Rassegna Stampa. “Corriere.it”, licenziato per la pausa caffè

acorriere.it.jpgLa pausa caffé? Può costare cara, ma molto cara. È stato così, almeno, per un bancario siciliano, messo alla porta dal Credito Emiliano per un break di troppo: quel licenziamento è stato convalidato dalla sezione lavoro (sentenza 7819) della Corte di Cassazione, che ha confermato la decisione della Corte di Appello di Caltanissetta. I giudici, ben inteso, precisano che la sanzione dell’espulsione non può riguardare di certo tutti i lavoratori che si concedono una pausa al bar. L’elemento discriminante risiederebbe nel fatto che quell’allontanamento crei, o meno, un rallentamento rilevante del lavoro.

«RALLENTÒ LAVORO» – La questione è stata sottoposta per due volte ai giudici del Palazzaccio. Nel 1998 il dipendente era stata licenziato perché si era rifiutato di effettuare un’operazione complessa richiesta da un cliente, e poi, a distanza di sei giorni, aveva lasciato la cassa aperta ed i soldi incustoditi, con una eccedenza di 500 mila lire, allontanandosi per andare al bar senza aver prima registrato l’ultima operazione. Una prima volta era stato reintegrato dal giudice del lavoro e dalla Corte d’Appello di Catania. Ma nel 2008 la Suprema Corte aveva però spiegato che «la giusta causa di licenziamento di un cassiere di banca, affidatario di somme anche rilevanti, dev’essere apprezzata con riguardo non soltanto all’interesse patrimoniale della datrice di lavoro, ma anche alla potenziale lesione dell’interesse pubblico alla sana e prudente gestione del credito». E con questa motivazione aveva rinviato il caso alla corte d’Appello di Caltanissetta, che, nel 2010, ha dichiarato legittimo il licenziamento.

LA DIFESA – Non è valsa, in difesa del cassiere, l’aver opposto che fosse una «prassi» aziendale che i dipendenti si allontanassero per un caffè «senza apposito permesso», coprendosi a vicenda. Poiché, come hanno rilevato i giudici d’Appello dichiarando proporzionata la sanzione, «la concreta situazione avrebbe richiesto da parte del lavoratore maggiore sollecitudine». Ora la Cassazione conferma il licenziamento e definisce «senza rilievo» l’esistenza della prassi aziendale invocata dal lavoratore, poiché non incide «sulla valutazione della negligenza della condotta» accertata in secondo grado.

Rassegna Stampa. “Corriere.it”, licenziato per la pausa caffèultima modifica: 2013-03-28T18:15:05+01:00da leonedilipari
Reposta per primo quest’articolo