Lipari. “C’era ‘na vota”. Collezione Etnografica Eoliana nell'”Hotel-Museo” di Edoardo Bongiorno

famiglia.jpgUn intrigante invito ad accostare l’orecchio alla fascinosa conchiglia del passato senza tempo. “Perchè chi non ha memoria del passato  e delle sue radici (fondamenta della civiltà su cui si basa la nostra stessa essenza) è destinato a perdere la propria identità. (Andrea Camilleri)”  

Innumerevoli oggetti ed utensili della vita quotidiana di una volta. Un patrimonio grazie al quale Edoardo Bongiorno, nel suo “Hotel-Museo” di Lipari, lascia una grande testimonianza della storia e della cultura delle isole Eolie.

“Cominciai a raccoglierli fin da quando avevo 13 anni – racconta Edoardo Bongiorno – Forse la molla che fece scattare in me questo desiderio di rivivere il passato attraverso gli oggetti, fu il comportamento di mio padre in seguito alla morte del suo genitore. Infatti , nel ’61, dopo la morte del nonno, papà, per una sua certa filosofia, bruciò due casse di vecchie fotografie e diede all’immensità del mare scatole colme di terraglie di coccio (tutta roba appartenuta al genitore) compreso il letto dove era nato. Con il nostro gozzo, navigammo per 3 miglia fuori Monte Rosa, all’estremità est di Lipari, e buttammo tutto a mare. Facemmo tre giti attorno ai piccoli gorghi che si erano creati, papà si fece il segno della croce e tornammo in porto. Peccato! Ero molto piccolo avevo solo 10 anni- e non potevo certo far cambiare opinione a mio padre. Adesso, non so cosa darei per potere rientrare in possesso di quelle cose! E allora, ecco la mia reazione!

Comincio a cercare, a trovare tanti attrezzi. Li pulisco, ne tolgo la ruggine se di ferro, li tratto con olio se di legno. Passo un mucchio di tempo a levigarli, a pulirli, a farli rivivere. Li sento vibrare tra le mie mani. E dopo li sento miei. DSC_5537-small.jpgCome se mi fossero appartenuti da sempre. Ne diverrò un gelosissimo custode. I miei fornitori ufficiali erano i vari artigiani che avevano cessato la loro attività e sopratutto il “robivecchi” Cristoforo Moneta. Un omone buono e simpatico che aveva il suo “magazzino” proprio sotto la casa di mio nonno in Via Garibaldi. A lui, artigiani e contadini portavano di tutto. Era il rifiuto di tutto un mondo che rappresentava il loro stato di oppressione, il loro male antico (…). Ma quando questi utensili cominciarono a subire la distruzione, come mi venne da osservare successivamente, inconsciamente mi resi conto che c’era qualcosa che stavamo perdendo irrimediabilmente. L’attuale mia collezione conta circa 3.000 pezzi, alcuni dei quali non fanno parte della nostra tradizione artigiana eoliana nonostante siano stati trovati nelle nostre Isole. Il motivo deriva dal fatto che alla fine dell’ ‘800, i padroni marittimi (soprattutto di Salina) di bovi, schifazzi e marticane commerciavano vino, capperi e malvasia e durante questi viaggi (rigorosamente  ” a vela”,fino a Napoli, Trieste, Genova, Malta e Inghilterra) acquistavano tutto ciò che poteva essere utile al lavoro quotidiano dei vari mestieri oltre naturalmente a mobili e suppellettili vari. Oltre a questi acquisti e  baratti, un’altra fonte del mio “approvvigionamento di vecchiume” erano i regali fatti da emigranti che avevano ritenuto opportuno inviare ai familiari isolani, allora poverissimi, qualcosa che potesse essere utile al loro lavoro e che soprattutto alleviasse la fatica quotidiana che ogni mestiere esigeva.

E allora, ecco trovata la pialla americana, con tutto lo chassis in ghisa con la ghiera che regolava la profondità di taglio (leggi Stanley).Certamente un attrezzo molto più pratico della classica pialla fatta in legno dove il taglio veniva deciso da sapienti colpi di martello sulla parte posteriore del coltello-lama !!!! Ecco trovata la lavatrice americana e tedesca con relativo strizzatoio. E ancòra tantissimo altro.        

DSC_5500.jpgSi tratta di oggetti che hanno costituito l’universo tangibile di artigiani fissi e girovaghi; ed accanto a essi, tanti altri che non riguardano il lavoro artigianale, ma che hanno accompagnato le attività lavorative di contadini e pastori. La materia raccolta si potrebbe dire che si offre, parafrasando Pitrè, a chiunque voglia veramente comprenderla, palpitante di vita. La lettura migliore e più corretta non sarà mai quella che vede in questi oggetti solo i freddi reperti di un passato ormai lontano, che non ci appartiene e che, tuttalpiù, è in grado di alimentare in noi struggenti nostalgie, bensì quella che li sappia cogliere nella loro vera essenza di prodotti dell’intelligenza umana, oggetti di storia, creati dall’uomo e per l’uomo, non semplici elementi scenici del paesaggio umano.”

Edoardo, con un prezioso lavoro di ricerca ha così ricreato pezzi e scene di vita quotidiana che rivivono fra le mura dell’Oriente. Una “esposizione viva”, non un museo di ricordi o di nostalgia. Una ricerca accurata da cui emerge uno spaccato di vita vissuta.
Una collezione che certamente rappresenta una delle più significative realtà etno-antropologiche delle Eolie, della Sicilia e dell’Italia meridionale. 

(Gabriele Morrione-Gente di Lipari-Giugno 2009)

“Le cose che si amano non si posseggono mai completamente. Semplicemente si custodiscono. E si tramandano”.

Dedico questa collezione etnografica a mia figlia Manuela (“ ‘U vastuni da vicchiaina mia”), oggi diciottenne, con la speranza che le offra una dignitosa vita culturale; con l’augurio che questi avanzi di antichità ormai salvati dalle ingiurie del tempo concorrano a formare le basi delle indagini scientifiche imposte dal rapido progredire della società; con la certezza che accetti quanto ho realizzato e soprattutto senta, come me, il desiderio di continuarla, ampliarla e migliorarla, per far conoscere ad altre nuove generazioni la sapienza e la cultura di un mondo tramontato ma che non si può e non si deve dimenticare; che continui, per lunghissimi anni, l’onesta e laboriosa opera di papà suo.

Edoardo Bongiorno

Lipari. “C’era ‘na vota”. Collezione Etnografica Eoliana nell'”Hotel-Museo” di Edoardo Bongiornoultima modifica: 2011-04-29T16:52:00+02:00da leonedilipari
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