Rassegna Stampa. “Corriere.it” e le Eolie

A VENT’ANNI DALLA NASCITA. Impronte, balistica, esami del Dna:
ecco come si lavora al Ris di Messina. Il comandante Schiavone:«Il delitto perfetto? Purtroppo
è possibile, nonostante l’accuratezza dei nostri esami»

Esami balistici (ph. Villari)

di Gianluca Rossellini

Sono riusciti ad arrestare il colpevole di un omicidio analizzando il sangue di una zanzara. Grazie a loro sono stati scoperti delitti come quello del mostro di Cassibile, l’assassino di un’anziana a Lipari, una strage familiare a Catanzaro o i fiancheggiatori del boss Gerlandino Messina. Sono i Ris di Messina, investigatori con il camice bianco: più scienziati che carabinieri.

CITTADINANZA ONORARIA – Quest’anno verrà conferita loro la cittadinanza onoraria della città dello Stretto, anche perché da vent’anni, un successo dopo l’altro, sono stati fondamentali nello smascherare delitti di ogni tipo. Dal ’92, anno dell’apertura di un «sottocentro» con pochi militari, ora sono diventati un reparto a sé con 70 dipendenti, uno dei quattro Ris presenti in Italia. Hanno competenza su tutta la Sicilia e la Calabria e devono indagare in media ogni anno su 150 delitti. Proprio per la mole di lavoro e per le nuove tecnologie utilizzate si sono ingranditi, e dovranno trasferirsi presto in un’altra sede. Il maggiore Sergio Schiavone, comandate del Ris di Messina, si dice molto felice di ricevere la cittadinanza onoraria. «Crediamo – afferma – ci venga data sia per il nostro impegno durante le alluvioni del 2009 e del 2011 a Messina, ma anche perché grazie ai tanti casi risolti in 20 anni dal Reparto Investigazioni Scientifiche il nome della città è stato citato molte volte nella cronaca nazionale. Siamo anche molto orgogliosi che dal 2004 il reparto sia stato intitolato ad Alfio Ragazzi, un militare di Messina morto a Nassiriya».

I CASI PIU’ FAMOSI – «Tra i casi più importanti che abbiamo scoperto – prosegue Schiavone – c’è certamente quello di Lipari, quando lo scorso Natale un’anziana è stata uccisa. Dopo aver trovato delle prove determinanti grazie all’esame del Dna siamo riusciti a risalire all’identità dell’assassino nel giro di una settimana. Abbiamo risolto recentemente anche l’omicidio a Montallegro, in provincia di Agrigento, dove è stata uccisa la signora De Rossi, una romana di 65 anni. È stata colpita con un vaso di vetro che non è stato trovato, ma abbiamo individuato un frammento di Dna su un pezzo di carta assorbente dove c’era il profilo del vicino di casa. Importante è stato anche il nostro intervento a Caraffa (Catanzaro) nel 2003 per la strage della famiglia Pane uccisa a colpi di pistola da un parente per motivi economici. Lo abbiamo incastrato grazie a degli esami balistici, gli stessi utilizzati per scoprire il mostro di Cassibile, vicino Ragusa. L’uomo aveva ucciso otto persone utilizzando un’arma che non è stata mai ritrovata. Sono però state trovate due cartucce incamerate nell’arma e mai utilizzate e con un esame balistico complicato siamo riusciti a dimostrare che in tutti gli omicidi era stata utilizzata la stessa pistola e abbiamo quindi indirizzato gli inquirenti su una pista precisa. Altra indagine risolta positivamente con il Dna è stata quella nel 2006 dell’omicidio della studentessa Roberta Riina a Partinico. Infine, recentemente abbiamo scoperto, con il Dna preso dalle unghie di una donna uccisa a San Calogero nel vibonese, il quarto componente di un commando che l’ha assalita, rapinata e uccisa mettendole un panno di stoffa sulla bocca per non farla gridare. Abbiamo poi scoperto nel il covo del boss Gerlandino Messina tracce dei suoi fiancheggiatori e stiamo ancora indagando sulla scomparsa di Denis Pipitone, su un omicidio a Lamezia e un altro a Spadafora nel messinese». Tra i casi più originali risolti dal Ris di Messina c’è quello di circa 15 anni fa in provincia di Ragusa, dove grazie all’esame del sangue di una zanzara schiacciata sul muro di casa dell’assassino si scoprì il Dna della vittima, un transessuale. L’omicida, un uomo molto conosciuto nel Sud della Sicilia, diceva di non aver mai conosciuto il transessuale, ma è stato scoperto perché prima di essere uccisa la zanzara succhiò il sangue alla vittima dimostrando così che erano stati insieme la notte dell’omicidio. Altro episodio particolare è l’assassinio avvenuto a Mirabella Imbaccari, nel catanese nel 2006. L’assassino aveva ucciso una donna tentando di bruciarla e portando poi via il cadavere. Il Ris però ha individuato tracce della vittima grazie all’esame del Dna e le impronte dell’assassino in una bottiglia di alcol.

I «COLD CASE» – Il reparto investigazioni di Messina è stato coinvolto anche nei cosiddetti «cold case», o casi freddi. Tra questi, uno che ha suscitato molto scalpore è stato il ritrovamento di resti di cadaveri, vittime di lupara bianca nel messinese negli anni ’80 da parte del clan barcellonesi. Il Ris dopo che un pentito di mafia ha indicato dove si trovavano i corpi, attraverso l’esame del Dna dalle ossa è risalito all’identità dei morti. Interessante anche il coinvolgimento in casi storici. «Qualche anno fa – spiega Schiavone – il sindaco di Pizzo Calabro ci chiamo perché voleva fare un monumento funebre a Gioacchino Murat e alla moglie, la sorella di Napoleone Bonaparte. L’idea nacque perché fonti storiche spiegavano che Murat fu arrestato e fucilato dai Borboni dopo l’affondamento della sua nave nel 1815 a Pizzo Calabro. Il primo cittadino ci ha chiesto di trovare le ossa di Murat in mezzo alle altre conservate nella cripta di una chiesa e noi eravamo pronti a identificarle attraverso un geo radar. Ma poi il sindaco è stato sfiduciato e non abbiamo potuto completare il progetto che speriamo, però, di poter riprendere presto. Un’altra indagine storica che non abbiamo potuto completare era quella che dovevamo effettuare per dimostrare che il Dna dei messinesi era mutato dopo il terremoto del 1908. L’indagine era iniziata da uno studio effettuato dai ricercatori responsabili della più grande banca di cordoni ombelicale d’Europa che è a Sciacca. Erano infatti, riusciti raccogliere molto materiale biologico per acquisire cellule embrionali identificando il profilo genetico per varie malattie. Nella ricerca evidenziavano questa mutazione del Dna dei messinesi che per i ricercatori di Sciacca poteva essere dovuta al terremoto del 1908 perché durante il sisma si liberò un gas radioattivo, il radon. Se si fosse dimostrata questo sarebbe stato un caso eccezionale perché avrebbe dimostrato che un singolo evento, seppur così catastrofico, poteva modificare il patrimonio genetico, mentre come è spiegato nella teoria dell’evoluzione, ci vogliono migliaia di anni perché questo accada. Anche in questo caso però il sindaco che ci aveva commissionato questo studio ha dovuto lasciare l’incarico e non abbiamo potuto proseguire. Infine ricordo il caso di un esame sulle ossa che si presupponeva fossero di un San Umile da Bisignano. Ma la reliquia che avremmo dovuto usare per confrontarla con le ossa poteva rovinarsi con gli esami essendo in modica quantità e abbiamo rinunciato».

IL DELITTO PERFETTO? ESISTE – Schiavone spiega poi come l’evoluzione della scienza e della tecnologia abbia contribuito a migliorare le tecniche d’indagine. Le impronte digitali, per esempio. «Oggi riusciamo a riconoscere 16 punti caratteristici uguali e c’è la quasi sicurezza che non ci possa essere errore, se si pensa che la legislazione di molti paesi europei ritiene certa anche l’impronta che ha solo 12-13 identificativi uguali. Il futuro sarà lo sviluppo delle banche dati, in particolare quelle del Dna, quella balistica e quella delle impronte. Siamo tra gli ultimi paesi rimasti, insieme al Montenegro, la Bosnia Erzegovina e il Liechtenstein a non avere una banca dati del Dna. Nonostante gli esami siano sempre molto precisi, il maggiore Schiavone precisa: «In molti casi siamo stati fondamentali, ma alcune volte siamo riusciti solo quando sono le indagini tradizionali e quelle del Ris sono andate di pari passo». Schiavone poi ammette: «Il delitto perfetto purtroppo esiste, nonostante la precisione degli strumenti che abbiamo, qualcuno riesce a non lasciare tracce».

Rassegna Stampa. “Corriere.it” e le Eolieultima modifica: 2012-03-13T17:52:08+01:00da leonedilipari
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