Dopo I Microzoi di Beniamino Joppolo, messo in scena nella scorsa stagione, Bonaventura e Cesale tornano ancora con un autore che esplora la contemporaneità. La lingua parlata dai personaggi di Ruccello, spesso appartenenti alle classi che vivono ai margini sociali, ha un fascino particolare, animato dalla schiettezza del dialetto e dalla parodia dell’italiano televisivo, e racconta piccole tragedie del quotidiano, squallide realtà vissute senza la capacità di scegliere, capire, cambiare. Al centro di tutto, in questo spettacolo, è la mamma, presentata come ossessione, mania, comicità. Un’esilarante galleria di personaggi fissati, strambi, maniacali ed un attore a dare loro forma.
I quattro atti unici rappresentano uno dei vertici dell’opera drammatica di Ruccello, rappresentante di quella generazione del “nuovo teatro napoletano” che ha aspirato ardentemente alla creazione di una scrittura scenica, fortemente legata alla realtà, ma al tempo stesso capace di rivelare l’aspetto umoristico e ironico anche all’interno di situazioni tragiche. MAMMA di Annibale Ruccello con GIANLUCA CESALE messa in scena ROBERTO BONAVENTURA Costumi FRANCESCA CANNAVO’ Musica originale ORAZIO CORSARO Organizzazione MARILISA BUSA’
Le storie che racconto riguardano sempre e soltanto gente banale, comunissima, possibilmente incline a diventare patetica, straziante. Ma per una sorta di terrore a nutrire o a destare pietà mi piace coglierla in un momento estremo della loro esistenza, quando a prescindere dalle loro stesse intenzioni questi personaggi sono costretti a compiere una scelta importante, un gesto eroico o atroce. Per cui si trasformano in personaggi grotteschi o mostruosi, spesso odiosi e insopportabili, comunque sempre meglio che pietosi. E mi piacciono quanto più sono ai margini, relegati, ma non in maniera vistosa (come barboni, criminali e pazzi) bensì in maniera sottile, indistinta. Ed infatti vivono in quartieri della cultura metropolitana, in provincia, sepolti nella periferia.
Annibale Ruccello
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