Panarea. “La conquista pisana di Lipari araba nell’anno 1035”, “ricostruita” nel nuovo volume del prof. Vittorio Giustolisi

giustolisilibro2.JPGPanarea – Nei locali della Fondazione “Raya”, si sono svolti i lavori di un convegno organizzato dal Centro di giustolisilibro3.JPGDocumentazione e Ricerca per la Sicilia Antica “P. Orsi” di Palermo, nel contesto del quale è stato anche presentato il nuovo volume di Vittorio Giustolisi (con un appendice di Vivi Tinaglia), edito dallo stesso Centro e riguardante l’eventuale conquista pisana di Lipari araba nell’anno 1035.

Il convegno ha avuto come obiettivo l’approfondimento della dialettica storico-culturale, sociale e religiosa che si svolge sul finire del primo millennio e gli immediati inizi del secondo tra Arabi, Bizantini, Normanni e Pisani nel quadro delle Isole Eolie e ciò al fine di potere puntualizzare meglio i presupposti, gli esiti e le conseguenze dell’intervento pisano nell’arcipelago eoliano, che Vittorio Giustolisi ha riscattato alla storicità con nuovi plausibili argomenti.

vgiustolisimiriam.JPGI conferenzieri puntualmente intervenuti sono stati il prof. Ewald Kislinger, docente della civiltà bizantina all’università di Vienna, il quale ha dettagliatamente esposto il quadro storico-politico e militare che vide contrapporsi nel basso Tirreno le potenze bizantine e arabe, oltre che quelle delle nascenti repubbliche marinare, Longobardi e Normanni, tra il X e l’XI secolo, puntualizzando, per quanto attiene Lipari al momento dell’arrivo pisano, una eventuale irrilevante consistenza militare araba. Lo storico austriaco ha anche considerato probabile l’intitolazione  della cattedrale di Lipari alla Théotokos, proposta dal Giustolisi, e ciò in virtù della presenza di un sigillo vescovile di Lipari di età bizantina che rappresenta la Vergine Maria col Bambino ed al presupposto pagano del culto di Afrodite, ora collegato al luogo della cattedrale per via di un’iscrizione di età ellenistica.

Una panoramica sulla società araba siciliana sul finire del primo millennio e dei rapporti tra i musulmani e le popolazioni cristiane soggette è stata successivamente presentata dalla prof.ssa Adalgisa De Simone già dell’Università di Palermo. La studiosa ha messo in evidenza il grande vuoto di notizie storiche riguardanti Lipari araba, che solo l’archeologo avrebbe potuto colmare, almeno in parte, qualora egli avesse avuto un maggiore interesse per gli strati appartenenti alla dominazione islamica.

Nel quadro dei rapporti religiosi tra Arabi e cristiani soggetti, tracciato dalla De Simone, V. Giustolisi  ha fatto in proposito rimarcare che giustolisilibro4.JPGl’assenza di tracce materiali appartenenti a manifattura islamica nell’area del complesso della cattedrale potrebbe a suo avviso ascriversi al particolare rispetto che nel mondo arabo venne sempre conferito al culto della Vergine Maria. A tale riguardo egli ha ricordato  gli episodi della basilica di Nazareth del V secolo, risparmiata nel 1263 dal sultano del Cairo Bajbars Bandokan (così come si è evinto dai recenti scavi archeologici) e quello della basilica della Natività di Betlemme, onorata dal califfo Omar di Gerusalemme e risparmiata nel 1187 perfino dal feroce Saladino.

Alla relazione della De Simone è seguita quella del’arch. Salvatore Scuto, Soprintendente dei Beni Culturali ed Ambientali di Messina, il quale si è soffermato sulla metodologia costruttiva del Chiostro della Cattedrale di Lipari, a suo avviso derivata dal connubio della manovalanza locale che, nell’emergenza, era costretta a servirsi di materiali di spolio, con sopravvenuti monaci-architetti che cercavano di conciliare il nuovo col preesistente, determinando il sorgere di quell’opera ibrida, ma affascinante, che è appunto il chiostro di Lipari, nato contemporaneamente alla trasformazione dell’originaria chiesa bizantina e quindi ascrivibile, probabilmente, all’XI secolo.

giustolisilibro5.JPGHa concluso il prof. Aurelio Rigoli, etno-antropologo dell’Università di Palermo, il quale ha discusso a lungo sul lavoro di approfondimento espletato da Giustolisi sulla figura mitica di S. Bartolomeo. Egli ha sottolineato poi il grande valore che si è attribuito in passato alle reliquie dei santi e del grande scrupolo con cui il clero cercava di dimostrare la loro autenticità, evidenziando con ciò come l’utilizzazione dell’invenzione delle reliquie di S. Bartolomeo nel duomo di Pisa alla fine del XVI secolo, e l’affermazione della loro provenienza da Lipari nell’anno 1035, siano state giustamente viste dal Giustolisi come una prova della storicità della conquista. Il valore di “prova” si dedurrebbe infatti dal metodo adottato nella sua valutazione, tipicamente etno-storico, nel quale il dato vero della storia si salda perfettamente con l’immaginario di questa.

Il dr. Antonino Scimemi, ex direttore regionale dell’Ass.to dei Beni Culturali ed Ambientali, che ha diretto la conferenza, ha anche apprezzato bpasqua61.jpgl’esposizione didattica (benché ancora incompleta) dell’Isola di Panarea donata dal Centro “P. Orsi” alla Fondazione Raya. Al riguardo ha auspicato il completamento dell’iniziativa e l’apertura al pubblico del locale espositivo che verrebbe a costituire per Panarea un vero e proprio Visitor  Center, prezioso non solo per l’incremento turistico dell’isola ma anche per la sua più completa e corretta comprensione culturale.

Panarea. “La conquista pisana di Lipari araba nell’anno 1035”, “ricostruita” nel nuovo volume del prof. Vittorio Giustolisiultima modifica: 2011-04-23T10:09:00+02:00da leonedilipari
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