Sicilia, “pensione d’oro” da 1400 euro al giorno. I debiti aumentano di 2 miliardi

ars4.jpgIl 10 luglio la Suprema Corte metterà la parola fine sulla complicata battaglia legale tra la Regione Sicilia e Felice Crosta, ex super-dirigente che negli ultimi due anni ha percepito una pensione d’oro da 1.400 euro al giorno. Uno scandalo che si trascina dal 2010 e che ora sembra aggrappato soltanto a un cavillo. Crosta infatti vuole i suoi soldi e ha deciso di fare causa, contestando la sentenza della Corte dei Conti che gli ha dimezzato il vitalizio.

Nel 2006 l’ex super dirigente fu messo da Cuffaro a capo dell’Agenzia per i rifiuti, con un compenso di oltre 460mila euro l’anno. Crosta accettò, ma si dimise qualche mese dopo. E quella breve indennità gli valse come base pensionabile in forza a una legge che l’Assemblea regionale siciliana varò proprio alla vigilia della sua nomina.

Un dettaglio che, sfumato l’astro dell’ex governatore Cuffaro, non è certo passato inosservato alla nuova amministrazione finita nelle mani di Lombardo, che ha deciso di rivolgersi alla Corte dei Conti. “Non si tratta certo di un regalo, io ho lavorato per 45 anni”, spiegò Crosta, che, conti alla mano, per due anni ha ricevuto un assegno di pensione di circa mezzo milione di euro l’anno, ovvero 1.369 euro al giorno.

Nel 2010, in primo grado, la Corte dei Conti ha riconosciuto il suo diritto, ma in appello ha ribaltato il verdetto, stabilendo che al manager pubblico spettava “soltanto” una pensione commisurata all’indennità percepita prima del brevissimo “compito” assegnatogli da Cuffaro: 227mila euro, circa la metà del vitalizio percepito fino a quel momento. 

La vicenda sembrava conclusa così, con l’obbligo per Crosta di restituire alla Regione Sicilia anche 1,5 milioni di euro di arretrati. Ma l’ex dirigente ha deciso di aggrapparsi a un piccolissimo dettaglio e di ricorrere in Cassazione, contestando la composizione del collegio che gli ha dimezzato l’indennità. Un cavillo che potrebbe annullare l’ultima sentenza e resistituire a Crosta la sua “maxi-pensione”. 

SICILIA DEBITI DA 2 MILIARDI. Sono cresciuti da 5 a 7 miliardi di euro i residui passivi, cioè i debiti per spese già impegnate ma non ancora pagate della Regione siciliana. È quanto rileva nel suo rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2011 il presidente delle sezioni riunite della Corte dei conti siciliana, Rita Arrigoni, che ha presieduto l’udienza pubblica allo Steri di Palermo.

“QUADRO ALLARMANTE” – È un quadro definito “allarmante con un debito regionale in continua crescita che tra novembre e dicembre 2011 ha visto attivare nuovi prestiti per 818 milioni di euro, determinando una complessiva esposizione a fine anno per circa 5 miliardi e 300 milioni, un debito destinato a salire malgrado l’impugnativa del commissario dello Stato”. La Corte ha inoltre manifestato “preoccupazione per il contributo agli obiettivi di finanza pubblica richiesto alla Regione con oneri stimati pari a circa 850 milioni per il 2012 e in circa 900 milioni per gli anni 2013 e 2014, da scontare nel patto di stabilità. L’ insieme delle manovre approvate nel corso 2011 hanno comportato una correzione strutturale di 48,9 miliardi nel 2012, pari al 3,1 per cento del Pil, cifra destinata a salire a 81,3 miliardi nel 2014, pari a circa il 4,9 per cento del Pil”. “Con il decreto Salva Italia – spiega la relazione – è stato chiesto alle regioni a statuto speciale un ulteriore contributo di 860 milioni, e la Sicilia ha partecipato per circa il 40 per cento dell’intera somma, con un onore sulla finanza regionale di circa 310 milioni, a cui si aggiunge l’ulteriore partecipazione per 160 milioni al finanziamento della sanità da reperire con l’innalzamento dell’aliquota Irpef”.

IMPRESE IN CRISI – “In Sicilia vi sono segnali di inarrestabile declino – nota il presidente Arrigoni – la Sicilia è la regione che ha perso più imprese attive nel Mezzogiorno: un’erosione che tra il 2007 e il 2011 ammonta a 4500 unità”. Secondo il presidente sarebbe “auspicabile un sostegno alla Sicilia da parte del governo nazionale, come si va prospettando in ambito europeo per gli Stati in pericolo di default”. Arrigoni ha lanciato un monito diretto alla realizzazione di obiettivi di risanamento finanziario per le “società regionali, la riorganizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, la riduzione degli enti sanitari, le norme sulla trasparenza, la semplificazione e le iniziative a contrasto della corruzione e della criminalità organizzata”.

IL COSTO DEL PERSONALE – Alla Sicilia la spesa del personale regionale costa un miliardo e 84 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i pensionati, quasi 17mila al 31 dicembre 2011, e che invece costano 639 milioni di euro. Il dato viene fuori dalla requisitoria di rito del procuratore generale d’appello della corte dei conti, Giovanni Coppola, presentata nel corso del l’udienza pubblica del giudizio di parificazione del rendiconto generale per l’esercizio 2011. Secondo quanto rilevato dai magistrati contabili, i dipendenti della regione siciliana sono, al 31 dicembre 2011, 20.288, di cui 17.218 a tempo indeterminato e 3070 a tempo determinato.

I dirigenti a tempo indeterminato alla stessa data ammontavano a 1835, a cui vanno aggiunti 82 dirigenti esterni. Nel 2011 risultano andati in pensione ben 998 dipendenti, la maggior parte dei quali sono ‘baby pensionati’ che hanno potuto ottenere la pensione con 25 anni di servizio nel caso in cui accudissero un parente gravemente disabile.  Un privilegio definito dalla corte anacronistico e che è stato poi eliminato con l’articolo 4 della legge regionale 7 del 2012. “Sono 34 le società partecipate della Regione e 20 di queste,  con un sistema simile alle scatole cinesi – ha detto il procuratore generale d’appello Coppola – detengono partecipazioni in altre società. Inoltre, delle 34 partecipate, ben 21 hanno chiuso in perdita l’ultimo bilancio di esercizio. È ancora inattuata, inoltre. La prevista riduzione a 14 delle società partecipate”.

ARRETRATEZZA – Se lo Stato non fornisce alla Sicilia “adeguati mezzi finanziari” i 5 milioni di abitanti continueranno a vivere “nell’arretratezza delle proprie vetuste risorse infrastrutturali”, ha sottolineato il procuratore generale Coppola. “Siamo ormai da diverso tempo in una situazione economica drammatica, dai risvolti internazionali e dagli esiti incertissimi – ha aggiunto – e la Sicilia in questo frangente è come il manzoniano vaso di terracotta. Senza adeguati mezzi finanziari i siciliani non potranno sottrarsi alla rassegnazione antica, che si traduce in forza di attrazione mafiosa e clientelare a disposizione dei prepotenti e dei potenti di ieri, di oggi e di sempre”. Senza soldi da Roma la Sicilia “non riuscirà ad affrontare e risolvere da sola i propri molteplici problemi, dei quali la più drammatica manifestazione è rappresentata dalla mancanza di lavoro che determina uno stato di vergognosa semipovertà, che alimenta il triste fenomeno dell’immigrazione”. Per Coppola il governo regionale siciliano “è costretto ad operare con quello che ha, in pratica con i fondi insufficienti del proprio bilancio, cercando di limare le spese dal momento che è molto difficile incrementare le entrate”.

LOMBARDO E ARMAO: “RICONOSCIUTO IL RISANAMENTO”. Secondo il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo “la Corte dei Conti, con il giudizio che parifica il rendiconto per il 2011, colloca la situazione finanziaria regionale nel contesto di grave congiuntura economica nazionale ed evidenzia gli sforzi posti in essere dal governo regionale nell’adozione di misure di risanamento che hanno ricondotto la spesa corrente al di sotto del livello del 2000, sforzi definiti dal Procuratore generale ‘di moralizzazione politico-finanziaria e di riduzione della spesa’”. “La Corte – commenta l’assessore regionale per l’Economia Gaetano Armao – conferma il rispetto del Patto di stabilità, indica alcune misure di riequilibrio che il governo ha più volte proposto all’Ars e che saranno riproposte nel contesto del disegno di legge all’esame della commissione Bilancio, affrontando quelle spinte contrarie di interessi corporativi e di ricercatori di rendita che la stessa Corte ha stigmatizzato con le parole conclusive del presidente Arrigoni”. “Nelle considerazioni della Corte – conclude Armao – risulta confermata la linea del confronto aperto dal governo regionale con il governo nazionale sull’autonomia finanziaria e il rafforzamento del riequilibrio finanziario”.

Sicilia, “pensione d’oro” da 1400 euro al giorno. I debiti aumentano di 2 miliardiultima modifica: 2012-06-29T17:59:00+02:00da leonedilipari
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