Lipari, in arrivo il film-documentario “Fughe e Approdi”

dgreco4.JPGdi Dimitri Greco

Giovedì 28 aprile alle ore 16.30 al palazzetto dei Congressi sarà proiettato il film-documetario “Fughe e Approdi”, di Giovanna Taviani, con la partecipazione straordinaria del liparoto Francesco D’Ambra, in arte “Figliodoro”, girato nell’Arcipelago delle Eolie.

Ospitato nella sezione Controcampo italiano all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, il film è distribuito da Cinecittà Luce.
Un viaggio su una tartana dalla vela rossa attraverso le isole Eolie, luoghi di espatri e emigrazioni tra Ottocento e bpasqua12.jpgNovecento, per raccontarne le fughe e gli approdi tra immaginario e realtà.  Traghettatore del viaggio è Franco “Figliodoro”, un ex pescatore originario di Lipari. È lo stesso traghettatore che nel film “Kaos”, del 1984, accompagnava, con la sua tartana dalla vela rossa, una madre e i suoi figli in esilio verso Malta, dove andavano a raggiungere il marito fuggito alla persecuzione dei Borboni. Lo stesso marinaio che, nella sequenza finale, invitava i bambini in fuga a fare sosta nella spiaggia delle sabbie bianche. Franco Figliodoro è il tramite tra la troupe e gli abitanti di Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli e Panarea. Da sempre le Isole Eolie sono state terre di fughe e di approdi. Di qui fuggivano i cavatori della pomice, per difendersi dal “male di pietra”, la silicosi.

tartanapiccola.jpgSe ne andavano gli isolani di Stromboli, Salina, Panarea e Vulcano, che emigravano per fuggire il fuoco dei loro vulcani o l’attacco della filossera sulle loro vigne, i loro capperi, il loro grano. E fuggivano i confinati politici racchiusi nel castello di Lipari, come Emilio Lussu e Carlo Rosselli che, una notte d’estate, misero in atto una delle fughe più beffarde contro il regime fascista. Ma furono anche, queste, isole di rifugio e di approdo. Qui tornavano i novelli sposi emigrati nel mondo per conoscere le giovani mogli sposate per procura. Vi approdavano i personaggi legati alle pieghe oscure della politica in Europa, che si nascondevano ai piedi dei vulcani per cercare un nuovo modo di vivere. E vi approdavano anche i grandi maestri del cinema, che qui misero piede per accendere le loro fantasie: Roberto Rossellini (“Stromboli. Terra di Dio”), Michelangelo Antonioni (“L’avventura”), i fratelli Taviani (“Kaos”), Dieterle (“Vulcano”), fino al Troisi di “Il postino” e al Moretti di “Caro diario”.

Nel documentario si ripercorrono quei film e quei luoghi attraverso le testimonianze della gente che partecipò alla guerra dei due vulcani tra Ingrid Bergman e Anna Magnani; che vide Monica Vitti e Lea Massari perdersi sullo scoglio di Lisca bianca; che aiutò Nitti e Rosselli a fuggire di notte dal porto di Marina Corta. Le storie vissute, gli esili, le partenze, gli arrivi e i ritorni, narrati direttamente dai testimoni delle isole, si confondono con le storie dei loro padri e dei loro nonni, ritratti a loro tempo nei grandi documentari di De Seta e della Panaria, che per primi misero piede su queste isole vulcaniche e ne narrarono il fascino e l’orrore. Di volta in volta le immagini del viaggio dissolvono nelle immagini dei film, in un unico impasto tra realtà e finzione, dove le storie reali anticipano le storie immaginarie e le storie immaginarie anticipano quelle reali.

NOTE DI REGIA
gtaviani.jpgLe isole Eolie fanno parte del mio vissuto e del mio immaginario. A 13 anni, sul set di un film a me familiare (Kaos), fui scelta per la parte di una ragazzina isolana, che, su una grande tartana dalla vela rossa, attraversava, con la madre e i fratellini più piccoli, le acque di Lipari per raggiungere il padre in esilio a Malta. Ad accompagnarci, un barcaiolo dell’isola, detto “Figliodoro”. In quel viaggio con la tartana rossa rivivevamo lo stesso cammino doloroso delle popolazioni costrette a lasciare le proprie case e i propri affetti per cercare fortuna altrove. A un certo punto, però, il barcaiolo ci proponeva una sosta alle spiagge bianche di Lipari, all’isolotto della pomice; e qui, all’improvviso, quel mare e quel cielo ci offrivano, inaspettato, l’incontro con la felicità. Eravamo bambini perseguitati, spaventati, in fuga; eppure scoprivamo che la pomice era soffice come un letto che protegge e il mare accudente ed amico.

Cullati dall’aria di Mozart, nelle nostre larghe vesti bianche, piombavamo giù dall’alto verso l’azzurro del mare. Così si chiudeva il film e così si chiudeva la nostra infanzia. Dopo più di venti anni ho ritrovato Figliodoro e gli ho chiesto di accompagnarmi in questo mio nuovo viaggio, con la stessa tartana dalla vela rossa. È lui il protagonista del documentario; una sorta di Virgilio delle isole; trait d’union tra il mio occhio e il vissuto degli abitanti, che mi raccontano le loro fughe e le loro disillusioni, spesso in sintonia con quelle dei film. “Personaggio” e, ad un tempo, narratore, è Figliodoro a condurmi dentro le cave di pomice, a mostrarmi il castello dei forzati dell’Ottocento e dei confinati antifascisti, a parlare con la gente del posto, raccontando le leggende che la nonna gli narrava da piccolo. Alle sue spalle, spesso di quinta, la macchina da presa lo segue nel viaggio, senza mai dimenticare gli altri viaggi e le altre storie che, prima di noi, i padri del cinema ci hanno raccontato: da Rossellini ad Antonioni, da De Seta ai ragazzi della Panaria, da Dieterle ai Taviani, che misero piede sulle isole vulcaniche per raccontarne il fascino e l’orrore. Sulla scia della memoria, i pensieri del narratore si fondono con i pensieri dell’autrice, anch’io, in fondo, “personaggio” e testimone delle storie dell’isola. Di volta in volta i volti del presente dissolvono nei volti del passato, gli scenari di oggi cedono il passo agli scenari di ieri, in un unico impasto tra realtà e finzione, dove le storie reali anticipano le storie immaginarie e le storie immaginarie anticipano quelle reali.

Ogni singola inquadratura acquista importanza nel montaggio delle immagini, dove si alterna la presa in diretta delle testimonianze alle immagini di repertorio dei film; i primi piani dei personaggi reali ai primi piani degli attori; le inquadrature del mare di oggi a quelle del mare di ieri. Il documento storico è stato la base della mia ricerca, ma soprattutto come punto di partenza per innestarvi sopra la mia fantasia. Le interviste ai singoli personaggi seguono questo doppio registro. Lontani dalla classica intervista del réportage tradizionale, i racconti dei testimoni accompagnano fuori campo i pensieri dei protagonisti dei film, di cui spesso, involontariamente, ricalcano le orme, e si fondono, attraverso una vera e propria messa in scena e un lavoro di montaggio, al concerto generale di voci. I testimoni sono essi stessi “personaggi”, sia quando essi siano stati, come nella maggior parte dei casi, comparse dei film del passato, sia quando abbiano rivissuto sulla propria pelle le storie di fughe e di abbandono narrate dai maestri del cinema. È questa confusione di amore tra immaginario e realtà, tra cinema e vita, che ho voluto raccontare; le mie “fughe” e i miei “approdi” da una riva all’altra. Il continuo ritorno, tra un capitolo e l’altro, alla vela rossa scossa dal vento e al nostro condottiero dai riccioli d’oro ha dato al viaggio un’accezione irrealistica e mi ha guidato nell’incontro con il paesaggio omerico delle Eolie, altro “personaggio” centrale del mio racconto. Faraglioni che si ergono sul mare, vulcani ancora accesi, grotte marine che, in certi momenti del giorno, fotografati nelle loro luci e loro nelle ombre, assumono suggestioni surreali.

PERSONAGGI
Figliodoro. Nato a Lipari 50 anni fa. Al momento della nascita fu rifiutato dalla madre, che aveva rischiato la morte durante il parto, e fu FIGLIODORO.jpgaffidato alla nonna, che lo chiamò: “il mio figlio d’oro”. Isolano dell’isola, Figliodoro vive tra la montagna, il mare e il centro di Lipari. Fa il pescatore, ma solo per sopravvivenza, perché, afferma, “i fondali non vanno svuotati”. Organizza gite in barca per turisti, è animatore culturale di eventi con i bambini dell’isola. Amato e rispettato dagli isolani, conosce tutte le storie delle isole, scoglio per scoglio, abitante per abitante. Coinvolto spesso in set cinematografici, tra i quali il film Kaos nel 1984, sulle spiagge bianche delle cave della pomice.

Giovanna Taviani. Protagonista della scena finale di Kaos e oggi documentarista. Conosce le Eolie da quando era piccola e ci torna tutti gli anni. Dal 2007 è direttrice artistica del “Salinadocfest, Festival del documentario narrativo”, organizzato con la promozione dei Comuni e degli Albergatori dell’isola. Sarà l’alter ego di Figliodoro nel viaggio che la riporterà nei luoghi della sua memoria personale e del grande patrimonio cinematografico dei Padri.

Adele Turchio. Nata a Lipari nel 1915. Il padre era un dirigente delle cave della pomice e fu licenziato dai fascisti per aver rifiutato di prendere la tessera. La famiglia emigrò in Sicilia per trovare lavoro nelle miniere di zolfo. Fino a 20 anni Adele ha vissuto in quello “scoglio maledetto”, come lo chiamava il padre, e oggi, a 94 anni, vi trascorre tutto il periodo estivo. Ha una bella casa davanti al castello dove venivano confinati i prigionieri politici. Ricorda alcuni di loro, come Nitti, Lussu e Rosselli, le case dove abitavano, il coprifuoco, la fuga. Era il 29 luglio 1929 quando un motoscafo arrivò e li portò via verso la libertà. Adele aveva solo 13 anni ma ricorda di averli visti passare, coperti di stracci, sotto la finestra della propria casa. Ama Lipari e le vecchie cave di pomice, dove anche lei, da bambina andava a fare il bagno.

Edoardo Bongiorno. Nato a Lipari, gestisce un eccentrico albergo al centro dell’isola. Il padre e il nonno furono personaggi noti nell’isola. Il EBONGIORNOPICCOLA.jpgnonno, Edoardo, insegnava nella banda musicale del paese ed ebbe un ruolo determinante nella fuga di Lussu e Rosselli: nascose le carte nautiche per la fuga dentro lo spartito musicale dell’Elisir d’amore. Il padre, Leonida, ex partigiano e segretario del PCI della sezione di Lipari, strinse una tenera amicizia con Edda Ciano, che, subito dopo la guerra, passò qualche tempo al confino nell’isola. Edoardo ricorda quella donna magra passeggiare con il padre lungo il corso, e ci legge alcune lettere segrete che il padre scrisse alla donna fino alla sua morte.

Maria Giuffrè. Nata a Salina, ha assistito alla scena della Magnani di fronte alla chiesa di Rinella. Ricorda ancora che alla fine tutte le donne presenti fecero un grande applauso all’interpretazione della diva. Ci racconta che qui le donne si sposavano per procura e andavano a conoscere i mariti lontano oltre l’oceano.

Caterina Conti. Nata a Vulcano, gestisce un albergo sulla spiaggia nera dell’isola. La storia di sua madre, Isabella, una delle donne più CATERINACONTI.jpgimportanti dell’isola, che sbarcò qui da Napoli per una spedizione scientifica, somiglia molto a quella della Bergman nel film di Rossellini: si innamorò di un giovane isolano e decise di rimanere a vivere qui. Quando arrivò a Vulcano nel 29 trovò una forte ostilità da parte della gente. Viveva fuori dagli schemi, aprì una scuola per bambini, aveva una mentalità aperta ed emancipata rispetto alle donne dell’isola. Caterina, come la madre, ha deciso di restare nell’isola e non l’ha mai abbandonata. Ne conosce tutta la storia e la mitologia, ricorda la teleferica sul cratere costruita dal padre e dal nonno per raccogliere lo zolfo.

Stefano Cincotta. Ex capo roll di Stromboli, pescatore. Portava tutti i giorni il caffè alla Bergman mentre girava le scene finali del film sulle pendici del vulcano. Un giorno lei gli baciò la pianta dei piedi ustionati e lo ringraziò. Anche lui, quando era giovane, fuggì nel vulcano. Era scappato da Ancona al tempo della guerra e a Milazzo, proprio davanti alle Eolie, aveva rubato una barca per tornare nella sua isola. Giunto a Stromboli aveva incontrato una ragazza sulla spiaggia che non sapeva nuotare e l’aveva portata su nel vulcano per la classica “fuitina”, ricorrente qui nelle isole. Ora vive con la moglie e scrive poesie sul vulcano, “Iddu”, come lui lo definisce. Conosce a memoria il film della Bergman, ma non lo ha mai visto in TV. Interpreta il finale in maniera fantasiosa: “il marito se la va a riprendere e la riporta giù tra le altre donne del paese”.

GIOVANNA TAVIANI
Ha debuttato come documentarista nel 2004 con il film-documentario I NOSTRI 30 ANNI: GENERAZIONI A CONFRONTO (G.B. Palumbo Editore e Nuvola Film), presentato al Torino Film Festival. Nel 2005 realizza il suo secondo film-documentario RITORNI (Nuvola Film in collaborazione con G.B. Palumbo Editore e Yenta Production), presentato alla Festa di Roma 2006, vincitore del Premio Speciale della Giuria al Potenza International Film Festival, Menzione speciale della Giuria al Premio Fondazione Libero Bizzarri. Saggista e studiosa di cinema e letteratura ha scritto diversi testi fra cui Parole contro parole. Crisi del linguaggio e vocazione al tragico nelle novelle di Pirandello (Università della Calabria, 1998); Michelstaedter (G.B. Palumbo Editore, 2002); Lo sguardo ubiquo. Al confine tra letteratura e cinema (G.B. Palumbo Editore 2006). Ha svolto attività accademica in diversi atenei italiani. Dal 1997 è nella redazione della rivista “Allegoria”, diretta da Romano Luperini. Ha curato testo e regia di documentari storico-didattici fra cui: Letteratura e cinema (G.B. Palumbo 1998); Il Neorealismo. Cinema e letteratura (Palumbo 1999); Il linguaggio cinematografico (G.B. Palumbo 2003). Direttrice e regista della collana di documentari a taglio interdisciplinare “Dal testo allo schermo”. Al confine tra letteratura e cinema (G.B. Palumbo Editore), nell’ambito della quale sono già disponibili “Visconti: La terra trema” (a cura di G. Taviani);”Il giallo: Un maledetto imbroglio” (a cura di A. Prudenzi); “Pasolini: Decameron” (a cura di G. Rondolino). Dal 2007 è ideatrice e direttrice del “SalinaDocFest-Festival del documentario narrativo” a Salina, Isole Eolie (www.salinadocfest.org).

Lipari, in arrivo il film-documentario “Fughe e Approdi”ultima modifica: 2011-04-19T09:39:00+02:00da leonedilipari
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