Da Padova in linea Antonio Famularo. Appunti di Viaggio

afamularopiccola.jpgdi Antonio Famularo

Cara Euterpe, disteso comodamente su una sdraiola, questo pomeriggio ho dormito sotto il pergolato, davanti al mare della baia di Marina Lunga.  Al risveglio, mentre gustavo un gelato servitomi da mia sorella, ho letto da un quotidiano nazionale un articolo di Sgarbi sulla possibile chiusura del ‘Museo Mandralisca’ a Cefalù disposta dal presidente della regione siciliana Crocetta Dopo essermi rallegrato per la messa a riposo anticipata dell’esponente siciliano della canzonetta d’autore, Franco Battiato, dal Crocetta stesso nominato a sovrintendere e a coordinare le attività
 
culturali siciliane, sì, proprio Battiato, del quale a Catania si dice che  ‘u Santu è di màrmuru e ‘un suda’, che in astratto decanta l’amore e di aver ‘la cura’ per le donne ma in concreto non sopporta le ‘bagasce’ (dal provenzale ‘bagassa’, di etimo incerto), cioè le ‘sgualdrine’ (donne senza pudore, specialmente in espressioni ingiuriose; spesso come eufemismo per ‘puttana’, dal francese antico ‘pute’), donne di marciapiedi (con un senso accentuato di repellente volgarità), ma al pensiero che un un prezioso ‘gioiello’ come il ‘Mandralisca’, questo sì vero fiore all’occhiello della cultura siciliana
 
(visitato negli anni in cui risiedevo in un Comune dei Nebrodi), possa chiudere i battenti mi rattrista e mi indigna non poco, riservandomi di seguire l’evolversi di questa probabile chiusura e di scrivere una lettera ‘aperta’ al Sig. Crocetta. Al  ‘Mandralisca’, fra i tanti pezzi esposti, è pure possibile ammirare un cratere figurato della prima metà del IV secolo a.C. trovato a Lipari; vi è raffigurata una pescheria, con un pescivendolo intento a tagliare del pesce e un cliente in attesa con il denaro pronto. E a me viene in mente la figura di un caro rigattiere ambulante aggirarsi per le  vie di Lipari annunciando a squarciagola “Pesce fresco!”
 
L’ultima volta che sentii il suo vigoroso ‘Pesce fresco!’ fu a Stromboli, nel lontano 2001, un anno meraviglioso e indimenticabile trascorso insegnando nella scuola primaria di quell’isola e apprezzando la compagnia di un carissimo  amico che mi mise a disposizione la sua casa e la sua strumentazione per  comporre e provare le mie canzoni… 
Mia Cara, avrei voglia, dopo cena, di andare a ‘Marina Corta’, ma so che non vi andrò; non ho voglia di tornare dove tutto non ha più alcun senso e lì ormai vi son solo ‘fantasmi’. Fra pochi giorni vi si terrà la festa del Patrono, con i suoi riti sacri e profani, ma di quella piazza e della sua festa come l’ho vista e vissuta non rimane più nulla. Agli inizi degli Anni ’60, quando cominciavo a prendere coscienza di me e della realtà circostante, Marina Corta pullulava di vita e di colori.
 
Erano gli anni in cui, d’Estate, nella baia antistante si potevano ammirare i motoscafi dei cantieri ‘Riva’ in mogano rosso e i primi aliscafi della ‘S.A.S. ormeggiare al molo della Penisoletta e vedere gli arrivi dei primi turisti. Erano gli anni in cui ci si tuffava ‘du’ Cacaturi’, in cui si giocava ‘a scogghi a mari’, ‘a dilli votti’, ‘a gin gin un fiascu di vin’; in cui la sera i più grandi giocavano a pallone, occupando quasi tutta la piazzetta, e quando la palla finiva in mare lanciavano sassi per sospingerla verso la riva oppure a bordo di una tinozza, sospinta da un’improvvisata pagaia, andavano a recuperarla. Il lato mare del piccolo molo era pieno di botti allineate per essere ripulite e lasciate a ‘stagnare’. Per la festa del Patrono, la piazza era piena di bancarelle d’ogni genere, che risalivano un tratto della Via Garibaldi; davanti al bar ‘Il Gabbiano’ vi era la bancarella ‘delle bambole’, che si potevano vincere comprando un biglietto coi numeri abbinati ad esse e ad una ‘ruota della fortuna’ che veniva fatta girare, e che poi andavano ad arredare le panche e i letti di tante case (compresa la mia).
 
Al centro della piazza vi erano i chioschetti dello zucchero filato, delle noci di cocco e di tantissimi dolciumi; naturalmente non mancavano i giocattoli: gli intramontabili palloncini, le immancabili pistole ad acqua, le palline di stoffa ripiene di segatura e legate ad un elastico, il classico ‘pulcinella’ di legno. In alcuni chioschetti con un fucile caricato con tappi di sughero si sparava a dei pacchetti di biscotti o piccoli giocattoli; e poi, in fondo alla pescheria, vi erano la giostra e un trenino che, al termine del suo percorso, faceva esplodere fragorosamente un petardo. Vi era pure un’anziana chiromante, ‘Gemma’ credo che si facesse chiamare, che da dietro un lenzuolo forniva le sue predizioni. E poi, la sera del 24 Agosto, lo spettacolo dei ‘Canterini Peloritani’ diretti da Lillo Alessandro, o qualche cantante di musica leggera allora in voga, come Domenico Modugno, mandando in delirio la folla.
 
E poi il molo, sgombrato dalla gente e dai venditori di angurie, con le batterie cariche e pronte per i fuochi d’artificio di mezzanotte che facevano tremare anche le case. Erano gli anni in cui alla ‘piscaria’ arrivavano le barche cariche di ‘ciciredda’, ‘capuna’, o tonni e pescespada insieme a qualche ‘lazza’; a passamano veniva scaricato, pesato e poi smistato, con i camioncini ‘Moto Guzzi’ e le ‘lape’ pronte e le lastre di ghiaccio gocciolanti sui loro cassoni. Erano gli anni in cui con 20 Lire  potevo comprare il ‘cono’ ai gusti di limone, gianduia o nocciola (fatti con l’acqua e non ancora col latte), dal gelataio Ziino che col suo triciclo pedalava per tutta la Via Roma vendendo gelati.
 
Erano gli anni in cui ‘don Vartulu u’ vardia’ sequestrava i palloni e li spaccava a metà col suo coltello. Erano anche gli anni, sul finire dei ’60, in cui si poteva osservare ‘u Svizziru’, con la sua immancabile pipa e ‘Donato’ accanto, dipingere sulle sue tele quei pittoreschi scorci di ambientazioni marine; o ‘u Mutu’ intento a dipingere i medesimi scenari e i pescatori colti nelle loro consuetudini quotidiane, con la sua pennellata ‘macchiaiola’, veloce ed espressiva, e tanti altri artisti-turisti che ritraevano ciò che quella piazza aveva da mostrare, portandosi via i loro schizzi, disegni e acquerelli, esportando e promuovendo immagini eoliane. Da quel piccolo mondo pieno di vita e colori che ho conosciuto e vissuto son trascorsi tanti anni: Edwin Hunziker e Donato, Giovanni Conti e altri, non ci sono più; nel frattempo il ‘nuovo’ è avanzato in tanti modi: sia nello spirito che permea gli odierni habituè della piazza, che negli arredi urbani e l’assetto stilistico e architettonico di tutta ‘Marina Corta’.
 
Con l’occho dell’artista ho esaminato la ‘penisoletta’ da tante angolazioni, anche dall’alto delle mura del ‘Castello’, e devo dire che a motivo dei due bracci laterali di cemento è difficile ‘coglierla’ nella sua interezza, a meno che non si voglia dipingere un soggetto ‘monco’ a causa di due braccia di cemento orribili e che male si innestano su un sito così bello e ricco di suggestione storica e fascino culturale, questo sì davvero il ‘simbolo’ di Lipari! Il profilo della ‘penisoletta’ appare confuso, soffocato dal cemento di due moli di pessimo gusto artistico ed estetico che tolgono l’aria e il respiro agli antichi e originari edifici, compresi quelli dirimpetto e che fiancheggiano e delimitano la piazza. Pensare che la ‘penisoletta’ possa tornare alla sua originaria architettura può sembrare un ‘Sogno di fine Estate’.
 
Ci vorrebbe molto coraggio e tanto amore e rispetto per il  proprio retaggio storico e la propria cultura. Dopo migliaia d’anni a ‘Sotto Monastero’ è stato rinvenuto sul fondale un porto di epoca romana: dobbiamo aspettare altre migliaia d’anni  prima che la pala di un altro ‘Bernabò Brea’ riporti alla luce e restituisca agli occhi di tutti le forme e la bellezza estetica di un ‘sito’ che, più che a un ‘Demanio’ anonimo, indifferente e latitante’, appartiene alla cultura e alla memoria storia della comunità eoliana e alla quale, con tante scuse, dovrebbe essere restituito?
 
Mia amabile Musa, è quasi notte. Il sole si sta addormentando dietro i confini di quest’isola, lasciando sulle onde una scia di lampi dorati. Là dove la terraferma finisce posso immaginare passaggi segreti verso la profondità degli abissi, quasi un invito a esplorare le stanze e i saloni nascosti sul fondo del mare…
Forse Ti sognerò… Sicuramente Ti penserò domani. 
( 6 – Continua )
Da Padova in linea Antonio Famularo. Appunti di Viaggioultima modifica: 2013-10-27T07:17:00+01:00da leonedilipari
Reposta per primo quest’articolo