Le orecchie al vento, escono dai vicoli che qui spuntano quasi tutti davanti al mare. A volerla guardare così, sembra che se ne stiano lì a scutare l’orizzonte, come vedette dai merli del castello, come chi non teme ma neanche spera. He il mare ti porti qualcosa. Come chi guarda. E basta.
I cani di Lipari sono un popolo nel popolo. Comunità di liberi, dividono il territorio cogli umani in una quotidiana armonia che solo un luogo chiuso e, sotto certi aspetti, Angusto ti può suggerire.
Non so se questo abbia una risposta scientifica ma i cani di Lipari mi sembrano, non dico tutti uguali perché non è così, ma sicuramente tutti appartenenti a uno stesso ceppo che va addirittura oltre le razze. Sono tutti di media taglia, hanno in genere i musi affilati e una forma dela bocca che produce la sensazione di un sorriso vago e malinconico.
Un contrasto stupendo con tutto il resto delle cose che si possono vedere qui dove un tramonto è l’incendio di un pianeta della Cintura di Orione, dove un acquazzone è una procella inghiotti-galeoni dipinta da un pittore romantico inglese mentre snocciola come in un rosario, versi di Byron.
Qui tutto è maestoso e gli umani non sono ancora riusciti del tutto a corrompere tanta magnificenza, non ancora. Salire sui monti è come affacciarsi sulla soavità del mondo col vantaggio di perdersi il dettaglio delle perfidie, delle arroganze, delle miserie. Ma lo sapete che a Lipari ci sono i bosch? Lo sapete che c’è un santuari che si iscrive a pieno titolo nella breve lista dei luighi dove, se dici “ti amo”, è per sempre? E lo sapete che quando l’astronomia vuole regalarci un momento di armonia tra il tramonto del Sole e l’alba della Luna, ci fa assistere a un minuetto galante dove un cavaliere cerimonioso riempie di attenzioni una dama bellissima e riservata, poco incline alle luci fastose di un salone da ballo?