Politica&morale

ecarnevalea1.JPGCaro direttore,

In riferimento alle recenti notizie apprese sul Suo giornale online delle accuse rivolte al Presidente del Consiglio e della difesa d’ufficio conseguente, ricavo un esempio da una cronaca politico-giudiziaria Italiana, che può dare l’idea di come la scelta arbitraria delle parole possa manipolare la realtà, alterandola e rendendola irriconoscibile. Meno di un anno addietro, il 25/02/2010, le sezioni unite Penali della Corte di Cassazione, si sono occupate del caso di tale Mills, meglio noto come l’avv.to Mills. Questo signore, di nazionalità Inglese e di professione avvocato, esperto nella costituzione di società nei così detti paradisi fiscali era stato accusato di un delitto assai grave: corruzione in atti giudiziari in concorso con Berluscono Silvio. In concreto Mills, che per conto di Berlusconi aveva creato e gestito numerose società offshore del gruppo fininvest, era accusato di avere ripetutamente testimoniato il falso al fine di occultare le responsabilità dello stesso Berlusconi, ricevendone, in cambio, cospicue somme di denaro.

Il procedimento, iniziato, come è naturale, a carico del presunto corrotto e del presunto corruttore, si era scisso nell’Ottobre del 2008. Il Tribunale di Milano, infatti, aveva separato la posizione dell’imputato Berlusconi per trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale, affinché questa valutasse la legittimità del così detto lodo Alfano. Il lodo Alfano, che aveva disposto la sospensione dei procedimenti penali nei confronti delle alte cariche dello stato, è stato dichiarato incostituzionale, circa un anno dopo, per violazione del principio di uguaglianza dei cittadini innanzi alla legge. Per effetto di quella legge, il procedimento a carico di Berlusconi venne sospeso, mentre quello a carico dell’imputato Mills proseguì sino alla condanna da parte del tribunale, a quattro anni e sei mesi di reclusione. La Corte di Appello confermò la condanna. Le sezioni unite della Corte di Cassazione, in data 25/02/2010 confermava, in sentenza, la sussistenza del reato di corruzione, dichiarando, però, la prescrizione. Prima di proseguire, è bene chiarire sinteticamente due concetti. Nei libri di diritto penale, la corruzione si definisce reato pluri soggettivo, aconcorso necessario.

1) Perché sussista dunque il reato di corruzione è necessario che ci siano almeno due responsabili, il corrotto Mills ed il corruttore Berlusconi.

2) La prescrizione è una causa di estinzione dei reati  collegata al trascorrere del tempo. La ragione di questo istituto giuridico, è emerso il venir meno dell’interesse dello Stato a punire la relativa condotta.

La sentenza che dichiara estinto un reato per prescrizione, ha come premessa logica e giuridica la sussistenza del reato stesso ed è cosa ben diversa da una sentenza di assoluzione. Riporto la testuale motivazione della la sentenza delle sezioni unite: “al riguardo deve osservarsi che, alla stregua delle valutazioni dianzi effettuate risulta verificata la sussistenza del reato di corruzione in atti giudiziari”. Il che significa che Milss è stato certamente corrotto, essendo stata provata per conseguenze necessarie la sussistenza tanto di un corrotto tanto di un corruttore, ne consegue che l’imputato Berlusconi, dovrà, ma non lo farà, “presentarsi in Tribunale per discolparsi”. I media, il Giornale e TG 1, per conclamata ignoranza, non stabiliscono che assoluzione e prescrizione sono due cose diverse, facendo apparire che Berlusconi è innocente. Sul punto trattato, desidererei possibilmente conoscere le opinioni di chi legge e di chi si occupa, forse per amicizia  e gratuitamente, della difesa d’ufficio di Berlusconi Silvio. Cordiali saluti

Avvocato Emanuele Carnevale

Politica&moraleultima modifica: 2011-02-07T12:01:44+01:00da leonedilipari
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Politica&Morale

bspinella2.JPGGentile direttore,

non vorrei sollevare un vespaio, ma ho letto con interesse gli interventi su Etica e Politica. Mi scuserà se sarò un po’ pedante nel discettare sul significato intrinseco delle due parole, ma mi sembra importante per inquadrare i fatti che si sottendono e credo sia importante meditare sul loro significato.

Etica: L’etica (dal greco antico εθος (o ήθος)[1], èthos, “carattere”, “comportamento”, “costume”, “consuetudine”) è quella branca della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontico ovvero distinguerli in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati.
E’ consuetudine differenziare i termini ‘etica’ e ‘morale’. Il motivo è che, sebbene essi spesso siano usati come sinonimi, si preferisce l’uso del termine ‘morale’ per indicare l’assieme di valori, norme e costumi di un individuo o di un determinato gruppo umano. Si preferisce riservare la parola ‘etica’ per riferirsi all’intento razionale (cioè filosofico) di fondare la morale intesa come disciplina.

Politica è il ramo della filosofia pratica che tende a stabilire la teoria dello stato; arte, dottrina o scienza del governo che ha come fine l’organizzazione e l’amministrazione della vita pubblica e l’esrcizio dei pubblici poteri.
Numerosi filosofi si sono occupati dell’argomento: da Platone che utopisticamente la concepiva come fondazione dello stato ideale, a Macchiavelli, con l’osservazione spregiuicata del comportamente umano rivolto all’acquisto e alla conservazione del potere, indipendentemente da ogni considerazione di ordine morale, fino a Montesquieu e poi ad Hegel che postulò la dottrina della divisione dei poteri e considera superata l’antitesi fra la ragion di stato e la morale.
Ed ancora una definizione del Fedele ci spiega che si tratta di Accortezza, prudenza, astuzia (talvolta unita a eccessivo opportunismo e spregiudicatezza) intuitiva capacità di volgere a proprio vantaggio situazioni difficili e complesse, di evitare pericoli, di raggiungere determinati scopi; abilità di barcamenarsi nella vita e nei rapporti umani, che comporta una certa capacità di simulazione e dissimulazione per non offendere altri o per compiacere persone autorevoli o con le quali si ha un rapporto di amicizia.
Esiste inoltre La filosofia politica che è lo studio delle attività dell’uomo legate a tutto ciò che riguarda gli affari dello Stato. Questa disciplina si occupa, soprattutto, della politica intesa come “l’insieme di mezzi che permettono di ottenere gli effetti voluti”: era così per Aristotele, il quale, nel suo trattato (Politica) oltre a definire le funzioni dello Stato e le sue forme di governo, formula ipotesi per realizzare il buon governo della città.

Un problema fondamentale affrontato dalla filosofia politica è la differenza tra l’agire politico e l’agire in modo moralmente giusto. L’azione umana riconosciuta moralmente giusta non corrisponde necessariamente ad un’azione politicamente valida; e viceversa. Questo perché il modo di agire della politica si materializza nell’uso del potere, mentre l’azione moralmente valida si realizza facendo riferimento ad un sentire comune che si basa su principi riconosciuti moralmente giusti dalla comunità. Parlando e accusando a vanvera si rischia di cadere in un qualunquismo concettuale che non porta da nessuna parte se non parlare alla pancia del lettore, ma è la sua razionalità che deve essere stimolata per capire e giudicare i fatti oggettivi. Ed in questa triste storia dell” albertosordi della Brianza” come lo definisce  Curzio Maltese in un recente articolo ci sono oggettività lapalissiane. La storia tracciata dai magistrati con le intercettazioni darà la sua sentenza giuridica, ma resta il fatto che gli avvenimenti fanno pensare e dubitare della normalità del presidente del consiglio. Certamente non è etico avere atteggiamenti da vecchio satiro a caccia di ninfette e non è politico scendere in politica solo se si vogliono difendere i propri interessi
sull’orlo del fallimento (dichiarazioni di Confalonieri), come non è politico, tra le altre cose,  approfittare del proprio ruolo per rilasciare escort o far riaccompagnare a casa le ninfette dalle scorte della polizia. Un uomo pubblico (presidente del consiglio) resta tale anche nella sua vita privata e solo gli ipocriti possono difendere una tesi contraria dal momento che nella sua scesa in campo, alcuni anni fa, è stato lo stesso presidente del Consiglio a metterla in primo piano bersagliando milioni di italiani con le immagini della sua famiglia
perfetta con un libro che celebrava la sua vita e quella dei suoi familiari. Grazie per l’ospitalità cordialmente

Bartolomeo Spinella

Politica&Moraleultima modifica: 2011-01-30T13:10:26+01:00da leonedilipari
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Politica&Morale

AZIINO1.JPGEgregio direttore,

mi riferisco alla nota a firma del signor Luca Chiofalo, apparsa ieri sul Suo giornale online. La difesa del Re è una facoltà concessa al cittadino, ma nel caso in specie, la vicenda detta “Rubygate”, non è questo il punto. La civiltà di un popolo, e di un individuo, si misura innanzi tutto dal rispetto convinto delle regole che il popolo o l’individuo ha, e rammento al signor Chiofalo che la Costituzione della Repubblica italiana all’articolo 27 stabilisce che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”.

Ancora, il signor Chiofalo afferma che il cittadino ha interesse all’accertamento della veritò. Giusto, ma la verità è quella che viene accertata in Tribunale, in Corte d’Appello ed in Corte Cassazione. Non è quella che appare dalle accuse mosse dai procuratori o sostituti procuratori della Repubblica i cui errori sono assai piu’ frequenti di quanto non si voglia credere. Ed interesse all’accertamento della verità ha anche l’indagato o l’imputato il quale ha diritto che detta verità accerti quello che la Costituzione all’articolo 25, definisce “il giudice naturale precostituito per legge”. Che il Presidente Silvio Berlusconi chieda che a giudicarlo sia appunto detto giudice naturale non è “un cavillo”, come afferma il signor Chiofalo, ma la richiesta del rispetto di regole costituzionali.

Quanto ad intercettazioni, deposizioni e riscontri, come tali indicati dal signor Chiofalo (che presumo abbia letto per intero il fascicolo processuale relativo alla vicenda), rammento che essi si riferiscono a fatti da verificare, e da verificare appunto da parte dei Tribunali, Corti d’Appello e di Cassazione, accaduti all’interno di una residenza privata e che detti fatti non avrebbero dovuto essere portati a conoscenza di terzi (Costituzione della Repubblica, articolo 14, “il domicilio è inviolabile”; articolo 15, “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”). Che il presidente Silvio Berlusconi abbia costumi poco condivisbili o no, resta il fatto che essi sono stati portati a pubblica conoscenza in dispregio delle norme costituzionali indicate. Lo scandalo è questo, non quello che all’interno della propria abitazione faccia o per telefono dica.

Da ultimo. A rigor di logica, di un pubblico amministratore, o di un cosi’ detto politico, onesto e trasparente, ma incapace, non saprei proprio cosa farne. L’amministratore o il politico vanno giudicati dal loro operato e dalla loro storia. Se il signor Chiofalo vorrà capire, comprenderà che non si tratta della difesa ad oltranza del Re, ma della difesa ad oltranza di diritti costituzionali che si vorrebbe violare. E comprenderà anche che, se si parla di amministrazione o di politica, si parla appunto di amministrazione o di politica, non di usi e costumi personali. Con i migliori saluti.

Avvocato Alfio Ziino

Politica&Moraleultima modifica: 2011-01-29T17:37:59+01:00da leonedilipari
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Politica&morale

lchiofalo3.jpgdi Luca Chiofalo

Sembra incredibile, ma c’è ancora qualcuno che nega l’evidenza… Migliaia di pagine di intercettazioni, dolorose ammissioni di congiunti, deposizioni e riscontri su abitudini a dir poco bizzarre ed in contrasto con i valori di cui si dichiara portatore non bastano: il RE non si tocca. Sento persone comuni sostenere, come consumati avvocati, l’incompetenza delle procure a giudicarLo; che sarebbe perseguitato da giudici comunisti e che tutti i recenti e passati scandali che Lo hanno riguardato sono diaboliche macchinazioni dei Suoi nemici…. L’Italia intera discute dell’ammissibilità in giudizio delle cosiddette “prove”, cioè discutere della “forma” piuttosto che della “sostanza”; e se questo è comprensibile da parte degli avvocati del Re e della sua corte che rischia di scomparire con Lui, non comprendo le motivazioni di tanta gente “perbene” che si lancia in una Sua difesa appassionata e allo stesso tempo ridicola. Mi sforzo di capire: uno dei motivi potrebbe essere un malinteso sentimento di appartenenza politica, che costringe chi ne è affetto a difendere la propria parte anche se compie nefandezze, calpestando ogni criterio di buon senso e onestà intellettuale. Ancora, esiste in molti una sorta di identificazione culturale, un desiderio di emulazione rispetto a certe, discusse e discutibili abitudini del Re; ma non vale per tutti i fans e, comunque, pretendere che diventino modello tacitamente accettato da tutti è troppo arduo ed elettoralmente svantaggioso.

Dunque, per semplicità ed efficacia, negare l’evidenza, come fossimo collettivamente “drogati” e farlo con argomenti tanto surreali da impedire un confronto razionale, alzando, per esempio, “polveroni” su vicende marginali di altri, che avvelenano ulteriolmente il clima politico al solo scopo di distrarre l’opinione pubblica. Riflettiamo e cerchiamo di uscire dal ruolo di ultras non pensanti!  Io sostengo (follemente visti i tempi) che ad un cittadino libero e assennato non dovrebbe interessare il “colore” del soggetto sotto inchiesta, per difenderlo a prescindere se è dei “nostri” o attaccarlo a prescindere se appartiene al “nemico”, ma, per giustizia e collettivo vantaggio, dovrebbe curarsi dell’accertamento della verità. Al cittadino suddetto, non dovrebbe interessare la “competenza” di una procura, ma la veridicità della “prova”, ammissibile o no, che, in questo caso, sembra scoprire un mondo di bugie, degrado morale e ricatti. Ecco il punto! Merita di rappresentare l’Italia chi forse mente al paese sapendo di mentire, nascondendo verità forse inconfessabili e rifugiandosi dietro ipotetici complotti e cavilli giuridici invece di chiarire nelle sedi opportune la propria posizione? Può ricoprire cariche tanto importanti chi è disposto irresponsabilmente a distruggere le istituzioni e lacerare il paese per salvare se stesso? Credo di no, e pur non essendo personalmente interessato alle faccende dei tribunali e alle relative, potenziali condanne, pretendo da chi guida il Mio paese specchiata onestà e trasparenza nei comportamenti. Per chiarezza, questo Re senza “nobiltà” era, è e sempre sarà semplicemente inadeguato per governare l’Italia. E’ di una sana coscienza civica che il paese ha bisogno, e questa si nutre di comportamenti virtuosi e di esempi edificanti; se difendiamo acriticamente atteggiamenti contrari, soprattutto da parte del Re, smettiamo di essere cittadini responsabili e diventiamo sudditi, la cui storia si lega inscindibilmente a quella del Sovrano… meditate gente, meditate… 

Politica&moraleultima modifica: 2011-01-28T16:39:00+01:00da leonedilipari
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Politica&morale

AZIINO1.JPGEgregio direttore,

sono giorni, questi, in cui non si fa altro che parlare di “morale” nello svolgimento della attività politica, ciascuno interpretando a modo proprio detta morale. Per un cattolico di stretta osservanza non è certo “morale” la convivenza more uxorio degli onorevoli Gianfranco Fini o Pierferdinando Casini che pure al mondo dei cattolici appartengono. Si scandalizzano di una asserita, sfrenata, libertà sessuale coloro che di detta libertà sono stati paladini intransigenti. Si stracciano le vesti coloro che denunziano la propensione a prostituirsi in vista di possibili futuri benefici, salvo poi ad invocare per le prostitute il massimo rispetto. Urlano allo scandalo, dopo aver guardato dal buco della serratura, coloro che, del diritto alla privacy, hanno fatto la propria bandiera. E cosi’ via dicendo. Non è storia antica, ma frutto della mera incapacità di fare politica. Nella assenza di idee, di programmi credibili, di proposte concrete che coinvolgono i cittadini, altro non resta che la denunzia ad personam per fatti che, con l’attività politica, nulla hanno da vedere. Nella antica Roma era detto comune che non solo Cesare, ma anche la di lui moglie dovesse essere al di sopra di ogni sospetto, ma non ci si riferiva certo alle attività svolte nel poprio o nell’altrui talamo, luoghi entrambi tanto frequentati dalle matrone romane da indurre il Senato al varo di una apposita restrittiva legge (immediatamente aggirata con la volontaria iscrizione delle stesse matrone negli elenchi delle pubbliche prostitute). Oggi nel vuoto celebrale, non resta che creare il mostro, offrendo cosi’, al proprio pubblico ed ai propri clientes, un obiettivo, il dagli all’untore. Che Santa Madre Chiesa invochi rigore e morale non può destare alcuna meraviglia, assolvendo essa al proprio consueto compito. In questo settore la Chiesa è parte, ed ha titoli per detta parte affermare senza tema di smentita. Quel che invece riesce inaccettabile è che, in tema di morale in senso lato, di libertà, di democrazia, dia giudizi ex cattedra chi a tali giudizi non è titolato vuoi per la propria formazione culturale, vuoi, sopra tutto, per i propri trascorsi. E, volutamente, cito chi al vertice della graduatoria delle istituzioni si trova.

L’Italia è uno strano Paese. Ha combattuto, ed ha Vinto, battaglie politiche e civili durissime per opporsi al comunismo, ottenendo dalla storia il riconoscimento della propria intelligenza, eppure si ritrova oggi con un Presidente della Repubblica “comunista”, tale non piu’ di tessera, ma di formazione culturale e di trascorsi mai ripudiati. Il Presidente della Repubblica è, appunto, il Presidente della Repubblica, e nel corretto svolgimento delle attribuzioni e funzioni allo stesso delegato dall’art. 87 della Costituzione nulla è allo stesso opponibile. Ma per quel che attiene le di lui “esternazioni” sui tempi piu’ disparati è fatta salva la facoltà di contestazione non solo o non tanto sulla forma, ma soprattutto sul merito. Il Senatore a vita Giorgio Napolitano è recentemente intervenuto pressocchè su tutto. Dalla affermazione del valore insopprimibile della cultura al diritto alla rappresentanza sindacale; dal rispetto dei diritti alla salvaguardia della sovranità popolare. E cosi’ via. Però… Dal 1969 al 1975 il senatore Giorgio Napolitano (membro del Comitato Centrale del Pci dal 1956 e poi, della direzione nazionale dello stesso) è stato il responsabile della politica ulturale del partito. Nel 1970 lo scrittore dissidente sovietico Alexander Solzhenitsyn, di fatto agli arresti, ottenne il Nobel per la letteratura, venendo poi espulso dall’Urss nel 1974. Non rusulta che il Senatore Napolitano abbia, nella circostanza, speso una parola in difesa della cultura. Nel dicembre del 1981 Lech Walessa, segretario di Solidamosc, il sindacato dei lavoratori polacchi che già contava nove milioni di iscritti, venne arrestato in base alla legge marziale emanata dal generale Jaruzelski e quindi rilasciato sotto libertà vigilata nel novembre del 1982. Anche in questo caso non risulta che il senatore Napoletano abbia detto alcunchè sulla libertà e sulla rappresentanza sindacale.

IL 1956 fu l’anno della rivolta d’Ungheria. Il senatore Napolitano approvò la condanna degli insorti definiti dal Pci “teppisti” e “spregevoli provocatori”, elogiando egli personalmente l’intervento militare sovietico – che la rivolta represse con migliaia e migliaia di morti – dichiarando che detto intervento aveva contribuito “alla pace nel mondo”. Piu’ prudente, nel senso che nulla disse adeguandosi pienamente alle posizioni del partito, lo fu nel 1968, l’anno della cosi’ detta “Primavera di Praga”, anche essa repressa nel sangue dai militari sovietici. Del massacro di due milioni di cambogiani operato dal maxista Pol Pot dal 1975 al 1979 non è noto alcun pubblico commento del senatore Giorgio Napolitano, evidentemente non curandosi egli, all’epoca, di diritti umani e di sovranità popolare. Il perchè delle presenti note è presto detto. Azioni od omissioni, in politica costituiscono l’unico metro di valutazione della politica stessa e i silenzi del senatore Napolitano hanno una valenza di gran lunga superiore a quell’andar per donne di cui tanto per adesso si ciancia. Eppure del Presidente della Repubblica prendiamo per buono quel che si dice e non quel che ha fatto o fa, riportandoci cosi’ all’invito di S.Giovanni Bosco: appunto, “fate quel che dico e non quel che faccio”. Perchè al Presidente del Consiglio, fatte salve le valutazioni “morali” che ciascuno è libero di fare a che con la politica nulla hanno a che vedere, non può applicarsi la stessa considerazione e, soprattutto, lo stesso metro di valutazione, quello politico appunto? E nel confronto tra i due, personalmente, non ho dubbi su chi prevalga, quanto meno per il praticato, con successo, anticomunismo, fermo restando che il bilancio della vita di ciascuno di noi è dato dalla somma algebrica del bene  e del male compiuti.

Avvocato Alfio Ziino    

Politica&moraleultima modifica: 2011-01-26T17:37:00+01:00da leonedilipari
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