Da Roma in linea Rosanna Fortuna e Natalino Natoli

rfortunapiccola.JPGnnatolipiccola.jpgdi Rosanna Fortuna e Natalino Natoli

Diventare genitori adottivi. L’adozione rappresenta un incontro tra due richieste: quella di una coppia che desidera un figlio (o un altro figlio) e quella di un bambino che ha bisogno di due genitori. I soggetti adottivi pertanto – genitori e figli – si incontrano in una realtà non biologica e naturale ma costruita, e solo dopo avvenimenti che hanno portato il minore ad essere lasciato ed abbandonato da chi lo ha generato. L’obiettivo dell’adozione è di garantire al bambino una crescita e uno sviluppo adeguato che può avvenire solo se inserito in una famiglia.

Diventare genitori non si esprime esclusivamente come un fatto biologico, ma sembra doversi realizzare soprattutto come evento mentale che inizia ancora prima della nascita, quando da parte dei genitori viene preparato per il figlio uno spazio psichico e affettivo che lo accolga come persona, nel rispetto della sua individualità. 

La scelta di ricorrere all’adozione sembra essere determinata da vari fattori, primo fra tutti l’aumento della sterilità delle coppie nella cultura occidentale in cui, per fattori sociali, si tende a rinviare la nascita del primo figlio in età più matura. La condizione di sterilità di molte coppie pertanto chiama in causa inevitabilmente un vuoto fisico, mentale e affettivo della gravidanza, che chiede di essere colmato. Il bambino adottato, che costituisce in un certo senso la riparazione della sterilità, rappresenta allo stesso momento la “prova” di tale incapacità procreativa e può essere vissuto, consciamente o inconsciamente, come sostituto di un figlio fantasticato e mai nato. E’ indispensabile quindi che i coniugi riescano a mentalizzare i propri vissuti dolorosi di frustrazione biologica in modo da focalizzare l’attenzione sui bisogni di accudimento del figlio, come essere reale, in evoluzione.  Tali aspetti, quando non sono elaborati, determinano aspettative eccessive e fantasie incongrue rispetto all’arrivo del bambino, nei confronti del quale la coppia adottiva può attribuire un inesistente potere magico riparatore e curativo delle ferite da loro provate. Il bambino nella realtà si presenta come unico e diverso da tutti i figli ideali che la coppia ha sognato e pertanto occorre da parte degli adulti accettare il piccolo per come è e diventare consapevoli che i sentimenti che si nutrono nei suoi confronti possono essere ambivalenti. La coppia dovrebbe mettersi in contatto con le proprie delusioni, non negarle se si vuole superare il lutto del bambino “sognato” ed accogliere il bambino reale. Questo processo di elaborazione che si snoda nel tempo è fondamentale per la coppia genitoriale e per la riuscita del processo adottivo.

La coppia che decide di adottare, che spesso proviene da una storia di complessi ed estenuanti tentativi di fecondazione assistita, è costretta ad affrontare un iter burocratico molto impegnativo, sia dal punto di vista psicologico sia per gli aspetti pratici. I futuri nuovi genitori si trovano sottoposti ad una forte e massiccia invasione da parte degli operatori (psicologi e assistenti sociali) che, con colloqui tesi a verificare l’idoneità ad adottare, vanno ad indagare la propria sfera privata e possono riaccendere aspetti legati alla rabbia, alla frustrazione e al dolore. Il conseguimento dell’idoneità ad adottare è però solo il primo passo; ne seguono l’attesa, le pratiche burocratiche, la disponibilità di tempo e denaro, la disponibilità a recarsi all’estero per periodi più o meno lunghi nel caso in cui si scelga l’adozione internazionale.  Sembra come se la capacità di resistenza della coppia sia messa a dura prova, così come il loro desiderio di adottare.

Il momento dell’abbinamento e del tanto atteso e desiderato incontro è inoltre reso difficile da un’estraneità reciproca, dettata da diversi stili di vita, abitudini, modi di vedere la realtà, esperienze e vissuti precedenti. Entrambe le parti hanno elaborato aspettative e timori nei confronti dell’altro: i genitori attraverso un’immagine di un bambino desiderato, fantasticato e idealizzato e il bambino attraverso un’immagine di adulto che è il frutto della sua esperienza legata ad un passato di separazione carico di vissuti di abbandono.

Si diventa genitori adottivi quindi attraverso un processo di crescita insieme al figlio che si è accolto. Se diventare genitori porta inevitabilmente ad affrontare compiti assai difficili che in diverse occasioni mettono in discussione tanti aspetti della propria vita, vivere una genitorialità adottiva presenta problematiche ancora più complesse e profonde.                       

Il compito evolutivo dei genitori si può sintetizzare come la costruzione di una continuità tra le generazioni senza negare le differenti origini.  Si tratta quindi di trovare un equilibrio tra due poli rischiosi: da una parte l’assimilazione al figlio biologico dove viene  negata la sua condizione particolare di figlio adottivo, dall’altra l’accentuazione della differenza che non riesce ad integrare il figlio adottivo nella storia familiare.

Per concludere ci siamo posti 3 domande a cui abbiamo cercato di dare una risposta.

– E’ giusto rivelare al bambino la sua condizione di figlio adottato, è meglio nasconderglielo o trovare un momento ideale quando è più grande?

Se i genitori si avvicinano al mondo dell’adozione in modo consapevole e accettano il figlio come non procreato da loro ma ugualmente proprio, non sarà un problema rivelare le sue reali origini. Al contrario, genitori che accettano l’adozione solo ad un livello razionale e non riescono a parlare al bambino in maniera spontanea della sua condizione, si pongono nell’attesa del momento ideale in cui avrà luogo la “rivelazione” o addirittura negano la necessità di farlo.

 E’ auspicabile che i genitori adottivi tengano informato il figlio da sempre sulla sua situazione, adeguandosi alle capacità di comprensione in base alla sua tappa di sviluppo. Questa modalità permette al bambino di crescere con la consapevolezza del suo modo di essere e della sua storia personale che gli permette di guardare l’adozione come evento naturale. Infatti, nei primi anni di vita, il pericolo del trauma della rivelazione è minore a causa dei profondi legami di dipendenza che si stabiliscono con i genitori e quindi il bambino non tende a volersi distaccare dal nucleo familiare adottivo. Al contrario, la notizia di un abbandono rivelato in età adolescenziale, che di per sé rappresenta un momento critico, può diventare pericolosa o addirittura distruttiva nel rapporto genitore-figlio.

– Quali sono i possibili comportamenti del bambino adottato?

Talvolta il primo contatto con il bambino, così come il primo periodo di vita insieme, può risultare sorprendentemente soddisfacente. Il bambino è calmo, ubbidiente, appare sereno anche se forse un po’ troppo controllato.  Sembra felice di essere stato accolto in una famiglia ma ha il timore di essere restituito e si conforma passivamente a ciò che i genitori si aspettano da lui.

Superata questa prima fase, quando sembra che si sia ambientato nella sua nuova casa e abbia stabilito un buon legame, il bambino può cominciare a sperimentare un periodo in cui mette alla prova i genitori con comportamenti regressivi, oppositivi e provocatori. E’ come se inconsapevolmente dicesse: “I miei genitori dicono che mi amano. Ma mi amerebbero lo stesso se comincio a comportarmi male e a creargli dei problemi?”. E così spesso i genitori adottivi si trovano a confrontarsi con problemi di relazione con il figlio, ritardo scolastico, instabilità emotiva, aggressività, ecc. Questi comportamenti problematici, se comunque affrontati e superati, non devono essere vissuti con un carico di angoscia perché rappresentano modalità adeguate di sviluppo per un bambino che ha dovuto affrontare in passato tematiche dolorose di separazione. Potenzialmente sono molto più pericolosi atteggiamenti persistenti di totale adesione alle richieste dei genitori, che camuffano e nascondono elementi depressivi, in quanto il bambino non si permette di mettere alla prova i propri genitori per il terrore di perdere la protezione, di subire una nuova dolorosa delusione e di conseguenza si adegua a loro in maniera passiva, rinunciando ad esprimere parti di sé.

– E’ meglio ostacolare o assecondare il desiderio del figlio adottivo che in adolescenza vuole andare a cercare i propri genitori naturali?

Esprimere il desiderio di allacciare i rapporti con i propri genitori che sapranno rispondere ad interrogativi importanti come i motivi dell’abbandono rappresenta una tappa fisiologica per gli adolescenti adottati. Alcuni genitori sperimentano un senso di fallimento personale rispetto a tale desiderio di ricerca delle origini. Per questo vivono in una condizione di competizione e contrapposizione con i genitori naturali che fa temere loro che alla fine siano questi i preferiti.  Anche se i rapporti del bambino con i suoi genitori naturali sono stati conflittuali e negativi, le figure parentali sebbene deficitarie rivestono un’importanza rilevante per il figlio perché rappresentano i suoi iniziali punti di riferimento per la costruzione della propria identità.

Da Roma in linea Rosanna Fortuna e Natalino Natoliultima modifica: 2013-07-07T08:21:28+02:00da leonedilipari
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