Rassegna Stampa. “Corriere.it” e Sismografi, monitor e telefono rosso: ecco le sentinelle antisisma

di Fabrizio Geremicca

acorriere.it.jpgOltre sessanta schermi, un telefono rosso collegato direttamente con la Protezione civile ed una serie continua di tracciati, come quelli degli elettrocardiografi. In questa sala, in un palazzo di vetro di via Diocleziano, a Napoli, si scrutano 24 ore su 24 i vulcani, si ascoltano i segnali che emettono, si tasta il polso alla terra.

FRENESIA DI TELEFONATE – È la sede partenopea dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che comprende anche l’osservatorio vesuviano. I monitor rimandano i segnali, anche le più piccole scosse, che provengono dalle stazioni di rilevamento collocate su 4 aree sensibili: i Campi Flegrei, il Vesuvio, il monte Epomeo di Ischia e lo Stromboli. Di qui, un giorno che ci si augura non arrivi mai, ma al quale è bene si sia preparati da subito, potrebbe partire l’allarme, quello che farebbe scattare il piano di evacuazione, in vista di una imminente eruzione del vulcano che distrusse Pompei ed Ercolano nel 79 dopo Cristo. Ieri pomeriggio, come sempre, giorno e notte, la sala di controllo era presidiata da due «sentinelle». Occhi puntati sui video. «Giornata tranquilla», rassicura alle diciassette Eliana Bellucci. «Non si sono verificate scosse di rilievo. Tutto nella norma». È già una notizia, di questi tempi, mentre la terra trema, crollano i capannoni, muoiono gli operai al lavoro nel Modenese e in provincia di Ferrara. Di straordinario, come accade sempre in concomitanza col verificarsi di importanti terremoti in Italia, c’è invece la frenesia delle telefonate al centralino della sede napoletana dell’Istituto.

NESSUNA CORRELAZIONE – Si sono impennate, da ieri, proprio come i sismografi che hanno registrato le scosse assassine nel nord del paese. Chi domanda cosa stia accadendo, chi chiede se siano prevedibili forti scosse anche in Campania. «Non c’è correlazione», tiene perciò a precisare Giuseppe Vilardo, un altro dei ricercatori dell’Ingv, «tra quello che sta accadendo in Emilia e la nostra regione». Chiaro, trasparente, ma vallo a spiegare ai tanti secondo i quali «il terremoto si sta avvicinando alla Campania, sta scendendo». Racconta Carlo Terracciano,un altro dei membri del gruppo di studio dell’Istituto: «Proprio stamane ascoltavo i discorsi al bar di un gruppo di ragazzi, immagino studenti. Uno, in particolare, riferiva di aver sentito, non so da chi e non so dove, che a metà giugno il nostro territorio sarà colpito da un forte sisma.
Potrebbe accadere, certo, ma non c’è alcuna ragione per esserne certi e, soprattutto, non dipenderà dal movimento delle faglie al di sotto della pianura padana».

ADEGUARE LE COSTRUZIONI – Perché, sottolineano i ricercatori, se l’imminenza di una eruzione può essere prevista proprio come fanno all’Ingv, attraverso il controllo 24 ore su 24 dei vulcani, che permette di registrare la sismicità, i cambiamenti della forma e le variazioni del flusso, della composizione e della temperatura dei gas, per i terremoti è tutt’altro discorso. «Siamo ancora lontani dalla possibilità di ottenere informazioni certe circa l’imminenza di una scossa tellurica», dicono. Quel che si può fare, che si dovrebbe anzi fare, è la prevenzione dei danni provocati dalle scosse sismiche. Significa, ovviamente, adeguare le costruzioni delle zone più a rischio alla normativa antisismica. Vuol dire, ancora, non indulgere nella retorica sugli abusi edilizi di necessità, laddove le case illegali, oltre a deturpare il paesaggio, rappresentano un serio pericolo anche per chi vi abita, essendo realizzate con materiali scadenti ed in fretta. «A parità di magnitudo — sottolinea infatti Terracciano — uno dei fattori più importanti che fa la differenza tra una catastrofe e un numero contenuto di morti è appunto la natura delle abitazioni del territorio colpito dal sisma».

IRPINIA 1980 – Parla per esperienza sul campo. «Dopo il terremoto dell’Irpinia — ricorda — fui tra i soccorritori. Dalla Prefettura smistarono il mio gruppo a San Mango sul Calore. Arrivammo sul posto e chiedemmo dove fosse il paese. Ci risposero: ci siete sopra. Non una sola casa era rimasta intatta». Trentadue anni dopo, se in Campania ci fosse un’altra scossa forte come quella di allora, altri volontari ascolteranno le identiche parole che udì all’epoca Terranova, sia pure in un altro paese. È una certezza, purtroppo, ed è una sconfitta.

Rassegna Stampa. “Corriere.it” e Sismografi, monitor e telefono rosso: ecco le sentinelle antisismaultima modifica: 2012-05-31T13:50:00+02:00da leonedilipari
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