Da Santa Marina Salina in linea Teodoro Cataffo

tcataffo.jpgdi Teodoro Cataffo

“Casa al mare”. CAPITOLO 9°. Il sale 2003. 

Forse lo zio Pietrino, da piccolo, era riuscito a vedere all’opera i lavoranti del sale e a capire e carpire il sistema usato per far asciugare l’acqua del mare dopo averla fatta entrare nel bacino. Forse allora aveva visto come costruire nuove paratie e chissà se aveva già allora caricato il sale nel magazzino, da dove con le barcacce veniva ogni tanto caricato sui velieri che lo portavano via.

I suoi racconti facevano intendere che tutto quanto questo egli era riuscito a fare, ma verosimilmente anche, si poteva intendere, che tutto gli era stato raccontato dal padre, dal nonno o dagli zii. Solo che allora i racconti sulla salina dicevano di fatti accaduti appena pochi anni prima e contenevano quindi tali e tanti particolari e curiosità che un ragazzino divenuto grande poteva anche credere di averli vissuti.

Lo zio Pietrino non era un vero zio per tutti, ma tutti lo chiamavano così; come la sua compagna commare Marina non era una vera commare per tutti, ma tutti la chiamavano così. Lo zio Pietrino era grande e aveva scarpe enormi, lunghe, larghe. Scarpe nere con la punta arrotondata, scarpe da città.   Ma erano tanto vecchie ed egli non le calzava completamente.Infatti le trascinava come ciabatte ed il rumore si avvertiva prima che lui comparisse dalla casa lì in fondo.Certo erano sempre le stesse scarpe visto che di sopra avevano una crosta di sale.I pantaloni blu da marinaio, stretti ai fianchi da una cinta lunga che gli pendeva davanti, erano in parte coperti dalla camicia bianca stropicciata e lasciata fuori dai pantaloni stessi. Dal colletto, sempre chiuso con l’ultimo bottone, usciva il suo volto.

La barba bianco-grigiastra non lunga ma incolta si arrampicava fin sopra le gote vicino agli occhi e sulla punta del nasone spuntava a mò di peluria. Viveva in quelle case in fondo al paese e vicino al mare ed al laghetto.  Viveva con Marina, la commare Marina.   La aveva conosciuta in America. La convinse a lasciare tutto e tutti per vivere insieme dolcemente l’ultima parte della loro vita, nell’ultima casa del borgo del sale, la più vicina al mare ed al tramonto. Anche quando non si produsse più il sale egli continuò a vendere quello rimasto e poi, così come una volta veniva spedito, egli lo faceva arrivare coi velieri. Un antico magazzino mezzo diroccato con una porta molto vecchia ma robusta e chiusa da un lucchetto enorme fungeva da deposito.  

Egli vi infilava la grossa chiave alla quale era appeso con una cordicina un sughero rotondo di quelli delle reti.Con una mano spingeva a forza mezza porta e teneva con l’altra la seconda mezza. Dentro, era tutto sale. Una montagna di sale. Dopo un po’ di tempo che il sale era lì si induriva ed egli lo colpiva con un piccone che essendo abbastanza arrugginito lasciava nei solchi il marrone della ruggine. Vendeva il sale come fosse oro, togliendo sempre i grammi in più che erano caduti nella vecchia stadera. Aggiungeva e toglieva i pesi e per duecento grammi usava una pietra di mare che egli giurava essere più precisa di  un vero peso. Lo zio Pietrino morì prima della sua compagna commare Marina che per dimenticarlo, forse, beveva wisky nella tazza del thé.

Da Santa Marina Salina in linea Teodoro Cataffoultima modifica: 2011-11-18T15:10:00+01:00da leonedilipari
Reposta per primo quest’articolo