sguardo «la grandiosa visione della Sciara del Fuoco, ripido e ampio pendio solcato da torrenti di lava che fluiscono verso il mare»[2]. Proprio questo ampio pendio rende famosa l’isola nella sua ‘versione notturna’: Lo spettacolo che offre la Sciara assume particolare interesse nelle ore notturne: le colate sembrano allora fantastici torrenti di fuoco mentre le tenebre vengono fugate da fasci luminosi di scorie infuocate, i cui vivi bagliori si riflettono sinistramente sul mare. Spesso il cratere lancia ammassi incandescenti di proporzioni smisurate che, a notevole altezza, si aprono a ventaglio lasciando piovere per ampio raggio una miriade di scorie e blocchi luminosi simili a pioggia di meteoriti. Attraverso questa scenografica ed eloquente descrizione si spiega in gran parte il fascino esercitato dall’isola di Stromboli nelle ore successive al crepuscolo.

Questa connotazione peraltro si estende dall’isola ad «Un mastodontico scoglio, che arieggia la sagoma di un tozzo castello medievale, cinto di titaniche pareti rocciose strapiombanti sul mare»[4] che rappresenta la ‘sentinella’ dell’isola di Stromboli, il suo ‘faro’ per eccellenza: Strombolicchio. Se la sua visione diurna infatti risulta essere apprezzata grazie alla sua mole imponente e al suo movimento di masse, La visione crepuscolare e notturna di Strombolicchio è fantasticamente suggestiva. I raggi del sole al tramonto e quelli della luna di sera scherzano tra i pinnacoli e i merli giganteschi dalle strane forme che si distendono sul mare tra riflessi tremuli e argentei mentre lo scoglio con la sua forma massiccia si delinea serio, muto, assorto. Di notte, quindi, la visione dell’isola di Stromboli nella sua totalità è caratterizzata da un più profondo impatto scenografico ed emotivo capace di potenziare la lettura e l’interpretazione del suo testo paesaggistico in tutti i suoi aspetti.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-12-17T19:34:47+01:00da leonedilipari
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Eolie&tesi di laurea

vvitale.jpgdi Valeria Vitale

È giunto il momento di osservare da vicino il cosiddetto ‘faro del Tirreno’: l’isola di Stromboli. Essa è così appellata a causa delle continue esplosioni del vulcano Stromboli, appunto, che di notte ha sempre rappresentato e rappresenta tuttora un sicuro punto di riferimento per i naviganti. All’esatto contrario di Vulcano (sotto tale aspetto), Stromboli è l’isola più settentrionale delle Eolie: si deduce che tale arcipelago è ‘cinto’, a nord e a sud, dai suoi due vulcani attivi e che perciò è come racchiuso nella sua stessa essenza, protetto e ‘sospeso’ dal resto del mondo dalla sua origine. Quest’ultima, da cui ovviamente è impossibile slegarsi, lungi dal costituire meramente un elemento passato si configura anche come un elemento appartenente al presente e nondimeno al futuro. Il passato incide nella realtà di queste isole più che altro da un punto di vista narrativo, leggendario, che ad esempio ‘racconta’ che «Era proprio nello Stromboli che Eolo teneva incatenati i venti e le tempeste»[1]. Ancora oggi guardando la sua cima è comunque possibile prevedere le condizioni meteorologiche e quali venti spireranno sull’arcipelago. Ciò non toglie che odiernamente l’isola è di sicuro più nota per «quelle periodiche e infuocate eruzioni che ne fanno il vulcano più gentile della terra»: infatti in primo luogo si deve precisare che l’isola di Stromboli è lo Stromboli, che «Si erge dagli abissi del Tirreno con la sua mole dalle pendici slanciate che si stagliano vigorosamente verso il cielo»[3]. A questo vulcano può essere attribuito l’aggettivo ‘gentile’ poiché in linea generale «con lo Stromboli si sa a cosa si va incontro»[4]: esso erutta periodicamente, anzi anche tutti i giorni, non facendo quindi quasi mai attendere i turisti desiderosi di provare l’emozione provocata da un fenomeno tanto suggestivo e connotato da un forte impatto prevalentemente visivo ed emotivo.

Dal primo momento in cui lo sguardo si posa sullo Stromboli ci si rende conto che il luogo in cui ci si trova provoca un’alterazione dello stato emozionale: «il vulcano risveglia le paure più profonde»[5] e in generale tutto ciò che è assopito nel profondo della propria essenza. Le reazioni al primo impatto delle persone con quest’isola non sono naturalmente tutte uguali ma in linea di massima sono caratterizzate dalla forza e dall’intensità: si va dalla commozione vera e propria all’osservazione quasi ipnotica dell’isola, a testimonianza del particolarissimo impianto testuale cui ci si rapporta in uno scontro che appunto produce tali notevoli effetti. Qualche volta qualcuno si ‘difende’ dal testo paesaggistico stromboliano cercando di rifiutarlo attraverso una superficiale mancanza di fiducia in esso che si esprime innanzitutto prendendone le distanze: «prima di fidarsi dell’isola è meglio giudicarla da lontano. Il modo migliore per studiare il minaccioso vulcano che sussulta è stare in piedi, in mezzo alle onde»[1]. Ecco la principale modalità di ‘studio’ dello Stromboli, che tradisce una certa diffidenza nei suoi confronti: l’individuo che però resti sull’isola dopo questa ‘presa visione’ totale da un punto di vista esterno ad essa deve poi accettare altrettanto totalmente tutti gli aspetti di questo vulcano, compresi i più ‘invasivi’. Esso infatti: Emette grugniti, brontola, è minaccioso, conosce una forza cieca, respira, sonnecchia, si risveglia, si accende d’ira, tossisce.

Lotta con le altre energie della natura, ama gareggiare con i tuoni. Lo Stromboli, nella sua attività giornaliera, non conosce periodi di stasi e di quiete che lo condurrebbero ad un risveglio eruttivo più violento. Proprio per questa ragione si differenzia dagli altri ed è considerabile come un vulcano gentile e abbastanza esibizionista, che dopo il tramonto fa maggiormente sfoggio di questa sua caratteristica rafforzandola attraverso il contrasto tra il rosso del suo fuoco e l’oscurità della notte. Inoltre di notte a Stromboli Il silenzio non esiste. Verrete raggiunti dal coro notturno dei canneti che bisbigliano, e del vulcano insofferente. Sentirete l’eterno strascico delle onde che lambiscono gli scogli. Chiunque decida di pernottare su quest’isola deve sapere che con ogni probabilità il suo sonno sarà turbato dalla ‘voce’ del vulcano, esattamente come accade sull’isola di Vulcano. Anche a tale proposito si ravvisano le debite differenze di reazione: c’è chi a causa della paura del vulcano non riesce a dormire o dorme male e chi al contrario dirà che «il vulcano concilia il sonno» Questo perché A qualcuno la presenza del vulcano risveglia sensazioni inconsce, poiché è come addormentarsi con la testa contro una parete viva, o come chiudere gli occhi mentre qualcosa che ti ingloba intanto starnutisce o parla. Il vulcano è quindi paragonabile a una madre, e ha la sua stessa temperatura. Entrambi ci cullano. Per qualcuno, insomma, quel brontolio incessante è una ninna nanna. La diversità di percezioni e di reazioni a testi paesaggistici tanto particolari sottende ed esprime ancora una volta la molteplicità dei punti di vista dei soggetti che entrano in relazione con essi.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-12-03T19:46:27+01:00da leonedilipari
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Eolie&tesi di laurea

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Tra le due isole delle Eolie che esprimono più manifestamente le tracce della loro origine si prende adesso in considerazione quella che è la più calda e meridionale dell’arcipelago: Vulcano.  L’isola di Vulcano esprime ciò che è innanzitutto tramite il suo nome: essa infatti non è altro che un immenso cratere, ed è «formata da cinque edifici vulcanici che, saldati insieme, hanno dato origine all’attuale isola»[1]. Essa perciò non prescinde neppure per un istante dalla manifestazione della natura dell’intero suo arcipelago, anzi la effonde tutto intorno attraverso ogni suo elemento: «La terra fuma, la terra è di colore giallo», e in più «l’odore non vi lascerà mai più»[3]. Il territorio dell’isola di Vulcano trasuda insomma il fuoco che vi arde sotterraneo e sottomarino, acquisendo una caratteristica colorazione gialla nonché un caratteristico e persistente odore di zolfo: L’isola di Vulcano è affetta da una febbre eterna. La terra giallognola è calda come una fronte malata. L’aria è marcia. Eppure Vulcano è l’isola delle cure e del benessere, la gente viene qui da tutto il mondo per migliorare la propria salute, per sentire il proprio corpo completamente levigato. Più le materie sono rancide più sono sane e benefiche. In tale descrizione Vulcano si svela nelle irriducibili contraddizioni che comunque non mancano in nessuna delle Eolie poiché in realtà non mancano in alcun elemento che sia in qualche modo legato al mare.

L’isola, benché sia sempre calda, giallognola e dall’aria ‘marcia’ è associata dall’uomo alla cura del corpo e al benessere: ciò indica che spesso le cose che sembrano malate, rancide, si scoprono essere invece benefiche e salutari. Le contraddizioni di Vulcano non si esauriscono qui, dato che nell’ambito prettamente paesaggistico non sono poche le caratteristiche che fanno di quest’isola un luogo veramente particolare: Si tratta di un’isola interessante per i suoi svariati fenomeni vulcanici e post-vulcanici. La caratteristica peculiare di Vulcano è costituita da un altopiano, il più vasto delle Eolie, formato di lave, banchi di tufi, solcato da profondi valloni. È cinto da colline ondulate e nude, che digradano verso il mare. Sulle alte pendici dell’isola, il panorama si presenta pittoresco e selvaggio: dicchi si alternano a estese zone di tufi e di arene. Il giro di circumnavigazione è un susseguirsi di fantastiche visioni famose per varietà e bellezza di scenari. La varietà del paesaggio dell’isola di Vulcano si mostra qui con chiarezza: l’esteso altopiano, i profondi valloni, le alte pendici, le forme irregolari dei dicchi, una conformazione territoriale pianeggiante e frastagliata al tempo stesso. Tutto questo concorre nella definizione di un testo-isola bizzarro ed estremo, aspro e selvaggio che proprio in virtù delle sue peculiarità non è facilmente ed adeguatamente descrivibile: «Risulta impossibile, anche a volerla dipingere, dare un’idea di questa terra in preda alle convulsioni, ardente e quasi in fusione», una terra sovente percepita ed etichettata come fantastica poiché il suo testo paesaggistico incanta e sorprende grazie al forte impatto ‘scenografico’ rafforzato anche e soprattutto dalle emanazioni sulfuree e dalle conseguenti acque calde affioranti in svariate zone del suo territorio, condensate in alcuni punti nei famosi fanghi necessari per i turistici trattamenti del benessere.

A rendere ancor più peculiare la realtà testuale del paesaggio di quest’isola provvede la sua penisoletta: Vulcanello si compone di tre crateri impiantati su di una alternanza di lava e prodotti piroclastici, in cui fino al diciannovesimo secolo si manifestò un’attività solfatarica, oggi del tutto estinta. Vulcano è l’unica isola delle Eolie dotata di una vera e propria penisola, formata come si è appena asserito di ben tre crateri o imbuti vulcanici: naturalmente questo aspetto influisce nella ricezione e nella lettura di questo testo paesaggistico così particolare, che si ‘dirama’ in tal senso in due porzioni territoriali tanto distinte quanto unite in ciascuna delle connotazioni che ne compongono l’essenza, prime fra tutte l’odore dell’aria e la presenza di crateri. L’unico attivo è però soltanto uno, il più grande, situato appunto a Vulcano. Esso, specialmente d’inverno è «L’unica voce rauca che la sera inspira ed espira pesantemente, si farfuglia una ninna nanna, e poi di notte, russa forte»

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-11-26T10:36:12+01:00da leonedilipari
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L’isola di Panarea si presenta come un microcosmo lindo e piacevole per lo sguardo, in cui tutto profuma di bouganville ma soprattutto di pulizia, ricchezza e raffinatezze consone all’inquadramento ‘esclusivo’ dell’isola nella sua evidenziata vocazione prettamente turistica. L’isola si prepara e si rifinisce ogni anno in vista della stagione estiva in cui si accende e regala a coloro ai quali è ‘votata’ il suo volto più curato, attraente, affascinante. Fino a maggio, gli unici suoni dell’isola, oltre ai versi dei gabbiani, sono il ronzio acuto dei trapani accesi, uno sferragliare indistinto in lontananza, e un martello pneumatico che scassa il terreno avviando nuovi progetti. L’estate sta per arrivare.

 In quest’isola con la vocazione del turismo si scopre però un’altra peculiarità che apparentemente si discosta dalla ‘versione isolana’ principale ma che a ben guardare invece la rafforza, anche se in un senso differente: a Panarea è infatti ragguardevole la presenza di siti archeologici non trascurabili dagli addetti ai lavori e anche appunto da turisti desiderosi di vacanze culturali. In una porzione territoriale molto ridotta si ritrovano così molteplici realtà testuali capaci di suscitare letture variegate, per certi versi in contrasto tra loro, per altri riconducibili ad un senso interpretativo comune. Questa accezione culturale che può avere una vacanza a Panarea conduce l’individuo che la sceglie, in una possibile lettura della realtà semiotica cui si rapporta, a vivere una sorta di alterazione spazio-temporale a causa del particolare connubio tra l’incanto selvaggio della morfologia dell’isola e il fascino suggestivo del passato, ispirato dal trovarsi ad esempio tra i resti di un villaggio preistorico. Il testo paesaggistico scaturente da tale scenario di sicuro non monotono, presenta dunque una varietà di stimoli interpretativi tali da favorire una ricezione personale ed una lettura di esso assolutamente non ordinaria. Questa circoscritta realtà testuale viene così recepita ed interpretata attraverso delle modalità peculiari ‘suggerite’ un po’ dalla particolarità del testo stesso, un po’ dai soggettivi parametri valoriali insiti nel vissuto e nella sensibilità di ogni suo lettore-interprete.

La più piccola isola delle Eolie presenta dunque una molteplicità di aspetti testuali e di relative letture che in un primo momento possono sfuggire, malcelate dalla sua preponderante visione turistica che in ogni caso le comprende egregiamente tutte, sebbene possa non sembrare così. Si nota in tutto ciò che di elementi contraddittori nelle isole Eolie se ne ritrovano molti, a testimonianza di quanto esse siano legate al mare e ne abbiano assimilato le principali connotazioni e l’essenza imprevedibile, varia e dominatrice. I quattro elementi sono senza dubbio ben presenti e ben amalgamati in questo variegato arcipelago ventoso ‘di nome e di fatto’ nonché ricco di ogni fenomeno naturale collegabile (oltre che all’aria) anche all’acqua, alla terra e al fuoco. Riguardo quest’ultimo, Panarea non fa eccezione nel racchiudere e sprigionare l’arsura che caratterizza in realtà, in modo più o meno manifesto, tutte e sette le Eolie.

Il suolo è scottante e si presenta rigato da esili fratture che si dirigono in tutti i sensi. Dove s’incrociano, il gas si sprigiona in gran copia. Particolare caratteristica che conferisce alla zona un aspetto strano, è la colorazione multicolore di cui è rivestito il suolo. Si può affermare con certezza che il suolo scottante e la presenza di fumarole è una prerogativa che accomuna queste isole quanto il blu intensissimo e unico del mare o la produzione di capperi e malvasia. Non ci si può stupire che la loro matrice vulcanica colori il suolo di ‘tinte’ e di sfumature particolari: ogni componente del paesaggio eoliano, come peraltro qualsiasi altra cosa, porta in sé le tracce evidenti della sua origine.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-11-19T08:21:06+01:00da leonedilipari
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Panarea è l’isola più piccola dell’arcipelago eoliano nonché la sua odierna «zona privè»: quest’isola è infatti quella che più delle altre vive essenzialmente d’estate, di turismo, di vita mondana. Constatando che nelle isole l’interpretazione del testo paesaggistico tende ad essere del tutto slegata da altri contesti e addirittura da ogni altra isola, si può ritenere plausibile il fatto che alle Eolie quando si cambia isola si assume veramente un punto di vista e una disposizione d’animo differenti. Quando per esempio si sbarca a Panarea si ha voglia di fare «cose tipiche di Panarea» Desidero e progetto di aprire un locale con cuscini e musica lounge. Vorrei essere abbronzato tutto l’anno e aspettare per mesi l’arrivo della stagione estiva. Sogno di trascorrere la vita nell’attesa di un momento effimero e intenso, in una notte d’agosto. L’attesa della bella stagione emerge dunque come l’elemento più sentito della più piccola isola eoliana, cui l’uomo attribuisce programmi vacanzieri rilassanti e al tempo stesso esclusivi: d’altro canto, «Panarea è un’isola che si basa sul concetto di esclusività»

La sua ridotta estensione contribuisce di certo a renderla una meta per privilegiati, una sorta di villaggio ‘vip’ nel quale tutto è sempre già prenotato, ma non può ovviamente essere l’unica ragione. In realtà il suo aspetto paesaggistico, e quindi la sua lettura a tale livello risulta essere particolarmente apprezzabile e adatta per conferire all’intera isola una connotazione speciale ed esclusiva: Essa è un’isola molto scenografica, una delle più incantevoli dell’arcipelago. Si ritiene che un tempo fosse unita con gli isolotti che le fanno corona: Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera, i Panarelli e Le Formiche. Il paese è sparso pittorescamente sulle falde orientali con le sue candide casette attorniate da oliveti e bouganville. […] Circumnavigando Panarea sfilano dinanzi allo sguardo meravigliato dei panorami sui generis: colossali blocchi arrotondati o tagliati a prismi, isolati nel mare, scogliere coronate da alti pinnacoli e incantevoli insenature come Cala Junco In questa descrizione sono svelati gli svariati motivi per i quali a quest’isola viene attribuita la specifica caratterizzazione esclusiva messa in risalto poco più sopra: innanzitutto, pur essendo molto piccola, Panarea è scenograficamente contornata da isolotti dalle forme particolari e suggestive. Nessun’altra isola delle Eolie ne possiede tanti, nemmeno quelle maggiormente estese: essi rappresentano perciò un valore aggiunto per il testo paesaggistico dell’isola, quasi come se fossero dei gioielli che la adornano impreziosendola e facendola spiccare rispetto alle altre.

Questi ‘isolotti-corollario’ assumono così una notevole valenza testuale, configurandosi come dei micro-testi funzionali al testo-isola principale, che infatti arricchisce grazie a loro il suo impianto ‘scenografico’ specialmente dal punto di vista esterno dello straniero-turista che vi arriva naturalmente dal mare. Si può osservare in tal modo quanto questo testo-isola sia principalmente incline e adatto ad una visione turistica, favorita appunto dalle sue stesse relazioni intra-testuali, nonché da qualunque suo aspetto interno sempre e comunque proteso verso l’espressione chiara del suo intrinseco o in ogni caso ormai sedimentato senso di eleganza, pulizia, lucentezza delle forme e dei colori di case, baie, contrade, scogli e promontori:  La bianchezza delle case, che contrasta col viola acceso delle bouganville, e il silenzio profondo permeano il luogo di un senso di pulizia e ricchezza. Spesso ci si deve chinare per percorrere il viottolo che corre alto, sul mare scintillante, tra fioriture e ciuffi che presto occultano del tutto il sentiero.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-11-12T07:59:03+01:00da leonedilipari
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L’ordine funzionale attribuito in questa sede alle isole Eolie allo scopo di conferire un determinato orientamento all’intero discorso, conduce adesso al “racconto” della seconda isola presa in esame: Filicudi.  Quando si arriva a Filicudi, ciò che si nota subito è che ci si trova in un vero e proprio «villaggio di pescatori»[3]. Quest’ultimo «pulsa tutto intorno, e scroscia sulle pietre levigate che sono simili a saponette scure»[4]. Il mare e il sole su quest’isola si esprimono veramente al massimo della loro potenza, ed è come se essa sia appunto ‘inondata’ da un ‘mare di luce’: A Filicudi non esistono ombre perché la luce viene sì dal sole, ma viene soprattutto dal mare. È un’isola completamente immersa nella luce, allagata dalla luce, è ammantata di luce, è innaffiata dalla luce, che si deposita in mezzo ad ogni filo d’erba, e che casca su tutti gli scogli, si espande, si disperde, […] fino a defluire nell’acqua del mare. Non potrete fermare la luce perché questa, una volta defluita nel mare, risorge subito, e si innalza come una fontana d’acqua iridata, e torna a bagnare tutto nuovamente, in un ciclo infinito di splendore. Non esiste una casa a Filicudi da cui non si veda il mare e non esiste una casa che non sia luminosa. Si è dunque in un’isola circondata dalla luce oltre che dal mare, il quale è in ogni caso l’elemento che sembra principalmente ‘comporla’: Filicudi è un’isola così ben incastonata nel mare che a volte sembra composta solo di acqua. Essa non è una interruzione del mare ma una sua condensazione, un concentrato di acqua salata. Il paesaggio di quest’isola esprime quindi molto bene la coesione tra i suoi vari elementi, anche attraverso la variegata morfologia del suo territorio: Le coste di Filicudi presentano bellezze non comuni. Declivi formati da terrazze rivestite di boschi di ginestre e digradanti verso il mare, seguono a strette valli, a dirupate scogliere e a coste ora severe, ora ridenti. Si offre così agli sguardi umani un testo paesaggistico sorprendente nel suo essere composto da tante sfaccettature diverse: Filicudi si presenta forse come l’isola delle Eolie più tranquilla e serena, e nel frattempo come l’isola in cui più si percepisce l’incombenza del mare, al quale non si può sfuggire nemmeno chiudendosi in una stanza, poiché il suo rombo continuerà sempre a farsi sentire.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-11-10T07:50:10+01:00da leonedilipari
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Nel tragitto necessario per approdare su un’isola delle Eolie, l’attenzione viene naturalmente assorbita tutta dal mare, dominatore incontrastato e legittimante di ogni porzione di terra affiorante tra le sue onde: osservando le Eolie mentre si è in navigazione sembra che le particolari morfologie dei territori «tradiscono la loro nostalgia del mare quando una delle parti più esposte crolla e si deposita sui fondali»[1]. La morfologia di queste isole, nella loro asperità e singolarità composta di molteplici contraddizioni che colpiscono lo sguardo umano, appare quindi protesa verso il mare: in ciò si evidenziano caratteristiche dell’elemento marino quali l’assolutismo nei riguardi di qualunque cosa sia a contatto con esso e la contraddittorietà intrinseca in quest’ultima. Le caratteristiche più estreme che finora sono state attribuite al testo-mare vengono puntualmente ritrovate nel mare delle Eolie, a partire dall’intensità stupefacente del colore fino ad arrivare all’indole sorprendente ed indomabile che lo porta ad oscillare tra umori cangianti: Il mare è cobalto e ha più livelli. Non è più un unico mare, è spinto da desideri e angosce diverse. Indole di ribellione, disprezzo e scherno verso chi lo naviga, spasmi e tremori, crudeltà, gioco, spacconeria. Ora c’è un mare alto e un mare basso. C’è un mare che va in una direzione e un altro mare che lo scarta di fianco e va a sbattere verso una parte che l’istante prima era sommersa. Emerge qui proprio l’essenza spiazzante e ambivalente dell’elemento marino: esso confonde chi lo solca attraverso tutte queste differenti manifestazioni ma soprattutto nel momento in cui contraddice se stesso.

La sua indole si rivela capricciosa ma di ferma volontà, i suoi umori soggetti a cambiamenti anche bruschi e repentini ma dominatori inoppugnabili di tutto ciò che investono: il mare è dunque un ‘padrone’ eccentrico e mai prevedibile per ogni sua ‘creatura’, che però vi trova nondimeno una guida sicura e un punto di riferimento eccezionale per la sua esistenza, nonché una fonte di sostentamento, di ispirazione e di saggezza non certamente rinvenibile in un altro contesto paesaggistico. Navigando tra le sette isole Eolie, forse in virtù della loro bizzarra quanto precisa disposizione geografica, ci si rende conto che esse: Non escono mai veramente dallo sguardo. Circolano nel mare, si scambiano di posto, rimbalzano tra loro, scorrono sull’acqua come biglie su un tappeto di raso, e si riposizionano in ogni momento. […] Una volta che ve ne sarete lasciati alle spalle una non è detto che poi non la incontriate di nuovo, anche procedendo sempre nella stessa direzione. È indubbia la singolarità della testimonianza appena riportata che però risulta assolutamente dimostrabile da ogni viaggio alle Eolie, dove quindi «mentre si naviga è ancora tutto visibile»: tale esperienza tanto particolare è perciò potenzialmente condivisibile da ciascun individuo che abbia navigato almeno una volta nei pressi di questo arcipelago. 

Le ‘sette sorelle’ che lo compongono, «legate da origini comuni, si controllano di continuo con un sentimento molto complesso, fatto di invidia, competizione, sostegno reciproco, e atavica solidarietà», ed esprimono questo loro controverso quanto imprescindibile legame anche in questo ‘circolare nel mare’ e scambiarsi di posto percepito dall’occhio umano: è come se esse utilizzassero le relazioni spaziali secondo una legge tutta loro, al fine di ribadire l’unicità delle loro caratteristiche. Questo apparente ‘riposizionamento’ che si nota navigando tra le isole Eolie fa interrogare e porre l’attenzione sulla loro disposizione geografica, la quale può sembrare piuttosto ambigua poiché a molti «Insinua perennemente il dubbio di un messaggio segreto nascosto per sempre in essa». L’arcipelago dunque induce il soggetto che l’osserva e che lo interpreta a pensare che in esso si celi una sorta di mistero che attende quasi di essere svelato dal suo sguardo che lo scruta cercando appunto di carpirlo in qualche modo. Ogni isola ‘parla’ di tale significato da decifrare in maniera diversa, ‘raccontando’ la sua essenza e la sua storia proprio attraverso le connotazioni che la differenziano dalle sue sorelle: il filo conduttore tra loro, in fondo, risalta prepotente agli occhi tramite il blu cobalto del mare, ma pure attraverso la comune natura vulcanica, aspra e al contempo rigogliosa della terra.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-11-05T09:49:39+01:00da leonedilipari
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Eolie&tesi di laurea

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L’importanza della relazione tra testo e lettore emerge notevolmente trattando il testo-isola, infatti la caratterizzazione generale di un’isola è data in primo luogo dal rapporto individuale dell’uomo con quest’ultima, che ad un livello collettivo si traduce nella condivisa attribuzione ad essa di una specifica connotazione da parte della comunità di riferimento. D’altronde si è già osservato come le isole siano molto spesso soggette ad una sorta di ‘personificazione’ o siano comunque classificate e interpretate in base alla loro immagine, all’impressione che suscitano, al modo in cui l’uomo riesce a relazionarsi ad esse dando vita a quel rapporto fondamentale tra testo e lettore messo in luce poco fa. L’arcipelago delle isole Eolie, essendo composto da sette isole, si rivela forse più adatto di altri a tali ‘interpretazioni personificate’.

Esso ne racchiude in effetti tutte le accezioni: Isole come rifugio, come reclusione, come utopia, come fuga, come mistero, come uscita dalla realtà, come viaggio dentro se stessi, come viaggio nel passato, come incontro con l’altro e come incontro con se stessi, isole come lotta per la sopravvivenza, luoghi di amore e di terrore verso la forza della natura, isole come isolamento, riposo, ritorno ad uno stato selvaggio, alternativa alla società, luogo della fantasia, paradiso terrestre, impossibilità a crescere. Fascino e pace assoluta[2]si integra però inevitabilmente con un altro ambito spaziale: quello dell’esistenza, esposto alle contingenze delle più svariate situazioni, dunque spazio dello scontro irrevocabile tra il testo paesaggistico e il lettore che porta a compimento la sua interpretazione effettiva del testo proprio a partire dall’intersezione di queste due convenzionali relazioni spaziali. Tali modalità di rapporto tra uomo e spazio conducono il profilo dell’individualità in quest’ultimo, che invece sul piano comunitario può avvalersi di un rapporto spaziale differente e temporalmente successivo ai due già evidenziati: quello ‘abitudinario’ e prevedibile di una realtà esperita precedentemente attraverso la fusione dei primi due immediati rapporti, ma che in ogni caso non può essere data per scontata, essendo sempre e comunque sottoposta a punti di vista esterni, portatori di innovazione e perciò di altre modalità di ricezione ed interpretazione del testo che essa rappresenta. Le isole, come tutte le altre realtà testuali paesaggistiche e non, vengono quindi inquadrate in linea generale tramite questa tipologia spaziale resa attendibile e condivisibile dalla ‘sedimentazione’ collettiva delle altre due tipologie di relazione individuali.

a>F. Longo, Il mare di pietra, op. cit., p.93. a>S. Cavicchioli, op. cit., p.194. L’autrice afferma infatti che: “Lo spazio è un processo che tende verso la regolarità: è il comportamento del feeling, dell’esistenza, o della realtà. Lo spazio del feeling è qualitativo, lo spazio del possibile e dell’immaginazione; lo spazio dell’esistenza è spazio della discontinuità, dello scontro e dell’irreversibile; lo spazio della realtà è lo spazio del già accaduto: lo spazio dell’abitudine”. Abitudine da intendersi qui, insomma, come la conoscenza di ciò che è la realtà proprio attraverso l’esperienza fornita all’uomo dalle prime due relazioni spaziali. Si vedranno progressivamente le connotazioni testuali condivise di ciascuna delle isole Eolie: si metteranno in risalto così le loro differenze, le loro similitudini, le loro irriducibili peculiarità nonché le relazioni intercorrenti tra queste ‘sette sorelle’. Si parte da quello che è il loro angolo occidentale nonché il più lontano dalla terraferma, di conseguenza dall’isola meno abitata di quest’arcipelago: Alicudi. Dal momento stesso dell’attracco si comprende quanto l’isola di Alicudi sia particolare: essa infatti «Non ha insenature, per questo è difficile attraccare, per questo motivo si rimane facilmente bloccati»[1]. Si tratta di un’isola in cui approdare risulta un’impresa a dir poco ardua: Non essendoci ad Alicudi né porto, né baie, né rade, non c’era modo per approdare, salvo che con una piccola scialuppa: faccenda resa abbastanza difficile dalla violenza con la quale il mare si infrangeva sugli scogli, che del resto, levigati, scivolosi come ghiaccio, non offrivano nessuna sicurezza al piede che si azzardava a balzarci sopra. Nessuna strada porta alla vetta o costeggia le sue rive: alcune cavità solcate dalle acque piovane sono gli unici passaggi che si offrono ai piedi tormentati dai sassi aguzzi e dalle asperità della lava. Su tutta l’isola nemmeno un albero, né un po’ di vegetazione per riposare gli occhi.[2]A. Dumas, Viaggio nelle Eolie, Messina, Pungitopo Editrice, 2007, pp.7-8.

F. Longo, op. cit., p.118. Ivi, p.119. Ivi, p.83. Ivi, p.121. A. Dumas, op. cit., p.8. F. Longo, op. cit. p.58. Ivi, p.82.

Eolie&tesi di laureaultima modifica: 2010-10-31T18:37:22+01:00da leonedilipari
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