I passeggeri del piroscafo “Santamarina” e i 61 deceduti

BFERLAZZO.JPGdi Bartolino Ferlazzo

Molti lettori ci hanno richiesto l’elenco dei passeggeri civili e militari che si trovavano a bordo del Santamarina distinguendoli per equipaggio, militari e civili:
Membri equipaggio dispersi: Basile Onofrio, Di Meglio Gaetano, Milani Vincenzo, Ortesi Piero, Porretto Giuseppe (PA), Gallazzi Arnaldo (MI), Fiorentino Natale (Giovinazzo-Bari)
Membri epuipaggio salvati; Miranda Salvatore (PA), Vento Salvatore (Milazzo-ME), Atzori Italo (CA), Gullo Vincenzo (Linguaglossa-CT), Miceli Concetto (Nizza di Sicilia-ME), Gabbianelli Orlando (Sinigaglia-AN), Macrì Giuseppe (Cefalù-PA), Federico Giuseppe (PA), Bacchi Antonino (PA), Natoli Antonino (Canneto di Lipari), Barbagallo Camillo (Acitrezza-CT), Maisano Antonino (Milazzo-ME), Lo Surdo Angelo (Lingua di Salina), Gambino Giuseppe (PA), Re Giovanni (S.Marina Salina-ME), Sava Francesco, Acunto Luigi, Cuzzocrea Paolo, sacchettino Giuseppe, Alfonsetti Michelangelo, Andaloro Giuseppe,Bitto Vincenzo, Foti Vincenzo, Florio Pasquale, Calvo Domenico
Membri militari salvati: Ziino Francesco (Vulcano di Lipari), Lacoteta Santo (Canneto di Lipari), Lo Schiavo Giuseppe (Canneto di Lipari), Bongiorno Giuseppe (Pollara di Malfa), Natoli Bartolomeo (Canneto di Lipari), Scarcella Fernando (Castroreale-ME), Schepis Nicolò (Gualtieri Sicaminò-ME), Mazza Angelo (Canneto di Lipari), De Santis Nicola (Bitonto-BA), Presti Santo (Castroreale-ME), Scuderi Paolo (Fiumefreddo-CT), Sangiorgio Pietro (Castellammare del Golfo), Via Giuseppe (TP)
Membri militari dispersi: D’ Alessandro Alfonso (NA), Stramandino Antonino (S.Filippo del Mela-ME), Benenati Giovanni (Quattropani di Lipari), amostra11.JPGBarca Domenico (Pianoconte di Lipari), Currò Antonino (Acquacalda di Lipari), Scuderi Antonino (Acicastello-CT), Mondello Francesco (Grammichele-CT), Casella Salvatore (S. Angelo di Brolo), Pavone Sebastiano (Acireale-CT), Portelli Giuseppe (Canneto di Lipari), Lenaza Edoardo (Cesarò-ME), Costa Giuseppe (Lipari-ME), D’Anieri Antonino (Lipari-ME), Martinis Antonino (Crotone), Natoli Felice (S.Marina Salina-ME), Miano Nicola (Castroreale-ME)
Passeggeri dispersi: Picone Antonino (Vulcano di Lipari),  Acunto Stefano (Lipari-ME), Marturana Giuseppe (Lipari-ME), Russo Grazia (Lipari-ME), Bonino Bartolomeo (Lipari-ME), Basile Giovanni (Lipari-ME), Mollica Rosario (Canneto di Lipari), Biviano Rosina (USA), Russo Francesco (Carini-PA), Tauro Giuseppe (Lipari-ME), Currò Iolanda (Acquacalda di Lipari), Maggiore Giacomo (Lipari-ME), Mannello Tommaso (Lipari-ME), Spanò Antonino (Canneto di Lipari), Buongiorno Mariano (S.Marina Salina.ME), Sgrò Salvatore (S. Lucia del Mela-ME), Germanò Edera (RM), Germanò Clara (PA), Pistoresi Giulia (Lipari-ME), Di Mento Giuseppe (Spadafora-ME), Greco Giuseppe (Milazzo-ME), Casella Michele (S.Angelo di Brolo-ME), Romagnolo Rosario (Milazzo-ME), Gitto Lorenzo (Milazzo-ME), Pentola Antonino (S.Agata di Militello-ME), Vincenti Luigi (ME), Cassata Luigi (Montalbano Elicona-ME), Imbese Francesco (S.Lucia del Mela-ME), Maiurana Giuseppe (Lipari-ME), D’ Alessandro Alfonso (NA), Stramandino Antonino (S. Filippo del Mela-ME), Beninati Giovanni (Lipari-ME)
Passeggeri salvati: Alacqua carmelo (Milazzo-ME), Pataneè Giuseppe (CT), Poma Assunta (Panarea di Lipari), Tauro Antonino (canneto di Lipari), Arcoraci Luigi (Barcellona-ME), martino Domenico (Patti-ME), Biviano Antonino (Lipari-ME) Carini Matteo (RC), Merrina Gaetano (Milazzo-ME), Andolina Salvatore (Milazzo-ME), Biviano Giuseppe (Acquacalda di Lipari), Greco Tommaso (Milazzo-ME), Natoli Bartolomeo (Canneto di Lipari), Greco Orazio (Acireale-CT)
Passeggeri deceduti: Liberatore Angela (Canneto di Lipari)
L’ equipaggio al completo del Santamarina era così composto:
Basile Onofrio Comandante, Di Meglio Gennaro 1° Ufficiale, Ortese Emilio Direttore di Macchina, Cuzzocrea Paolo R.T., Sacchettino Giuseppe Cuoco, Alfonsetti Michelangelo e Florio Pasquale Marò, Calvo Domenico  e Re Giovanni Carpentiere, Foti Vincenzo e Sava Francesco Fuochista, Andaloro Giuseppe Carbonaio, Natoli Angelo Macchinista, Bitto Vincenzo e Milani Vincenzo Cameriere
Equipaggio militare imbarcato sul santamarina era così composto:
Porretto Giuseppe Capo Cannoniere 2^, Gallazzi Arnaldo 2° Capo Cannoniere P.S., Fiorentino Natale Cannoniere O., Miranda Salvatore S.C. Cannoniere O., Vento Salvatore Cannoniere P.S., Atzori Italo Cannoniere O., Gullo Vincenzo Cannoniere O., Miceli Concetto Cannoniere O., amostra10.JPGGabbianelli Orlando Cannoniere A., Macrì Giuseppe,Bacchi Antonino, Natoli Antonino, Barbagallo camillo, Maisano Antonino, Lo Surdo Angelo e Gambino Giuseppe Marò Federico Giuseppe S. Nocchiere.-
La Motonave Santamarina fu varata nei Cantieri Navali Riuniti di Palermo il 19 novembre 1928 era iscritto al Compartimento marittimo di Messina al n. 22 aveva una lunghezza fra le perpendicolari di m. 36,10, una larghezza massima fuori ossatura di 9,10 metri, l’ altezza di costruzione era di metri 5,15, aveva un’ immersione a pieno carico di 3,90 metri, disponeva di una stazza lorda di 762 tonnellate, la portata in carico in due stive era di 150 tonnellate, aveva una portata di acqua potabile pari a 15 tonnellate, aveva invece una portata di acqua comune di 55 tonnellate, aveva una potenza di 1080 cavalli ed una velocità di 11 miglia circa, le cabine di prima classe ed il relativo salone erano situate al centro del piroscafo, le due cabine di lusso con annesso salotto erano ubicate sul ponte passeggiata, i posti di prima classe con letti erano circa cinquanta, le cabine di terza classe erano situate a poppa, composte da quattro o sei posti per un totale di trentasei letti, con reparto separato per le donne; una biblioteca composta da circa ottanta volumi, gli ufficiali disponevano di comode ed eleganti cabine e di una propria sala da pranzo, così come i sottufficiali, i marinai ed i fuochisti avevano alloggi separati e comodi.

La sezione del Regio Tribunale di Messina che dichiarò lo stato di morte presunta era così composto:
Presidente Blandaleone Stefano, Giudici Ciminato Vincenzo e Nicotra Giovambattista.-

9 maggio 1943, l’affondamento del piroscafo “Santa Marina con 61 morti. Una tragedia da non dimenticare…

BFERLAZZO.JPGdi Bartolino Ferlazzo

Sono passati ben 68 anni da quel tragico 9 maggio 1943, una data, purtroppo, destinata a rimanere impressa, in amostra11.JPGmodo indelebile nella storia delle Isole Eolie, impressa come una macchia che mai il tempo potrà cancellare.
Il tempo, non solo non riesce a far dimenticare, ma ogni anno, questa data, fa rivivere in tutta la sua ampiezza catastrofica il crudele affondamento del prioscafo di linea il Santamarina.

In quell’ assurdo ed incredibile pomeriggio, Lipari e le sue sorelle, toccarono con mano, quelli che furono gli orrori della guerra stessa, oltre a subire la crudeltà di un conflitto, certamente non voluto dalle popolazioni, ma loro malgrado costrette a subirne l’ offesa, la disperazione, i lutti, le privazioni, la ripugnanza  e l’ inutilità .
Tante vittime innocenti perirono, ben 61su 97 persone che erano a bordo, per colpe che certamente non avevano, ma immolate solamente sull’ altare della Patria, una Patria che probabilmente ancora oggi non si ricorda più di loro.
Quel giorno, domenica, a Lipari si era svolta nella mattinata la festa dell ‘ impero, con grande partecipazione di folla, come succedeva spesso equipaggiosantamarina.jpgin quegli anni, nel pomeriggio intorno alle ore 15,10 il piroscafo di linea Santamarina, salpava gli ormeggi da Marina Corta per far rotta su amostra10.JPGVulcano-Milazzo, seguendo la rotta 102/C; il mare era particolarmente mosso, ma certamente non metteva in crisi un’ imbarcazione che, per quei tempi era considerata d’ avanguardia; così, lasciato lo scalo di Vulcano, il Santamarina proseguiva felicemente la sua rotta, quando a nove miglia da Lipari ed a non più di tre- quattrocento metri da Punta Bandiera  nella frazione di Gelso, un siluro lanciato intorno alle ore 15,48, dal sommergibile inglese Unrivalled, comandato dal tenente H. B. Turner, partito il primo maggio dalla base navale di Malta, per un’ operazione di pattugliamento delle coste nord/orientali della Sicilia, lo colpiva al centro ed esattamente all’ altezza della sala macchine, spaccandolo in due tronconi e facendolo colare a picco in pochissimi minuti, portandosi dietro il suo immane carico di morte e di disperazione.

Rimbombano ancora oggi, per chi allora era presente, nelle orecchie, fanno triste eco al cuore, le grida strazianti, le implorazioni disperate di aiuto da parte della marea di gente che immediatamente affollò Marina Corta; erano lagrime di madri, di spose, di figli, di amici, di parenti e conoscenti dell’ equipaggio e dei passeggeri che ignari e innocenti, in quel giorno primaverile, incontrarono la morte tra i flutti di questo nostro mare. Ma non fu un solo siluro ad essere lanciato dallo scafo inglese, perchè all’ accorrere di una motovedetta tedesca, ne veniva lanciato un amostra9.JPGsecondo che non centrava lo scafo, solo perchè non veniva considerata la poca chiglia di cui era dotata l’ imbracazione.
Che tragedia più immane sarebbe stata, ci chiediamo ancora oggi, se quell’ attacco fosse stato portato nella mattina di quella terribile domenica, quando a bordo del Santamarina, si trovavano circa duecento giovani in partenza per la visita di leva del giorno successivo.-
A Marina Corta era invasa da una folla enorme, atterrita, convulsa che correva che cercava di aiutare i volenterosi a varare le barche, a preparare coperte, medicinali, perchè il tempo era poco e bisognava far presto.
Solo qualche barca a motore poi tutti a remi per coprire una distanza, dal luogo dell’ affondamento, che sembra interminabile, ma bisognava agire di fretta potevano esserci dei naufraghi dei superstiti, correva notizia del siluramento di un’ imbarcazione che si era recata per prestare soccorso, in pochi si salvarono, e cominciarono a serpeggiare i primi nomi di coloro che si erano visti partire, di coloro che fino all’ ultimo momento si sperava di poter salvare, di coloro che si sono visti trascinare giù nei gorghi di una mare amico ma in quel momento terribilmente crudo e famelico,  ” allora Lipari capì davvero tutta l’ atrocità della guerra, fu un trauma, una presa di coscienza sulla tremeda realtà “.

A bordo di quell’ ultimo viaggio avevano preso posto un centinaio di passeggeri, dei quali quarantotto si salvarono gli altri non avrebbero più amostra8.JPGvisto la loro terra, le loro isole, i loro cari.
Ma quali furono, le probabili cause che portarono all’affondamento del Santamarina; la prima sarebbe quella che l’ alto comando alleato in vista dello sbarco in Sicilia denominato ” Husky ” aveva previsto come primo obiettivo di neutralizzare e distruggere tutti i mezzi e le basi navali ed aeree del nemico in Sicilia;  la seconda, sarebbe quella dovuta al fatto che qualche giorno prima un idrovolante tedesco attaccato da aerei alleati, di ritorno dall’ Africa, fu costretto ad ammarare nel laghetto di Lingua nell’ isola di Salina e siccome a bordo, circolò notizia, ci fossero alti ufficiali tedeschi che avrebbero dovuto raggiungere Milazzo con la nave di linea, il comando alleato, ne venne a conoscenza ed invio sul posto il sommergibile Unrivalled con l’ intento di affondare la nave, ma questo fatto su scoperto dal comando tedesco, che prelevò con un aereo gli ufficiali a Salina, lascianndo così al suo destino il Santamarina, carico d’ inermi passeggeri.
Con il Santamarina, è affondata, pure, una parte di queste isole, una parte della nostra coscienza, certamente mortificata ed umiliata da una guerra assurda, dichiarata solo per una sventata mania di grandezza e cagionata dalla mania omicida che aveva pervaso irrimediabilmente, in quegli anni l’ Italia, una mania che distrusse il paese, che annientò una buona fetta di italiani, una mania che mise in ginocchio un’ intera nazione.

Commemorare questi nostri fratelli non deve essere una ricorrenza ma un dovere verso chi ignaro, andò incontro alla morte non conoscendone la ragione, è un dovere morale e civico dare risalto a questi fratelli, è un dovere morale e civico posizionare un monumento che amostra7.JPGpossa ricordare a tutti il terrore della guerra ed il sacrificio di nostri parenti, amici, conoscenti, è un dovere morale e civico ricordare coloro che hanno dato la vita per la nostra libertà, non farlo sarebbe aver dimenticato, non farlo significa non avere ricordi, non farlo significa non avere rispetto per i nostri morti e chi non ha rispetto per i morti amostra6.JPGnon può avere rispetto e coscienza per i vivi;  e vorremmo concludere riportando le parole di Charles Peguy  ” … dopo tanta lotta, una pace eterna; dopo tanta guerra , una vittoria eterna; dopo tanta miseria una gloria eterna; dopo tanta bassezza un’ elevazione eterna; dopo tanta contestazione un regno incontestato …”
Proponiamo da questo giornale che il 9 maggio sia per le popolazioni eoliane il giorno del ” ricordo ” per non dimenticare i nostri morti e gli orrori della guerra.
Lipari, reagisci anche a queste tristi memorie, ricordando quanti non ci sono più e, se questo non avverrà, Voi da lassù abbiate solo pietà di chi per futili motivi e per interessi privi di ogni significato si è dimenticato del vostro sacrificio e del vostro martirio.
Lipari Auguri.

Stromboli&”amarcord”. Se i marinai raccontano “vecchie” storie di guerra

di Nicolò Carnimeo

incrociatore.jpgCinque storie di mare e di guerra riportano indietro nel tempo. I protagonisti hanno oggi novant’anni e ne ricordano ogni particolare, al petto con orgoglio portano le medaglie al valore che hanno ricevuto per i loro atti di eroismo. Giuseppe Gernone, Erminio Capogrosso, Domenico Moretti, Vincenzo Petruzzellis e Francesco Spizzico, hanno combattuto sulle navi da battaglia nel secondo conflitto mondiale e sono testimoni di un passato che non merita di finire nell’oblio. Così oggi alle 11 nella stazione marittima passeggeri del porto di Bari lo storico Pasquale Trizio presidente dell’Anmi racconterà attraverso le loro vive testimonianze un altro tassello di Bari sul mare.

Il marinaio Giuseppe Gernone era imbarcato sull’incrociatore Giovanni dalle Bande Nere quando il mattino del primo aprile del 1942 la nave venne colpita e affondata da due siluri lanciati dal sommergibile inglese Urge. L’incrociatore, spezzato in due tronconi, affondò immediatamente undici miglia al largo dell’isola di Stromboli e 286 marinai si inabissarono con la bella e veloce nave italiana. Il nostro grazie alle sue invidiabili qualità fisiche, riuscì a sopravvivere e, visto un ufficiale in difficoltà, il Tenente di Vascello Sanfelice di Montefor te (che poi divenne ammiraglio) gli cedette il suo salvagente salvandolo da sicura morte. 

Erminio Capogrosso, invece, era un abilissimo cannoniere della Torpediniera Ardito che all’indomani dell’8 settembre, mentre era di scorta alla squadra navale italiana in rotta verso Malta a seguito delle clausole di armistizio, fu attaccato da cacciabombardieri tedeschi Stukas in picchiata. Capogrosso centrò più volte due caccia attaccanti i quali a loro volta lo colpirono ad un braccio. Egli è grande invalido di guerra. Diversa la storia del marinaio Domenico Moretti imbarcato su una nave minore, il piroscafo requisito Egusa che svolgeva compiti di rifornimento delle isole italiane del Canale di Sicilia. In un bombardamento di aerei inglesi sul porto di Trapani, la sua nave fu colpita e affondò per metà, con la prua immersa e la poppa fuori dell’acqua. Fu strappato alle lamiere solo il giorno dopo con l’aiuto della fiamma ossidrica. Vincenzo Petruzzellis è uno degli ultimi superstiti della corazzata Roma che il 9 settembre venne fatta esplodere dalle nuove bombe razzo tedesche dei bombardieri Messerschmitt. I Caduti furono 1352 e si salvarono soltanto 520 marinai tra cui Petruzzellis il quale, in un altruistico gesto, cedette il suo salvagente ad un ufficiale che si salvò. Per questo la sua Marina lo premiò con la Medaglia d’Argento al Valor Militare. 

Francesco Spizzico, elettricista barese imbarcato durante la guerra a bordo del cacciatorpediniere Manin, e decorato con la medaglia di bronzo, fu protagonista di una avventura conradiana in Mar Rosso dove la sua unità venne affondata. Così si legge sulla sua medaglia di bronzo: «… per sette giorni di navigazione a remi in acque infestate da pescicani, in condizioni meteorologiche avverse, e con estrema scarsità di viveri e di acqua si prodigava oltre ogni limite per contribuire alla salvezza dei 42 naufraghi dell’imbarcazione… lottando contro la fame, la sete ed il mare avverso».

Lipari. “C’era ‘na vota”. Collezione Etnografica Eoliana nell'”Hotel-Museo” di Edoardo Bongiorno

famiglia.jpgUn intrigante invito ad accostare l’orecchio alla fascinosa conchiglia del passato senza tempo. “Perchè chi non ha memoria del passato  e delle sue radici (fondamenta della civiltà su cui si basa la nostra stessa essenza) è destinato a perdere la propria identità. (Andrea Camilleri)”  

Innumerevoli oggetti ed utensili della vita quotidiana di una volta. Un patrimonio grazie al quale Edoardo Bongiorno, nel suo “Hotel-Museo” di Lipari, lascia una grande testimonianza della storia e della cultura delle isole Eolie.

“Cominciai a raccoglierli fin da quando avevo 13 anni – racconta Edoardo Bongiorno – Forse la molla che fece scattare in me questo desiderio di rivivere il passato attraverso gli oggetti, fu il comportamento di mio padre in seguito alla morte del suo genitore. Infatti , nel ’61, dopo la morte del nonno, papà, per una sua certa filosofia, bruciò due casse di vecchie fotografie e diede all’immensità del mare scatole colme di terraglie di coccio (tutta roba appartenuta al genitore) compreso il letto dove era nato. Con il nostro gozzo, navigammo per 3 miglia fuori Monte Rosa, all’estremità est di Lipari, e buttammo tutto a mare. Facemmo tre giti attorno ai piccoli gorghi che si erano creati, papà si fece il segno della croce e tornammo in porto. Peccato! Ero molto piccolo avevo solo 10 anni- e non potevo certo far cambiare opinione a mio padre. Adesso, non so cosa darei per potere rientrare in possesso di quelle cose! E allora, ecco la mia reazione!

Comincio a cercare, a trovare tanti attrezzi. Li pulisco, ne tolgo la ruggine se di ferro, li tratto con olio se di legno. Passo un mucchio di tempo a levigarli, a pulirli, a farli rivivere. Li sento vibrare tra le mie mani. E dopo li sento miei. DSC_5537-small.jpgCome se mi fossero appartenuti da sempre. Ne diverrò un gelosissimo custode. I miei fornitori ufficiali erano i vari artigiani che avevano cessato la loro attività e sopratutto il “robivecchi” Cristoforo Moneta. Un omone buono e simpatico che aveva il suo “magazzino” proprio sotto la casa di mio nonno in Via Garibaldi. A lui, artigiani e contadini portavano di tutto. Era il rifiuto di tutto un mondo che rappresentava il loro stato di oppressione, il loro male antico (…). Ma quando questi utensili cominciarono a subire la distruzione, come mi venne da osservare successivamente, inconsciamente mi resi conto che c’era qualcosa che stavamo perdendo irrimediabilmente. L’attuale mia collezione conta circa 3.000 pezzi, alcuni dei quali non fanno parte della nostra tradizione artigiana eoliana nonostante siano stati trovati nelle nostre Isole. Il motivo deriva dal fatto che alla fine dell’ ‘800, i padroni marittimi (soprattutto di Salina) di bovi, schifazzi e marticane commerciavano vino, capperi e malvasia e durante questi viaggi (rigorosamente  ” a vela”,fino a Napoli, Trieste, Genova, Malta e Inghilterra) acquistavano tutto ciò che poteva essere utile al lavoro quotidiano dei vari mestieri oltre naturalmente a mobili e suppellettili vari. Oltre a questi acquisti e  baratti, un’altra fonte del mio “approvvigionamento di vecchiume” erano i regali fatti da emigranti che avevano ritenuto opportuno inviare ai familiari isolani, allora poverissimi, qualcosa che potesse essere utile al loro lavoro e che soprattutto alleviasse la fatica quotidiana che ogni mestiere esigeva.

E allora, ecco trovata la pialla americana, con tutto lo chassis in ghisa con la ghiera che regolava la profondità di taglio (leggi Stanley).Certamente un attrezzo molto più pratico della classica pialla fatta in legno dove il taglio veniva deciso da sapienti colpi di martello sulla parte posteriore del coltello-lama !!!! Ecco trovata la lavatrice americana e tedesca con relativo strizzatoio. E ancòra tantissimo altro.        

DSC_5500.jpgSi tratta di oggetti che hanno costituito l’universo tangibile di artigiani fissi e girovaghi; ed accanto a essi, tanti altri che non riguardano il lavoro artigianale, ma che hanno accompagnato le attività lavorative di contadini e pastori. La materia raccolta si potrebbe dire che si offre, parafrasando Pitrè, a chiunque voglia veramente comprenderla, palpitante di vita. La lettura migliore e più corretta non sarà mai quella che vede in questi oggetti solo i freddi reperti di un passato ormai lontano, che non ci appartiene e che, tuttalpiù, è in grado di alimentare in noi struggenti nostalgie, bensì quella che li sappia cogliere nella loro vera essenza di prodotti dell’intelligenza umana, oggetti di storia, creati dall’uomo e per l’uomo, non semplici elementi scenici del paesaggio umano.”

Edoardo, con un prezioso lavoro di ricerca ha così ricreato pezzi e scene di vita quotidiana che rivivono fra le mura dell’Oriente. Una “esposizione viva”, non un museo di ricordi o di nostalgia. Una ricerca accurata da cui emerge uno spaccato di vita vissuta.
Una collezione che certamente rappresenta una delle più significative realtà etno-antropologiche delle Eolie, della Sicilia e dell’Italia meridionale. 

(Gabriele Morrione-Gente di Lipari-Giugno 2009)

“Le cose che si amano non si posseggono mai completamente. Semplicemente si custodiscono. E si tramandano”.

Dedico questa collezione etnografica a mia figlia Manuela (“ ‘U vastuni da vicchiaina mia”), oggi diciottenne, con la speranza che le offra una dignitosa vita culturale; con l’augurio che questi avanzi di antichità ormai salvati dalle ingiurie del tempo concorrano a formare le basi delle indagini scientifiche imposte dal rapido progredire della società; con la certezza che accetti quanto ho realizzato e soprattutto senta, come me, il desiderio di continuarla, ampliarla e migliorarla, per far conoscere ad altre nuove generazioni la sapienza e la cultura di un mondo tramontato ma che non si può e non si deve dimenticare; che continui, per lunghissimi anni, l’onesta e laboriosa opera di papà suo.

Edoardo Bongiorno

LIPARI – FESTEGGIAMENTI UNITA’ D’ITALIA

bandiera.jpg

Gli alunni delle scuole elementari e medie delle Eolie, cantano l’inno nazionale di Mameli per i festeggiamenti dell’unità d’Italia.

 

 

 

Dal Lussemburgo in linea Enzo Silvestro

esilvestro2.jpgdi Enzo Silvestro

Ritratto di Curzio Malaparte e Febo  sulla Civita con Marina Lunga sullo sfondo, la foto originale e’ in vendita da CHRISTIE’S  (LOTTO  209 SALA cmalaparte.JPG1039), Una variante di questa foto e’ riprodotta a pag  56 sul Malaparte illustrato  (di Giordano Bruno Guerri, Milano, Mondadori, 1998 ) .

http://www.christies.com/lotfinder/lot_details.aspx?intObjectID=3845163

Lipari, archeologia in via Franza

cmartinelli.jpgdi Maria Clara Martinelli

 

A pochi è forse noto che a Lipari in via Franza nel 1993, in seguito a scavi per un progetto edilizio, furono scoperti i resti di una casa agricola con diversi ambienti, risalente alla tarda età romana imperiale ovvero al I-II sec. d.C. Successivamente a questa casa si aggiunse in un momento posteriore, un piccolo edificio termale usato fino al V o VI sec. d.C.  Vari saggi di approfondimento negli spazi vuoti delimitati dalle mura degli ambienti permisero anche di scoprire alcune tombe di età ellenistica (III sec. a.C.) appartenenti ad una necropoli che esisteva prima della costruzione di questo complesso. Lo scavo fu condotto e studiato da Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier, ai quali si deve la conoscenza di tutta l’archeologia delle Isole Eolie. In questi mesi sono stati ripresi i lavori da parte della Soprintendenza Beni Culturali di Messina con la collaborazione del Parco Archeologico delle Isole Eolie, Milazzo, Patti e comuni limitrofi,  per eseguire un accurata pulizia e un consolidamento dei muri antichi al fine di rendere fruibile un’altra porzione di archeologia eoliana. Non sono mancati nuovi ritrovamenti come quello di un’altra tomba facente parte della necropoli che doveva occupare l’area prima che costruissero in età romana la casa agricola.

Sarà possibile visitare il sito a conclusione dei lavori edilizi della ditta proprietaria che sono stati autorizzati dalla competente Soprintendenza con numerose prescrizioni per la salvaguardia dei resti archeologici.

Controversia liparitana, sabato ricorre il “trincentenario”. Per non dimenticare…

lsciascia.JPGSabato 22 gennaio 2011 ricorre il tricentenario della cosiddetta Controversia liparitana, un importante evento storico che ha avuto luogo nel 1711 a Lipari, nelle isole Eolie: un fatto relativo alla vendita di una modesta partita di ceci di proprietà della Chiesa, che ha scatenato un conflitto fra il Vaticano e l’allora Regno di Sicilia della durata di oltre un secolo.
Nell’anno del 150° anniversario della Repubblica Italiana, l’arcipelago eoliano dunque raddoppia e il Centro Studi Eoliano – anch’esso impegnato nella ricorrenza del trentennale della propria attività – ha deciso di festeggiare solennemente questa ricorrenza, che ha reso le isole Eolie protagoniste nella storia nazionale ed europea, e di diffonderne i contenuti fino a farne diventare il leit-motiv dell’estate eoliana che è alle porte. Un illustre letterato siciliano moderno della caratura di Leonardo Sciascia ha deciso di riportare i suddetti fatti nella sua celebre opera teatrale “Recitazione della controversia liparitana”, che il Centro Studi nell’estate 2011 riproporrà nella duplice forma di una pubblicazione e di uno spettacolo teatrale. Il libro, che sarà edito dal Centro Studi Eoliano, conterrà oltre al testo di Sciascia anche un saggio storico introduttivo di Michele Giacomantonio sui fatti relativi alla Controversia, a corredo di un importante manoscritto inedito del 1712 che è stato rinvenuto presso l’Archivio Segreto del San’Uffizio in Vaticano, intitolato “Ragioni della Chiesa di Lipari contro la pretesa giurisdizione della Monarchia di Sicilia” che comparirà in appendice nella versione integrale. La pubblicazione sarà  corredata da un saggio letterario del Dr. Andrea Schembari dell’Istituto di Letteratura dell’Università di Catania, sulla figura dell’illustre scrittore e sulla sua opera in questione. Verranno citati anche i brani tratti da “Il Re di Girgenti” di Andrea Camilleri, relativi alla Controversia liparitana. La compagnia teatrale “I teatri del sud” con la regia di Emanuele Bottari metterà inoltre in scena durante l’estate eoliana il testo di Sciascia, appositamente rivisitato in occasione del tricentenario, e lo porterà in tournée in tutte e sette le isole dell’arcipelago. Il progetto verrà svolto dal Centro Studi in collaborazione con la Fondazione Sciascia, con gli editori Adelphi e Sellerio e con la famiglia dello scrittore e sarà coordinato dalla D.ssa Clara Raimondi, consulente editoriale del Centro Studi Eoliano.

Eolie, il museo archeologico “Luigi Bernabò BGrea” va difeso

amuseo2.jpgLa Legge n. 19 del 16 dicembre 2008, che detta le norme per la riorganizzazione dei dipartimenti regionali, e il successivo D.D.G. n. 1513 del 12.7.2010 a firma dell’arch. Gesualdo  Campo (Direttore Generale del Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana), concretamente e senza alcuna possibilità di essere smentiti, cancella con un solo colpo di spugna il fiore all’occhiello dei musei archeologici italiani, il museo “Luigi Bernabò Brea”. C’è stupore, amarezza e incredulità nel mondo accademico e tra coloro che hanno conosciuto personalmente il grande scienziato genovese che, per 50 anni, ha lavorato – coadiuvato da Madeleine Cavalier – alla restituzione dello straordinario patrimonio archeologico stratificatosi sulle Isole Eolie nell’arco di circa 6.000 anni. Unico al mondo (le maschere del teatro moderno del drammaturgo ateniese Menandro ne rappresentano un esempio eloquente), tale patrimonio rappresenta  un quadro completo della successione delle diverse culture fiorite, soprattutto nell’Isola di Lipari, fin dai primi  insediamenti umani stabili degli inizi del Neolitico medio (V millennio a.C.), testimoniato dall’enorme quantità di reperti rinvenuti (e sapientemente custoditi e catalogati all’interno delle sale museali e dei depositi) e dalla preziosissima documentazione che l’insigne Professore, con impegno e dedizione, ha lasciato all’intera comunità. 

Con il nuovo assetto organizzativo del Dipartimento del Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, il Museo “L. Bernabò Brea” viene declassato a mera Unita’ Operativa di Base e cooptato da un “Parco Archeologico delle Isole Eolie e delle aree archeologiche di Milazzo, Patti e Comuni limitrofi” di fatto non ancora istituito (se non sulla carta) e certamente di difficile gestione ed amministrazione, sia in ragione della vastità della superficie occupata sia della particolare articolazione territoriale. Viene cancellata, senza alcun comprensibile motivo, la memoria del grande archeologo cui il museo è intitolato, e vanificata la lunga esperienza amministrativa che lo ha animato negli anni, rischiando di compromettere gli elevati standard qualitativi di tale istituzione museale e delle sue aree di pertinenza (il Castello di Lipari), nonché il decoro, la salvaguardia, la tutela del patrimonio storico e archeologico locale. Appare illuminante, in tal senso, l’esperienza delle Soprintendenze che, pur avendo – nel caso in questione – competenza sulle aree archeologiche dell’intero arcipelago, faticano per assicurarne un’adeguata valorizzazione e una piena fruizione, anche per le evidenti difficoltà logistiche connesse alla peculiare condizione dell’insularità.

Altri siti, fino ad oggi ingiustamente meno visibili (come le Zolfare di Lercara Friddi, Sabucina e Capodarso, la Ceramica del Calatino, la Valle del Simeto e altri ancora), hanno finalmente attirato l’attenzione delle istituzioni; ciò non può che rallegrarci, ma diviene incomprensibile alla luce dell’impietosa e contestuale cancellazione da una geografia museale regionale che subisce un contesto prestigioso come quello eoliano, intitolato a Luigi Bernabò Brea. Per queste ragioni, rivolgiamo un accorato appello all’Assessore Regionale dei Beni Culturali affinché non si compia questo grave atto di mortificazione della memoria e della storia dell’insigne studioso, attraverso l’individuazione delle soluzioni più idonee per ripristinare l’autonomia e la struttura organizzativa dell’istituto museale ante riforma (così come, peraltro, è stato fatto per il Museo Archeologico Regionale di Agrigento, il Museo della Ceramica di Caltanissetta, il Museo “Ignazio Paternò” di Catania, il Museo di Giardini Naxos, per il “Salinas” di Palermo, per il Museo del Carretto di Terrasini, per il museo Paolo Orsi di Siracusa, per il Museo Pepoli di Trapani, per il Museo Accascina di Messina).

Associazione Nesos – Lipari

Lipari, “l’hotel-museo”, tra sarcofagi e oggetti di millenarie civilta’

aoriente.jpgNon solo mare, movida notturna e un porticciolo assediato da yacht e panfili di vip e volti noti che approdano nel cuore delle Isole Eolie da tutto il mondo. Lipari, soprattutto in estate, mostra anche il suo volto antico che affonda le sue radici nella storia e nella mitologia greca, e che oggi si rivede nei tanti scorci che raccontano il passaggio sull’isola di millenarie civilta’. Nel cuore antico di questo gioiello incastonato nel mare, un hotel-museo, che nel tempo ha raccolto e catalogato attrezzi storici e oggetti che fotografano la quotidianita’ dell’uomo vissuto qui, da qualche secolo fa ai nostri giorni. Vecchie bilance e arnesi da cucina, macchinari per fare olio e vino, ma soprattutto, quattro sarcofagi risalenti all’eta’ neolitica, esposti nel giardino della struttura alberghiera. Nell’area archeologica di contrada Diana, dove un tempo si stendeva un vasto abitato del Neolitico superiore e della prima eta’ dei metalli, sul quale venne poi a sovrapporsi la necropoli greca e romana, oggi sorge l’Hotel Oriente. Quando nel 1955, Leonida Bongiorno, lo inauguro’, sentiva di dover raccontare quelle origini, e suo figlio Edoardo diede forma a quel sogno confuso e condensato nella parola Oriente, tanto carica di fascino e di esotismo.

Edoardo Bongiorno, memore di una tale ricchezza patrimoniale, ha raccolto questi oggetti uno ad uno, restaurandoli ed esponendoli nelle tante ebongiorno.JPGstanze della struttura, coprendone ogni angolo, tra bilance, Pupi siciliani, attrezzi, selle appese, e pezzi da collezione. Come un’antica scacchiera per la Dama dal valore inestimabile, accanto alla quale si puo’ fare colazione la mattina. Sempre nella sala breakfast, si puo’ sorseggiare un caffe’ o un cappuccino accanto a un vecchio carretto siciliano interamente dipinto a mano. Il viaggio nel ritorno alle origini prosegue nel giardino dell’hotel, dove passando in un sentiero immerso nel verde, costeggiato da pentole antiche e arnesi di cucine dal sapore orientale, si arriva di fronte a quattro antichi sarcofagi dell’eta’ neolitica, trovati qualche anno fa nel corso di alcuni lavori di ristrutturazione e ora riportati alla luce. Il giardiniere dell’albergo confessa che trasportarle li’, nel luogo dove ora sono esposte, e ricostruire quelle tombe di pietra pesanti come un macigno sia stata una vera impresa. Ma il loro fascino e’ diventata una delle principali attrattive dell’hotel.

aoriente1.jpgOggetti d’uso di ogni genere e tipo, alcuni davvero curiosi ed enigmatici, ma la maggior parte ancora perfettamente comprensibili nella loro funzione, hanno coperto interamente tutto lo spazio disponibile della struttura. Ma chi si aggira negli ambienti dell’hotel, non si sente affatto oppresso da una sensazione di pieno e di ridondante, perche’ quegli strumenti sono disposti ad arte, come fossero pezzi di un unico puzzle tra sogno e realta’. Ed e’ l’atmosfera che avvolge tutta Lipari, che conserva ancora gelosamente le sue tradizioni e i suoi simboli. Come il decoro barocco del 600, ancora presente negli angoli delle ringhiere dei balconi dell’isola: la spada Normanna che taglia i quattro venti e un grande spillo centrale, elementi creduti potenti talismani contro ogni avversita’. In questo simbolo l’isola si riflette e si vede rappresentata fin dai tempi piu’ antichi. Ancora presente ovunque, per strade e vicoletti, dove gli antichi sapori barocchi si ripropongono con nuovi stili.  Il tempo a Lipari, insomma, sembra essersi fermato, scolpito nella pomice e nei vetrini dell’ossidiana, la pietra nera vulcanica che circonda Lipari e le altre Isole (soprattutto Stromboli e Vulcano), nata dal rapido raffreddamento delle lave e gia’ nota agli antichi Egizi, quando inizio’ ad essere utilizzata per collane e gioielli preziosi. Qui, nell’isola piu’ grande dell’arcipelago eoliano, il viaggiatore, oltre ad approfittare del bellissimo mare tra tuffi e bagni di sole, puo’ tornare indietro nel tempo ripercorrendo le tante etnie e i mille volti di un popolo eternamente accompagnato dal Dio dei Venti.

Il viaggio della storia continua all’interno del Museo archeologico di Lipari: il visitatore si trova subito di fronte al padiglione preistorico, sorto abongiorno1.JPGsui resti di un monastero normanno, che racconta la quotidianita’ del neolitico eoliano, per poi essere catapultato nel padiglione epigrafico, tra steli funerarie e resti delle necropoli greche e romane. Fino alla sezione vulcanologica, nata a scopo esclusivamente didattico, con l’obiettivo di introdurre il viaggiatore alla conoscenza della geomorfologia dell’Arcipelago eoliano, le cui isole sono interamente di formazione vulcanica, indispensabile per la piena comprensione di molti aspetti degli insediamenti umani succedutisi attraverso i secoli (la loro formazione, l’economia nata soprattutto attorno a risorse come l’ossidiana e la pietra pomice, la cultura). E infine, dal tour nella storia agli scorci della Lipari di oggi: caratteristico il borgo di Sopralaterra a Marina Corta, dove le abitazioni sono tappezzate di murales coloratissimi che raccontano la quotidianita’ dell’isola, anche nei mesi in cui il freddo e il maltempo sembrano oscurare le sue vie: un uomo affacciato dal suo balcone, un volto nascosto dietro la tenda del balcone accanto, una donna che armeggia con un secchio accanto ai suoi bambini, sempre su una terrazza immaginaria. E’ lo sguardo di Lipari, pronto a stregare i tanti viaggiatori che la scelgono ogni anno come meta di vacanza.