Da Melbourne in linea Marcello D’Amico. La Campana

mdamicopiccola.jpgdi Marcello D’Amico

Carissimi amici, faccio questo lungo intervento a seguito quanto hanno scritto gli amici Daniele Corriere e Silvia Carbone, mi congratulo con loro per aver espresso le loro opinioni sulle precarie sutuazioni delle Isole Eolie. Ho ben poco da aggiungere su quello che hanno dettagliato, e Daniele mi ha veramente sorpreso, peccato che sia un interista. Ma in compenso abbiamo tanti pensieri che condividiamo.
Da quando sono ritornato la prima volta alle Eolie nel maggio 1997 fino alla mia ultima permanenza a Casajanca a settembre del 2009 debbo ammettere che nell’Isola di Lipari, ma questo discorso vale anche per le altre, ho visto pochissimo progresso in generale. Qualcosa e’ migliorata, altre peggiorate. E Daniele ha dipinto un quadro che riflette esattamente la situazione.  A parte una schiera di amici che hanno avuto ed hanno ancora una visione per il futuro, e lo hanno dimostrato con le loro azioni e visione,  il resto ha  vivacchiato d’inerzie.

Non sta a me che vivo a circa 15 mila chilometri di distanza suggerire quello che si deve fare, ma da eoliano puro debbo ammettere che se non si muove in tempo, e solo per il benessere di tutti, fra alcuni anni le Eolie, come attrazione turisitca, saranno solo un lontano ricordo. Sono sicuro che le soluzioni le conoscono tutti gli interessati, purtroppo non si lavora insieme e si vuole solo far prevalere le proprie opinioni, anche se delle volte si sa che queste sono sbagliate. Ma si appartiene a partiti politici e a correnti diversi, quindi e’ obbligo contestare il parere degli altri, anche quando le conseguenze sono veramente disastrose.
Mi auguro che un bel giorno anche alle Eolie avremo una vera unita’, e questo dopo 150 anni  dell’Unita’ d’Italia.
Comunque, voglio ricordarvi un evento che non potro’ mai dimenticare.
Ho allegato una foto scattata sul campanile di Ginostra nel 1953 mentre suonavo la campana, purtroppo oggi  campanile e campana sono scomparse, quella donata da Tonino Criscillo e’ inoperabile.

A quei tempi, e nei secoli che mi hanno preceduto, la campana era un simbolo non solo di fede ma anche di vita.
La campana non si suonava solamente per chiamare i fedeli in chiesa, ma era pure un servizio d’informazioni. A secondo i tocchi, proprio come una comunicazione Morse, i residenti  venivano  avvertiti che qualcuno del paese era morto- questo e’ successo poche volte nei miei tre anni di residenza a Ginostra, o un emigrante dell’ “America i cca” (Statu Uniti e Argentina) o dall’ “America i dda’ ” (Australia e Canada).  Se la campana suonava di notte allora gli abitanti  sapevano che il mare era molto mosso e si doveva scendere al Pertuso per tirar su’ le barche che correvano il rischio di essere distrutte. Ma questo succedeva pure di giorno, la campana scattava ufficialmente l’allarme. I piu’ forti scendevano allo scario per tirare col “lavuro” le barche dietro il muraglione di protezione nella parte alta della battigia, altri portavano le lampade a olio o a petrolio, e gli anziani pregavano in chiesa. Ricordiamo che a quel tempo non esisteva un sistema di illuminazione, solo lampade e lumi a petrolio e a olio e in caso d’emergenze le ginestre Anche se gia’ a quei tempi esistevano due fazioni, nei monenti di  emergenza si era uniti.
Ricordo vivamente un evento che conferma quello che ho gia’ scritto.

Una sera di primavera nel 1953 quattro ginostrani erano andati a pesca di calamari, naturalmente con la barca a remi. Stava per scendere la sera ed il mare all’improvviso comincio’ ad ingrossarsi. Intuendo il pericolo che si andava incontro i quattri marinai cominciaronio a remare verso il Pertuso, ma in pochi minuti le onde era gia’ alte ed un attracco nel piccolo porticciolo sarebbe stato impossibile. Comunque ci furono alcuni tentativi, ma alla fine la barca si sposto’ lontana abbastanza per non correre il rischio di essere sbattuta contro la scogliera o di finire contro ” u scuogghiu di voi marinu”. In poco tempo era gia’ buio pesto e non si vedeva piu’ la barca. Allora io sali’ sul campanile e cominciai a suonare la campana per avvertire tutti del paese che c’erano delle persone in pericolo. In poco tempo  le persone abili accorsero al cortile della chiesa, sembrava una processione religiosa di notte.
Il tocco della campana permetteva a coloro che erano in pericolo di perdere la vita di poter aver un’ approssimativa posizione della distanza dalla costiera di scogli, a  Ginostra non esiste un chicco di sabbia, solo massi mastodontici.
Con megafoni improvvisati, la campana e i “ruogni”, si riusci’ a capire che i quattro mariani avrebbero tentato lo scalo a Lazzaro, nonostante il buio e tutti i pericoli rappresentati dagli scogli. Visione zero, solo il rumore delle onde che s’infrangevano sugli scogli potevano dare un’indicazione  dove la barca si trovava.

I piu’ giovani, ma solo uno o due giovani e alcuni ragazzi, andarano a Lazzaro portandosi corde e altre attrezzature in caso di necessita’, ma ormai il mare era troppo pericoloso e azzardare un attracco fra gli sciogli in pieno buio e con il vento che aumentava continuamanete di forza, sarebbe stato un vero suicidio. Ma anche da Lazzaro, nonostante la tempesta, si sentivano i tocchi di campana, cosi’ almeno i marinai avevano sempre un punto di riferimento.
Per miracolo si riusci’ a capire che i quattro marinai dilettanti avrebbero tentato di salvare la pelle azzardando l’attracco a Punta Lena o addirittura  Stromboli, ma tutto dipendeva dalla forza del mare.
Erano gia’ le due di notte e quasi tutti ritornarono alla piazzetta, alcuni decisero di andare in chiesa e pregare. Furono ore di incredibile ansia e timore. Io a Mario i Cuono ci alternavamo a suonare la campana, non abbiamno lasciato il nostro posto di servizio tutta la notte ed il mattino. I piu’ coraggiosi rimasero a Punta Lazzaro. E cosi’, finalmente, verso le sette del mattino, si vide la sagoma di un uomo che saltava da soglio a scoglio mentre le pietre crollavano pericolosamante dallo sciarato ed le onde s’ingfrangevano sulla scogliera. Dopo circa due ore si ebbe la conferma che i quattro erano riusciti a toccare terra a Punta Lena e rifugiarsi in una capanna, costruita in caso di emergenza circa due secoli prima, che forse ancora oggi esiste. Questo dovrebbe servire a chi progetta un futuro alle Eolie, bisogna avere visione nel futuro.
Nel tardo pomeriggio gli altri tre riuscirono a ritornare allo scario del Pertuso fra gli applausi, lacrime e abbracci di tutti.

Dopo aver mangiato e bevuto un bel bicchiere di vino, i quattro pescatori dilettanti, ma con alcuni secchi di calamari ancora freschi, salirono la scalinata fino alla vecchia Piazzetta, e dopo aver baciato terra andarono in chiesa dove tutti li aspettavano. Poco dopo mio fratello Vincenzino, prima curato e poi parroco di San Vincenzo a Ginostra, comincio’ a celebrare la Santa Messa per ringraziare il santo patrono San Vincenzo Ferreri. Io lasciai il mio posto sul campanile per “servire la messa” mentre Mario ed il piccolo Gaetano Merlino continuavano a suonare la campana.
Finita la celebrazione della messa, grande festa nel “bagghiu da criesa”.
Ho voluto raccontare frettolosamente questo episodio per dimostrare come si viveva non solo a Ginostra ma in tutte le altre Isole. Credo che l’unico superstite di quelle quattro persone ancora vivente sia Tonino Criscillo, ex insegnante, ex rappresentante comunale, ex ufficiale postale, e soprattutto Ginostrese per eccellenza.
Molti di voi a Lipari lo ricordate quando abitava insieme alla moglie, la maestra Giovanna La Cava, a Marina Corta sopra il Gabbiano.
Purtroppo queste sono solo storie d’altri tempi, esattamente 58 anni orsono.

Da Melbourne in linea Marcello D’Amico. La Campanaultima modifica: 2011-03-03T08:33:08+01:00da leonedilipari
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