di Felice D’Ambra
Da alcuni anni ormai il giorno 31 ottobre anche in Italia si festeggia “Halloween”, la ricorrenza anglosassone per antonomasia, definita la Festa delle Streghe. Radicata come festa italiana e festeggiata in costume da strega o similare, nel tempo è divenuta una festa mascherata di tutto rispetto, più da sballo che da ballo. Sono anche organizzati viaggi e pacchetti turisti di soggiorno per trascorrere la festa di Halloween nella terra di origine: Irlanda, Inghilterra, Stati Uniti, ma soprattutto a Londra. I popoli irlandesi, Inglesi, americani, festeggiano l’arrivo dell’inverno, proprio la vigilia della festa italiana di tutti i Santi. Gli anglosassoni, usavano accendere dei grandi fuochi indossando maschere alle quali essi ballavano attorno al fuoco per spaventare le streghe che in quei luoghi erano di casa. In ricordo di quest’antica festa, ancora oggi si festeggia Halloween, simbolo delle zucche illuminate da una candela:
La luce serve a tenere lontano gli spiriti della notte. Durante la notte di fine ottobre, i ragazzi anglosassoni, si mascherano e bussano alle porte delle case per ricevere in dono biscotti, caramelle, dolci o altro. La Commemorazione dei defunti, diversa da Halloween, è una consuetudine che nel nostro paese e nel mondo ha molte credenze legate alla “Festa dei Morti”. Essa ha un’ispirazione di fondo, dedicata al ricordo dei defunti da visitare nei cimiteri e portare in dono fiori sulle tombe dei propri cari e di far sentire vicino il mondo dei morti che tornano per stare con i parenti nel giorno della loro “Festa”. Tante sono anche le credenze e leggende legate al ritorno dei defunti nelle diverse zone d’Italia: E a proposito di spiriti della notte, alcune leggende dei paesi nostri narrano che la notte tra l’uno e il due di novembre in un paese dell’Abruzzo, una panettiera che si recava al lavoro vedendo la chiesa del paese illuminata e affollata, vi entrò a curiosare e mentre ascoltava la messa, una sua comare morta alcuni anni prima, si avvicinò dicendole di andar via in fretta, in caso contrario allo spegnimento della luce della chiesa, lei sarebbe morta. Spaventata, la panettiera uscì immediatamente, ma quando si trovò in strada, fu tanta la paura che non riuscì più a parlare.
Leggende che vengono, credenze che vanno e così ovunque in ogni paese, si raccontano altre storielle, come quella di un paesino della Sardegna dove Maria (sa fill’è anima di Tzia Bonaria Urrai, da tempo a letto perché malata), era tornata da Torino per curare la mamma. Tzia Bonaria, si dice fosse una femina accabadora (colei che finisce), che per pietà e dopo mille suppliche e su richiesta di un giovane sano ma senza una gamba, l’aiutò a passare all’aldilà. Da quella volta (è stata l’ultima), sa femina accabadora, che non voleva assolutamente farlo, si addolorò tanto che s’ammalò da morire. Una sera Maria, dopo aver sistemato a notte la madre e augurata la buona notte con un bacio come usava fare, sentì dalla mamma delle frasi sussurrate e non vi fece caso. L’indomani mattina, quando Maria entrò nella stanza della madre, vide un candido cuscino di lino sulla poltrona che la sera precedente non c’era. Maria, sbigottita, guardò il viso supplichevole della madre che volgendo lo sguardo verso il cuscino, le fece capire che era giunto il momento che lei doveva agire.
Quella stessa sera, Maria, dopo aver dato il bacio e amorevolmente accarezzato la madre, piangendo, eseguì il suo desiderio, e così, come s’accabadora voleva, Maria col cuscino pose fine alla sofferenza della madre. Secondo le credenze popolari, tra la notte dell’uno e il due di novembre, le anime dei defunti tornano dall’aldilà per visitare i parenti rimasti sulla terra. Diversi e particolari sono i riti della commemorazione ovunque, in alcune Regioni come Puglia e Toscana, in alcune case si imbandiscono le tavole e si lasciano a disposizione dei defunti per farli ristorare dopo il lungo viaggio sulla terra. Nelle Regioni del Nord, è usanza lasciare una brocca d’acqua sulla tavola per farli dissetare, mentre in Piemonte, si aggiunge un posto a tavola.
In Sardegna, l’Isola più lontana, nelle case soprattutto dell’entroterra di Barbagia, la tavola non si sparecchia per consentire ai defunti di rifocillarsi durante la notte, mentre in Basilicata e Calabria, presso le comunità albanesi col rito bizantino, usano andare al cimitero di sera e lì allestire un banchetto sulla tomba dei propri defunti e consumare assieme a loro invitando anche i passanti a prendere parte. Nei cimiteri di quei paesi della Sardegna di un tempo, abbruttiti dalla violenza del banditismo e non solo, visitare le tombe è come trovarsi in luoghi di forti emozioni dove il silenzio è d’obbligo, la parola è muta e il dolore è perenne. In questi tristi luoghi, il tempo s’è fermato come in un magico sogno. I Camposanti non sono cimiteri e le tombe non solo loculi ma veri monumentali tempi greci dove ogni famiglia ha costruito la propria cappella, come monumento alla loro storia. Soltanto attraversando questi loculi tra i viali, sembra di sentire i lamenti e i pianti delle vedove, delle madri, dei genitori, degli orfani, dei parenti e amici. In questi cimiteri, si raccoglie la storia di questi paesi di solitudine carichi di odio, d’incubi, di misteri, di vendette, di lutti e di vergogne, dove lo sfarzo delle tombe non ha mai curato le ferite dei loro cuori.
In questi paesi di mistero e di faide, si chiude la porta quando si ride, perché altrimenti i dirimpettai che hanno subito un lutto, possono pensare che gioisci per il loro dolore. Si chiude la porta anche quando si piange, per non consentire ai nemici di gioire del tuo dolore, e quando si passeggia per strada non si deve essere troppo sorridenti, né mostrarsi eccessivamente tristi perché la strada del dolore è infinita. In questi paesi del brivido dove nessuno vede ma tutti sanno. In questi paesi sconvolti dal dolore, dove il solo pensiero dei tanti morti ammazzati, nessuno sente le grida di dolore che si sollevano da sotto terra, diverso dai pianti di quelle madri che nel Camposanto di Lipari piangono silenziose la morte per la morte dei propri figli, genitori, giovani senza darsi una ragione come la mamma di Elisabetta e quella di Francesco che piangono la perdita dei loro figli. La commemorazione dei defunti o la “Festa” dei morti, è un silenzio ancestrale che si osserva con la preghiera, ma che è anche una ricca simbologia di antichi e crudeli riti funebri come quello di “Sa Babbaieca” di Gairo Sant’Elena, il paese d’Ogliastra, dove si liberavano dei vecchi gettandoli da un dirupo appunto “Sa Babbaieca”.
Diversa è invece la tradizione legata alla veglia funebre in alcune Regioni meridionali e in Sardegna dove le Attittadoras, le donne della tradizione che strappandosi i capelli e lamentandosi con struggenti litanie funebri, raccontano le gesta della vita dei defunti. Molto sentito è il rito in assoluto silenzio della preghiera presso le tombe dei propri familiari, nei monumentali Cimiteri delle Città o nei piccoli e poveri Camposanti di paesi o villaggi del mondo. Come diverse sono le tradizioni culinarie e dolciarie che ogni Regione conserva nel proprio territorio, chiamate “dolci dei morti” e l’altro solo di questo periodo il “pane dei morti”. Sbrisolona), per esempio è il tipico dolce della Città di Mantova e di tutta la Lombardia che viene preparato in diversi modi, mentre quello dei napoletani i “morticelli” ricorda la cassa da morto, che sono i dolci tipici della Campania. Credo senza ombra di dubbio, che la Regione Sicilia: da Palermo a Trapani, Enna, Caltanissetta, Catania, Messina Agrigento, Ragusa e Siracusa, Modica, abbia la più ricca tradizione che oltre al grano rosso cotto e alle ossa di morto, dei pupi di zucchero (statuine) a forma di pupi del folclore siciliano.
La Sicilia ha una encomiabile ricchezza di specialità dolciarie e di Cioccolato di dolci tipici e classiche, come la Frutta Martorana (Pasta Reale), la famosa Cassata e Cannoli siciliani che assieme ai biscotti di mandorla, volano verso gli Stati Uniti d’America e del mondo per la gioia dei siculi/italo/americani e non solo. Diverso è ovunque il modo di ricevere i doni che i morti portano ai bambini e ragazzi buoni e così, la notte precedente tra l’uno e il due di novembre, come da usanza tutti i ragazzi mettono le scarpe sotto il letto. Nei giorni che precedono la festa di Ognissanti e la “Festa dei morti”, è piacevole scoprire i paesetti che odorano di legno bruciato dai caminetti e forni. Sentire gli aromi dei dolci, un misto di odori e profumi di uva passa, di vino cotto, cannella, garofano, vaniglia fichi secchi, noci mandorle, carrube e melegrane. Le mamme in compagnie di parenti e amiche, impastano con le mani continuando nella tradizione a fare il pane, dolci tipici in casa per la festa e per la gioia dei familiari, parenti e dei propri defunti che verranno a donarli ai bambini e ragazzi il giorno della “Festa” riempiendo le scarpe lasciate sotto il letto come antica usanza siciliana.
Scoprire col clima dell’estate che ha ceduto la passione all’autunno e all’avvicinarsi di questi giorni di festa andando si va a passeggio alla ricerca di teatrini, chiese e tesori nascosti tra la grande folla intenta a curiosare nei vari mercatini rionali che in questo periodo sono affollati di gente che acquista i dolci della tradizione. Andare a curiosare tra i mercati rionali dei fiori per gli addobbi delle tombe e giocattoli (quando si tratta di bambini). La ricorrenza dei morti, ovunque diventa un’occasione anche per evadere e quest’anno è ancora più interessante in quanto un lungo ponte festivo da sfruttare in tutta tranquillità e onorare i morti con le proprie tradizioni abituali. Una volta, sulle tombe del Camposanto si portavano i lampioncini di ferro battuto nero con i vetrini chiusi per non spegnere il lumicino di cera acceso in caso di vento o di pioggia, ora da molti anni, sostituito dalla moderna lampada elettrica e i lampioncini sono spariti nell’oblio. In qualche Nazione dell’Est, in alcune abitazioni, è ancora in uso preparare l’altare dei morti (che servirebbe a favorire tale ritorno) che viene arricchito con immagini del defunto, una croce, un arco e incenso. Ciò in quanto il credo popolare pensi che durante tale giorno, lo spirito dei defunti venga a trovare i loro cari.
In un’altra Nazione, gli orfani vengono invitati a passare la giornata con una famiglia e al termine, vengono regalati dolci e giocattoli. La vita e la morte sono comunque, sempre inevitabilmente legate, ma servono a rappresentare il modo per continuare a mantenere forti i legami con i propri defunti. Durante la “Festa” dei morti è usanza fare la questua: In Sardegna oltre ad accendere un lumino nelle case, nel giorno dei morti il due novembre i bambini bussano alle porte delle case a chiedere “i morti, morti”, per ricevere in dono, dolciumi, caramelle, noci, castagne e a volte in mancanza di altro, ricevono soldi, come d’altronde avviene anche in altre regioni della nostra bella Italia. In questi giorni di spensieratezza, di festa mista alla preghiera di commemorazione per i defunti, personalmente, colgo l’occasione di porgere un caro saluto a tutti i miei familiari, parenti, agli amici vicini e lontani, giunga il mio pensiero amichevole pensiero di preghiera e solidarietà e come sempre, all’amico Saverio Merlino aggiungo: Vai avanti Saverio, non fermarti, perché chi si ferma è perduto, un abbraccio grande, grande!
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