Da Roma in linea Natalino Natoli

nnatolipiccola.jpgdi Natalino Natoli

I Disturbi Ansiosi: fobie e attacchi di panico.

Proseguiamo il nostro interessante viaggio nel complesso fenomeno dell’ansia trattando due dei disturbi più diffusi su cui cercheremo di dare delle risposte chiare.

A lungo, i disturbi d’ansia sono stati considerati come delle forme di nevrosi, queste ultime concettualizzate principalmente da Sigmund Freud, venendo così inclusi in un insieme di disturbi eterogenei inestricabilmente connessi con la teoria psicanalitica, secondo la quale i vari tipi di nevrosi erano diagnosticamente accomunabili tra loro per il fatto che alla base di ciascuno vi era un problema di ansia rimossa.

Nel DSM IV – TR, le vecchie tipologie di nevrosi, troppo vaghe e confuse, vengono ridistribuite tra nuove e più precise categorie diagnostiche; fra queste, si annoverano i disturbi d’ansia. Il DSM elenca copertinanatalino.JPGsei categorie principali: fobie, disturbo di panico, disturbo d’ansia generalizzato, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico da stress e disturbo acuto da stress. È un’eventualità diffusa che un persona con un disturbo d’ansia possa manifestare anche sintomi facenti parte di un altro di questi: in tal caso, si parla di comorbilità, intendendo con questo termine la coesistenza di più disturbi . La comorbilità nell’ambito di problematiche ansiose è legata principalmente a due fattori: per prima cosa, i sintomi inclusi in tale categoria non sono specifici o reciprocamente escludentisi; ad esempio i segni somatici dell’ansia (tachicardia, difficoltà nella respirazione, tensione muscolare) sono comuni al disturbo d’ansia generalizzato, al disturbo post-traumatico da stress, a quello di panico. Inoltre, fattori alla base di un disturbo ansioso può essere in comune con un altro: ad esempio, la scarsa tolleranza agli stress sembra essere rilevante nell’origine sia delle fobie che del disturbo d’ansia generalizzato.

Vediamo ora nel dettaglio i singoli disturbi.

Ø      Fobie specifiche

La fobia può essere definita come un comportamento di evitamento legato alla paura di specifici oggetti o situazioni, tale da interferire significativamente con le normali attività dell’individuo. La condotta di evitamento tipica delle fobie, inoltre, è sproporzionata rispetto all’effettiva pericolosità di ciò che egli tende ad evitare: e l’individuo stesso ne riconosce l’irragionevolezza.

Le fobie specifiche, un tempo chiamate fobie semplici, costituiscono il disturbo d’ansia più comune. Sono paure fuori dall’ordinario, irrazionali, intense e persistenti nei confronti di oggetti o circostanze particolari; i sintomi, che insorgono in presenza dell’oggetto che scatena il terrore, sono comuni con altri disturbi ansiosi: sudorazione, tachicardia, difficoltà del respiro. Molte fobie possono essere tenute a bada semplicemente evitando l’oggetto in questione (chi ha il terrore di viaggiare in aereo può semplicemente rinunciare a viaggi in luoghi molto lontani), ma talvolta non è possibile evitare di imbattersi nella situazione o l’oggetto ansiogeno: ciò è spesso a monte di limitazioni così invalidanti da indurre l’individuo a rivolgersi ad uno specialista. Se, per esempio, una persona affetta da una estrema paura degli insetti vive in campagna, si troverà ad imbattersi molto spesso nell’oggetto delle sue paure. Talvolta insorge anche un’ansia anticipatoria alla sola idea di dover affrontare la causa dei propri terrori: al fobico, difatti, è sufficiente anche solo pensare di entrare in contatto con ciò che teme per manifestare le reazioni tipiche che potrebbe avere se fosse fisicamente di fronte all’oggetto della propria fobia. In alcune circostanze, l’ansia si farà così insostenibile da costringere la persona a limitare la propria vita sociale e lavorativa solo per evitare la situazione temuta.

Si può quindi immaginare quanto la fobia determini una sofferenza psicologica soggettiva e una menomazione del funzionamento sociale o lavorativo come tentativo di ridurre l’ansia o come sua conseguenza.

Il tasso di prevalenza di tali disturbi si aggira attorno al 7% negli uomini e al 16% nelle donne. Il contenuto delle fobie specifiche varia notevolmente da una cultura all’altra.

Ø      Fobie sociali

La fobia sociale, o disturbo d’ansia sociale, è una paura irrazionale e persistente, collegata alla presenza di altre persone.

A seconda del tipo di situazioni temute ed evitate, le fobie sociali possono essere di tipo specifico o generalizzato: nel primo caso, sono determinate situazioni che fanno scaturire il terrore nei fobici, ad esempio parlare in pubblico, mangiare davanti ad altri, sostenere un’interrogazione, anche solo fare la propria firma; chi ne soffre tenta di sottrarsi ad una particolare situazione in cui potrebbe essere oggetto di critica da parte di altri e venire deriso. Nel secondo caso, gli individui cercano di evitare il più possibile di relazionarsi con persone diverse da una ristrettissima cerchia di individui, in genere i familiari più stretti; il disturbo ha un esordio più precoce ed è spesso accompagnato da una maggiore tendenza alla depressione e all’abuso di alcool.

Oltre alla paura e alla tensione, chi è affetto da fobia sociale manifesta una serie di sintomi fisici: instabilità, rush del volto, tachicardia, tremori, vomito, diarrea.

Le fobie sociali sono piuttosto comuni, con un tasso di prevalenza nell’arco della vita pari all’11% negli uomini e al 15% nelle donne. Il loro esordio si riscontra spesso durante l’adolescenza, quando la consapevolezza sociale e l’interazione con gli altri rivestono un’estrema importanza nella vita della persona; talvolta, invece, emergono durante l’infanzia, venendo spesso erroneamente confuso per semplice e transitoria timidezza.

Come per le fobie specifiche, il contenuto delle fobie sociali varia in base alla cultura di appartenenza.

Le cause possono essere legate ad un basso livello di autostima, o un’ipersensibilità al rifiuto. Di solito, la maggior parte di questi pazienti è perfettamente in grado d’individuare la causa della propria ansia; preferiscono quindi evitare di comparire e di essere sottoposti a qualsiasi tipo di giudizio.

Ø      Il disturbo di panico

Il Disturbo da Attacchi di Panico o DAP è una sindrome caratterizzata da ripetuti episodi di ansia acuta e parossistica, appunto “panico”, che possono durare da pochi secondi a qualche minuto fino a mezz’ora. Senza alcun preavviso, il soggetto sperimenta, in modo completamente inaspettato, una traumatica e soverchiante sensazione di terrore, accompagnata ad allarmanti sintomi fisici come senso di soffocamento, vertigini, tremore, tachicardia, sudorazione; oltre a questi, la persona arriva a temere di perdere il controllo, di svenire o addirittura di poter morire o di impazzire da un momento all’altro. Considerati gli spiacevoli ed intensi sintomi sia psichici che fisici,  appare chiaro come gli attacchi di panico, che comunque in genere non si protraggono più di alcuni minuti, arrivino a provocare un notevole carico di angoscia per chi ne è afflitto.

Il Disturbo da Attacchi di Panico non solo è così disturbante nelle sue manifestazioni, ma è spesso associato anche alla cosiddetta ansia anticipatoria: il soggetto inizia a temere fortemente che si ripresenti un nuovo attacco di panico, e il solo pensiero che possa presentarsi genera in lui una forte ansia, tale da imporre forti limiti alle sue attività quotidiane, dal momento che la persona tende ad evitare tutte quelle situazioni nelle quali, in passato, si è già presentato un attacco di panico.

Inoltre, è possibile che l’individuo inizi a temere di trovarsi in situazioni particolari da cui poi sarebbe difficile allontanarsi in caso di un nuovo attacco di panico, o nelle quali sarebbe imbarazzante mostrarsi sofferenti: in questo caso, il DAP è associato ad agorafobia, dal momento che la persona evita tutte quelle situazioni all’aperto che sarebbero per lui fonte di disagio. D’altra parte, la paura di dover affrontare un nuovo attacco di panico induce il soggetto a cercare la vicinanza di parenti o amici la cui presenza è per lui rassicurante: ciò, chiaramente, limita in modo drastico la sua autonomia, arrivando ad inficiare progressivamente il livello di funzionamento sociale e lavorativo del soggetto, che spesso, consapevole delle proprie limitazioni,  arriva a sviluppare disturbi depressivi più o meno intensi.

Chi soffre di DAP tende inoltre ad essere particolarmente allertato da ogni minimo segnale somatico che esperisce: in particolare, sintomi di tipo neurovegetativo come sudorazione aumentata o tachicardia sono ritenuti, in genere erroneamente, come dei segnali del prossimo ripresentarsi di un attacco, mentre in realtà, il più delle volte sono sintomi collegati al continuo stato di allerta in cui si trova la persona.

In conclusione, il disturbo da attacchi di panico è una malattia fortemente disturbante nei sintomi e particolarmente limitante nel corollario di problematiche psicologiche che insorgono in maniera contingente, causando un’intensa sofferenza a chi ne è afflitto; per uscirne, è essenziale  rivolgersi ad un professionista esperto e, se necessario, integrare l’intervento psicoterapeutico con una terapia farmacologica. I due interventi il più delle volte devono viaggiare insieme.

Nei prossimi numeri tratteremo altri disturbi.

Da Roma in linea Natalino Natoliultima modifica: 2013-01-05T18:07:23+01:00da leonedilipari
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