Da Milano in linea Paolo Arena

parena.jpgdi Paolo Arena


Siamo certi di dire cosa a molti sgradita e certamente di essere una voce isolata, ma dare il premio Nobel per la Pace al presidente degli Stati Uniti è come dare il premio di miglior vino dell’anno ad una bottiglia di acqua minerale. Anzi, è persino peggio. Posto che non si premiano le migliori intenzioni, ma i fatti, oggi gli Stati Uniti sono direttamente impegnati in guerra in almeno quattro Paesi: Iraq, Afghanistan, Pakistan e Somalia. Poi, ci sono tutti i Paesi in cui gli Usa inviano i loro “consiglieri” per sostenere parti in combattimento, e in cui militari Usa prendono parte attiva ai combattimenti, dalla Colombia alla Thailandia. 
Dall’anno della promulgazione della loro Costituzione gli Stati Uniti hanno tanti anni di pace quanti se ne possono contare sulle dita di due mani. Su 220 anni di esistenza, più di 200 li hanno passati combattendo in giro per il mondo. Portando cioé la guerra in casa di altri.
Questo non vuol dire che siamo “antiamericani”, semplicemente stiamo ai fatti. E i fatti questo dicono. Obama non è presidente di una associazione Scout, ma degli Stati Uniti d’America. Obama ha vinto il Nobel “per i suoi sforzi straordinari nel rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli”, dicono gli insigni elargitori del prestigioso e ricco premio. Forse, lo hanno asseganto ad Obama per aver ribattezzato la “War against terror” in “operazioni di emergenza di oltremare”.
Per il resto, non si è visto molto lavoro sulla Pace, da parte di Mister Obama. Speriamo che l’assegnazione del Nobel faccia sentire il Presidente dello Stato più guerrafondaio della storia recente del mondo il peso della responsabilità che porta sulle spalle. E che, lui che può, metta fine alla guerra e la bandisca per sempre dalla vita di ogni cittadino del mondo.
Teatri di guerra nei quali sono attualmente impegnati gli Stati Uniti

Iraq.  Il ritiro degli Usa dall’Iraq (che verrà completato entro la fine del 2011) non è motivato da ideali pacifisti, ma dalla decisione strategica di liberare risorse militari da quella che Obama ha definito la “guerra sbagliata”, per impiegarle sul fonte della “guerra giusta”, quella in Afghanistan.

Afghanistan.  Nonostante le dichiarazioni sulla ‘nuova strategia’, nei fatti Obama sta perseguendo un’escalation del conflitto raddoppiando il numero delle truppe Usa al fronte (da 32mila a 68mila in un anno, con il programma di arrivare a 100mila) e proseguendo i bombardamenti aerei che ogni giorno continuano a fare strage di civili afgani.

Pakistan.  Obama ha di fatto esteso l’intervento militare Usa in Afghanistan al Pakistan, intensificando notevolmente i raid missilistici condotti dai droni volanti della Cia sulle Aree Tribali (circa 70 da quando si è insediato, in cui sono morte decine e decine di civili) e costringendo il governo di Islamabad di sferrare massicce offensive militari nelle roccaforti talebane dello Swat (che ha causato una catastrofe umanitaria con milioni di sfollati) e presto in Waziristan.

Somalia.  Con Obama sono proseguiti i raid militari statunitensi in territorio somalo per eliminare esponenti di Al Qaeda e del gruppo locale di Al Sabaab: attacchi missilistici o blitz condotti da commando aviotrasportati (come quello dello scorso 14 settembre)

Filippine.  Le forze speciali statunitensi continuano a combattere a fianco delle truppe filippine impegnate nelle operazioni militari contro i gruppi armati integralisti islamici considerati legati ad Al Qaeda (Abu Sayyaf e Jemaah Islamiah) che operano nelle isole più meridionali dell’arcipelago filippino.

Altri conflitti.  Consiglieri e addestratori militari Usa continuano a operare su molti altri fronti di guerra: nel sud della Thailandia (contro i separatisti islamici di Pattani, anche loro accusati di legami con Al Qaeda), in Georgia (contro i separatisti osseti e abkhazi sostenuti dalla Russia), in Colombia (contro i guerriglieri delle Farc), in Niger, Mali e Tunuisa (contro le cellule locali di Al Qaeda nel Maghreb Islamico) e in Yemen (contro le milizie di Al Qaeda nella Penisola Araba dello sceicco Nasir al-Wahayshi).

Diplomazia.  Anche le iniziative diplomatiche di Obama non sono tutte ‘rose e fiori’. Basta pensare all’ostacolamento di un’inchiesta indipendente sui crimini di guerra commessi da Israele a Gaza durante l’operazione ‘Piombo Fuso’, alla provocatoria bufala della ‘nuova’ centrale nucleare iraniana di Qom (in realtà nota agli Usa fin dal 2006), alla farsa dell’ ‘abbandono’ dello scudo missilistico di Bush (in realtà solo rimodulato secondo criteri più moderni), fino al rinnovo dell’anacronistico embargo economico a Cuba.

Tratto da:  www.peacereport.it

Da Milano in linea Paolo Arenaultima modifica: 2009-10-10T17:19:26+02:00da leonedilipari
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