Eolie e la sindrome di Stoccolma

lchiofalo3.jpgdi Luca Chiofalo

A sentire la “vox populi”, la stragrande maggioranza dei cittadini Eoliani, è critica (eufemismo) rispetto all’operato di chi guida l’arcipelago; addirittura sono gli stessi amministratori a lamentarsi confusamente, in delirio da crisi d’identità, del “lavoro” dei loro colleghi e alleati, avallandone però, costretti da “forze ignote”, le scelte nefaste.

Soggiogati e sofferenti, questi paiono i sentimenti comuni, non riusciamo a ribellarci ai nostri “aguzzini”, quasi fossimo plagiati dal fascino malefico dei nostri “carnefici”. La spiegazione potrebbe essere scientifica: quando un prigioniero si invaghisce del suo carceriere, si dice affetto da sindrome di Stoccolma. Ma oltre questa suggestiva ipotesi, l’unica spiegazione alternativa resta quella che ciò che siamo, alla fine, è ciò che vogliamo essere. Aldilà del qualunquismo da bar, si dovrebbe dubitare della reale volontà degli Eoliani di voltare pagina.

 

Manca, infatti, il “fermento” del cambiamento: ci si è rassegnati allo stallo attuale e non si assiste alla nascita di movimenti politici o d’opinione in grado di predisporre un progetto forte e alternativo in argomenti e convinzioni. Il regresso che viviamo non è, esclusivamente, un problema legato alla qualità degli amministratori, ma scaturisce, più verosimilmente, da un deficit “culturale” dell’intera comunità. Siamo sì prigionieri, ma lo siamo della nostra ignavia, delle nostre divisioni, della nostra incapacità di fare “sistema” e di ritrovare l’orgoglio di comunità laboriosa e civile. La sindrome di Stoccolma potrebbe essere una buona scusa, ma più che di scuse per giustificarci, abbiamo bisogno di trovare la voglia e la forza di risollevarci…

 

Eolie e la sindrome di Stoccolmaultima modifica: 2011-06-28T18:52:00+02:00da leonedilipari
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