Sistemata la pratica delle candidature, all’interno della coalizione restano i nodi da sciogliere. Antonio D’Aquino, per primo. Mancata la riconferma all’Ars ed incassato il rifiuto per palazzo dei Leoni, all’ex assessore regionale all’Industria, adesso sono in parecchi a fare la corte, primo di tutti quel Movimento per l’autonomia che nei mesi scorsi ha fatto le veci del refugium peccatorum degli scontenti a vario titolo dei partiti di provenienza. La pratica Ciro Gallo dovrebbe essere esaurita col probabile ministero ai Beni culturali assegnato al suo collega di studio e sponsor personale Angelino Alfano, mentre per Peppuccio Santalco, autocandidatosi senza particolari appoggi, si prospetta l’ipotesi della direzione generale della Provincia qualora Ricevuto dovesse imporsi.
Un inconveniente sorge però per Peppino Buzzanca, che quando di mezzo ci sono norme e regolamenti trova sempre un piede che lo sgambetta. Secondo lo statuto di Alleanza nazionale, infatti, qualora fosse eletto Buzzanca potrebbe ritrovarsi a scegliere se sedere a palazzo Zanca o a palazzo dei Normanni. L’articolo 72, infatti, recita: “Salvo espressa deroga dell’Esecutivo Politico Nazionale, nessuno può rivestire più di una carica elettiva”.