SICILIA, I CATANESI PIU’ RICCHI

879763303.jpgSono i catanesi i più ricchi della Sicilia. I contribuenti che risiedono nel capoluogo di Catania con redditi superiori ai centomila euro dichiarano, infatti, mediamente 165mila euro. Seguono gli abitanti del capoluogo di Agrigento che dichiarano, mediamente, 158 mila euro e i palermitani con 157mila euro pro capite. Quarto posto invece per i messinesi con 155mila, quinto per gli ennesi con 154mila, sesto per i siracusani con 152mila, seguiti dai ragusani e dai nisseni con importi di poco inferiori e, nono ed ultimo, per i trapanesi con 150mila.
Questo quanto emerge da un’indagine della Fondazione A.N.CO.T. – Associazione Nazionale Consulenti Tributari che ha elaborato i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze relativi ai redditi ai fini Irpef emersi dalle dichiarazioni del 2006 e riferite, quindi, ai redditi del 2005 dei contribuenti dei capoluoghi della regione siciliana.
L’analisi, che è stata realizzata in occasione del 35° Convegno Nazionale su “Le Associazioni Professionali in Europa” in corso dal 24 al 27 settembre a Capaci, evidenzia inoltre come, sebbene il primato di ricchezza sia attribuito agli agrigentini, il numero più consistente di contribuenti che hanno dichiarato un reddito superiore ai centomila euro in realtà riguardi il capoluogo di Palermo. Sono infatti 3.147 i contribuenti palermitani super ricchi per un ammontare complessivo di oltre 495 milioni di euro. Il secondo posto, sempre tenendo conto del numero di contribuenti (e dunque non della media pro capite) spetterebbe a Catania con 1.309 contribuenti con dichiarazioni Irpef superiori ai centomila euro per un ammontare di oltre 216 milioni di euro. Terzo posto, invece, per Messina con 927 contribuenti per dichiarazioni complessive di oltre 143 milioni di euro. A seguire i capoluoghi di Siracusa con 397 contribuenti per un ammontare di oltre 60 milioni di euro; Ragusa con 235 per un ammontare di oltre 35 milioni di euro; Agrigento con 229 per complessivi 36 milioni di euro; Caltanissetta con 145 per complessivi 26 milioni di euro; Trapani con 145 per oltre 21 milioni di euro e, infine, Enna con 93 per un ammontare di oltre 14 milioni di euro.

POVERTA’, L’ITALIA A CONFRONTO

1981793849.jpgdi Livia Turco*
 
La Camera,
premesso che:961736885.jpg
negli ultimi anni gli indicatori monetari e non monetari dell’Istat e di Eurostat mostrano che povertà e disuguaglianza continuano a essere un problema molto rilevante in Italia. Tra i Paesi dell’Europa dei quindici, la situazione italiana è tra le peggiori, insieme a quella degli altri grandi Paesi mediterranei, con un livello di disuguaglianza più elevato e una situazione di gravità della povertà più marcata. In Italia, secondo l’Istat, le famiglie povere sono 2 milioni 623 mila, mentre gli individui poveri sono 7 milioni 537 mila;
il nostro Paese è caratterizzato da disuguaglianze non trascurabili nelle opportunità di mobilità sociale, che contribuiscono al permanere di un elevato livello di disuguaglianza anche in termini di reddito. Secondo l’Istat, al netto degli effetti strutturali esercitati dai profondi cambiamenti avvenuti nel sistema occupazionale, il regime di mobilità sociale è piuttosto rigido. La classe di origine influisce in misura rilevante e limita la possibilità di movimento all’interno dello spazio sociale. I figli della classe operaia urbana hanno una probabilità più bassa di spostarsi nella classe superiore rispetto a quella di mantenere inalterata la propria posizione e anche rispetto a quella che hanno i figli della classe superiore di rimanere nella classe di origine;
il rapporto fra la quota di reddito totale percepito dal 20 per cento più ricco della popolazione e quella del 20 per cento più povero è superiore alla media europea, con un valore di 5 e mezzo che, tra i Paesi dell’Europa dei quindici, è più basso solo di quello di Grecia e Portogallo. In Danimarca è meno di 3 e mezzo;
la situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove il reddito delle famiglie è pari a circa tre quarti di quello delle famiglie del Centro-Nord e dove vive il 75,3 per cento delle famiglie povere. Nel Sud e nelle isole il 22,6 per cento delle famiglie è povero, contro appena il 5,2 per cento del Nord; ad una più ampia diffusione del fenomeno nelle regioni meridionali si accompagna anche una maggiore gravità del disagio (maggiore intensità di povertà: 22,5 per cento contro il 17 per cento del Nord);
le famiglie numerose, di cinque o più persone, sono un segmento particolarmente esposto al rischio di povertà.
Il 24,3 per cento di queste famiglie è povero e tale quota raggiunge il 37,5 per cento nel Mezzogiorno;
in Italia, a differenza del resto dell’Europa, la povertà riguarda in modo particolare i minori. Secondo l’Istat, gli individui con meno di 18 anni che vivono in famiglie relativamente povere sono 1 milione e 728 mila (il 17,1 per cento). Il 72 per cento dei minori poveri vive nel Mezzogiorno, dove risiede «solamente» il 40 per cento del totale dei minori; al contrario, nel Nord, dove risiede il 42 per cento dei minori, vive appena il 16,5 per cento dei minori poveri. Particolarmente critica, e in peggioramento nel corso degli anni, è la situazione delle famiglie con 3 o più minori, che sono povere nel 30,2 per cento dei casi;
la povertà femminile si concentra tra le madri sole e le donne anziane sole. In entrambi i casi i valori dell’incidenza di povertà sono superiori alla media, rispettivamente il 14 per cento e il 12,9 per cento;
le famiglie anziane continuano ad avere livelli di povertà superiori alla media. È povero il 13 per cento delle famiglie con un componente anziano e il 15,3 per cento delle famiglie con due anziani o più. Gli anziani poveri ammontano complessivamente a 1 milione e 600 mila individui;
oltre alla grave situazione delle famiglie con persona di riferimento disoccupata,

 

che presentano un’incidenza di povertà del 28,2 per cento, difficoltà economiche marcate cominciano ad interessare sempre più spesso anche le famiglie in cui sono presenti persone inserite nel mercato del lavoro, soprattutto se il reddito è uno solo, se si tratta di un lavoratore con un basso titolo di studio e/o profilo professionale precario e in famiglia sono presenti figli minori. Se in famiglia c’è una sola persona che lavora, la povertà colpisce il 21 per cento delle coppie con due figli; il 32,4 per cento di quelle con tre o più; il 18 per cento di quelle con membri aggregati. È povero il 19,8 per cento delle famiglie in cui l’unico occupato in famiglia è un operaio o assimilato, collaboratori coordinati e continuativi o collaboratore occasionale, ma tale quota sale al 22,9 per cento se si tratta di una famiglia con membri aggregati, al 33,3 per cento se questa situazione riguarda una coppia con due figli, e ben al 43,4 per cento se la famiglia è composta da una coppia con tre o più figli;
1 milione 546 mila giovani tra i 18 e i 34 anni sono poveri. In particolare, è povero il 13,1 per cento dei giovani che vivono come figli nella famiglia di origine, ma tale quota aumenta al 22,6 per cento se i figli sono tre o più. È povero il 12,3 per cento dei giovani, persona di riferimento della famiglia o coniuge, ma si arriva al 50,9 per cento se vive in coppia con tre o più figli. Il dato, seppure meno critico di quello che si rileva per i minori, presenta un trend in crescita e, dunque, non va sottovalutato;
il quadro appare particolarmente critico se si considera che, secondo 1′Istat, alla fine del 2006, poco più di 1 milione di famiglie dichiara di non aver avuto denaro per comprare il cibo, quasi 2 milioni e mezzo per pagare spese mediche, l milione e 700 mila per il trasporto, 2 milioni e 800 mila per le tasse e 4 milioni per l’acquisto di vestiti. Inoltre, quasi 3 milioni e mezzo di famiglie riferiscono di arrivare con molta difficoltà a fine mese, 6 milioni e 800 mila famiglie non riescono a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro con risorse proprie o della rete familiare;
la condizione economica delle famiglie è fortemente legata a quella dell’occupazione delle donne che rappresenta un vero e proprio «antidoto» alla povertà. Va quindi segnalata la preoccupante situazione dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno che ha visto tra il 2004 e il 2006 un consistente aumento di non forze di lavoro «scoraggiate», oltre a livelli elevati di disoccupazione. In questa ripartizione l’occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni si attesta solo sul 31,1 per cento;
a fronte di questa grave situazione, nel 2005 la spesa sociale in percentuale del prodotto interno lordo raggiunge in Italia un valore solo del 26,4 per cento, contro il 27,8 per cento dell’Europa dei quindici, situandosi molto al di sotto di quella sostenuta da Paesi come la Svezia (32 per cento) e la Francia (31,5 per cento). Alla funzione «famiglia e infanzia» è destinato appena l’1,1 per cento del prodotto interno lordo (il 2,2 per cento nell’Europa dei quindici; il 3 per cento in Svezia), ai disabili l’1,5 per cento (il 2,1 per cento nell’Europa dei quindici; il 4,8 per cento in Svezia), alla «disoccupazione – politiche di reinserimento» lo 0,7 per cento (l’1,7 per cento nell’Europa dei quindici e l’1,9 per cento in Svezia) e all’esclusione sociale e le politiche abitative appena lo 0,1 per cento (0,9 per cento nell’Europa dei quindici; l’1,2 per cento in Svezia);
nell’ultimo secolo, la maggior parte dei Paesi europei si è dotata di sistemi di protezione del reddito per combattere la povertà e quasi tutti i Welfare States hanno predisposto strumenti di reddito minimo garantito. Nonostante le notevoli differenze che contraddistinguono i provvedimenti nei vari Paesi, l’idea centrale è quella di proteggere tutti i cittadini dalla povertà estrema. Tra i Paesi europei solo Italia, Ungheria e Grecia non hanno ancora introdotto sistemi di reddito minimo;
individuare le misure di contrasto della povertà, intervenendo ex post sul reddito guadagnato oppure ex ante per prevenire le condizioni di povertà, è sicuramente un’operazione complessa, poiché tutte le politiche sociali ed economiche potrebbero dovere essere prese in considerazione;
il problema della disuguaglianza impatta fortemente su altri aspetti fondamentali del vivere e le condizioni di salute sono tra le più importanti. Politiche sui determinanti della salute e contro povertà ed esclusione sociale sono fondamentali per il miglioramento del benessere psicofisico della popolazione; i dati del rapporto Istat sulla salute mostrano che, scendendo lungo la scala sociale e passando da Nord a Sud, aumenta lo svantaggio degli individui e che i poveri del Sud versano in peggiori condizioni di salute rispetto a quelli del Nord. A fronte di questo, l’attuale organizzazione dei livelli di assistenza del sistema sembra in grado di rispondere ai bisogni fondamentali e, dunque, è indispensabile che non venga diminuita, anzi venga aumentata la sensibilità dei livelli di assistenza ai maggiori bisogni delle persone più svantaggiate;
il problema delle disuguaglianza riguarda anche l’accesso alle nuove tecnologie; i dati Istat mostrano che tale accesso è minore per i ragazzi delle classi sociali più basse e del Mezzogiorno, poiché l’alfabetizzazione avviene ancora quasi esclusivamente all’interno della famiglia ed è appannaggio di quelle più abbienti. È fondamentale, dunque, che la scuola sia messa in condizioni di agire per riequilibrare la situazione, garantendo un’alfabetizzazione per tutti, impegna il Governo: ad adottare tutte le misure atte a prevenire le condizioni di povertà, assumendo come riferimento l’Agenda sociale europea, i cui obiettivi indicati sono:
a) creare una strategia integrata che garantisca un’interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell’occupazione;
b) promuovere la qualità dell’occupazione, della politica sociale e delle relazioni industriali, consentendo, quindi, il miglioramento del capitale umano e sociale;
c) adeguare i sistemi di protezione sociale alle esigenze attuali, basandosi sulla solidarietà e potenziandone il ruolo di fattore produttivo;
d) tenere conto del «costo dell’assenza di politiche sociali»;
a prevenire e combattere tutte le forme di povertà, incidendo su alcuni aspetti strutturali del nostro Paese, attraverso la buona e piena occupazione femminile, l’adozione di misure fiscali e monetarie a sostegno dei figli, l’elaborazione di politiche di conciliazione tra lavoro nel mercato e responsabilità di cura per donne e uomini, l’accesso ai servizi socio-educativi per la prima infanzia, l’adozione di misure per prevenire, rallentare, prendere in carico la non autosufficienza attraverso la piena, concreta e reale attuazione del fondo, una politica della casa a partire dagli affitti;
a promuovere un piano nazionale integrato di lotta a tutte le forme di povertà, articolato nei seguenti punti:
a) definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (lep), così come previsti all’articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall’articolo 117, secondo comma 2, lettera m), della Costituzione ed integrazione con risorse economiche adeguate del fondo nazionale per le politiche sociali, in modo da garantire su tutto il territorio nazionale sia risorse adeguate per il mantenimento, sia opportunità per l’inserimento sociale, al fine di assicurare ad ogni famiglia, che non disponga di un reddito superiore alla soglia di povertà, così come definita dalla norma, la possibilità di esigere un’erogazione monetaria transitoria di integrazione del proprio reddito, attraverso un reddito di «solidarietà attiva» o un «reddito minimo d’inserimento», da conseguire attraverso un’imposta negativa, che sostituisca i trasferimenti monetari definiti a livello locale per incrementare la rete integrata dei servizi;

 

b) previsione del vincolo di tale reddito di «solidarietà attiva» o «reddito minimo d’inserimento» a misure d’inserimento sociale e lavorativo da articolarsi in una serie di azioni, quali la fuoriuscita da situazioni di illegalità, percorsi di superamento dalle dipendenze, completamento dell’istruzione scolastica e professionale, assunzione di oneri di cura familiare, percorsi di inserimento lavorativo;
c) promozione del diritto alla salute dei gruppi più vulnerabili, tramite le seguenti misure urgenti:
1) l’emanazione del decreto sui livelli essenziali d’assistenza da parte del Governo, garantendo in modo particolare la continuità assistenziale alle persone non autosufficienti e in situazione di disabilità, il nomenclatore delle protesi degli ausili, l’aggiornamento dell’elenco delle malattie rare, il potenziamento dell’attività di screening e di prevenzione rivolta in modo particolare ai gruppi più vulnerabili;
2) la promozione attraverso gli obiettivi del piano sanitario nazionale delle case della salute e della medicina d’iniziativa, per coinvolgere attivamente le persone più fragili nella rete dei servizi, andando loro incontro nei loro luoghi di vita e di lavoro;
3) la promozione delle iniziative per la salute dei migranti e per la prevenzione delle malattie della povertà, anche attraverso il potenziamento del Centro nazionale per la salute dei migranti presso il San Gallicano;
d) contrasto della povertà minorile e blocco della trasmissione intergenerazionale della povertà attraverso un adeguato sostegno al reddito delle famiglie, con la promozione dell’occupazione e misure economiche quali la dote fiscale per i figli e lo sviluppo di una rete dei servizi socio educativi per la prima infanzia a partire dal rifinanziamento della legge n. 285 del 1998, «Disposizioni per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza», sperimentando nelle zone con un alto tasso di dispersione scolastica il «patto educativo» con i genitori, anche attraverso un incentivo economico dato ai genitori e collegato alla frequenza dei ragazzi a scuola;
e) sostegno all’impegno degli enti locali per favorire il mutuo aiuto delle famiglie e del volontariato per promuovere le attività ludiche, di accoglienza e di accompagnamento dei bambini e dei ragazzi per evitare la solitudine, l’abbandono ed anche per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e famiglia dei genitori;
f) prevenzione dello scivolamento nella povertà dei cittadini presenti nella «fascia di vulnerabilità» attraverso la creazione del «punto unico di accesso» alla rete integrata dei servizi, per consentire la presa in carico della persona, accompagnandola nell’utilizzo appropriato ai servizi ed alle prestazioni sociali, con particolare riguardo agli obiettivi di:
1) sostenere l’occupazione;
2) sostenere locazioni ed interessi passivi sulla prima casa, anche attraverso l’istituzione di un fondo per l’affitto da destinare in particolare ai giovani;
3) sollevare dall’indebitamento e promuovere il microcredito e prestito d’onore, con specifica attenzione alle donne;
4) potenziare l’assistenza domiciliare agli anziani;
5) promuovere con gli enti locali il mutuo aiuto delle famiglie e del volontariato per sevizi di sostegno all’autonomia degli anziani;
g) creazione di un fondo nazionale per il contrasto della grave emarginazione, attraverso il rifinanziamento dell’articolo 28 della legge n. 328 del 2000, con l’obiettivo di implementare il sistema dei servizi dedicati all’accoglienza, all’accompagnamento ed alla protezione delle persone in grave emarginazione, di contrastare il disagio nelle periferie urbane e di migliorare il percorso e l’accoglienza umanitaria dei migranti alle frontiere, soprattutto marittime;

 

h) superamento delle discriminazioni nei confronti dei migranti, consentendo, in particolare, l’accesso all’assegno sociale ed all’edilizia popolare ai migranti residenti nel nostro Paese da cinque anni;
a riferire in Parlamento sul Rapporto annuale sulla strategia nazionale per la protezione sociale e l’inclusione sociale previsto dalla strategia di Lisbona e che il Governo stesso deve trasmettere a Bruxelles entro il 30 settembre 2008;
a promuovere ogni anno una tavola rotonda sull’inclusione sociale, analoga a quella europea, con il coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali e gli attori sociali.

*Deputato nazionale Pd

LA CRISI FINANZIARIA PIU’ GRANDE

101271967.jpgBRUXELLES – Il commissario Ue agli affari economici e monetari, Joaquin Almunia, parlando al parlamento europeo ha sottolineato che ci troviamo di fronte “a una crisi finanziaria di tale grandezza che supera ogni altra crisi dei nostri tempi”.

Almunia, ha confermato che dall’inizio della crisi dei mercati finanziari nell’agosto 2007 le perdite per le banche sono ammontate complessivamente a più di 500 miliardi di dollari: “e sfortunatamente pensiamo che i dati finali siano ancora più grandi”.

Il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, ha definito “una buona iniziativa”, il piano annunciato dall’amministrazione Usa per stabilizzare i mercati finanziari. Ma a questo punto -ha aggiunto – “una serie di salvataggi non può essere l’unica risposta, perchè quello che serve urgentemente è una soluzione sistemica e strutturale”.

BANCOMAT, TUTTI IN FILA…

946493412.JPGLIPARI – Fila anche per recuperare qualche soldo.

Stamane una coda kilometrica si è formata nel bancomat del Monte Paschi di Siena.

Tra l’altro negli ultimi giorni, anche per il ferragosto la situazione si era aggravata perche’ erano stati esauriti i

quattrini…

E stamane la fila kilometrica lo confermava…

Stessa scena tra l’altro nel bancomat dell’Ufficio postale.

PESCA, FERMO BIOLOGICO DAL 25 AGOSTO AL 25 SETTEMBRE

780357925.JPGLa commissione consultiva centrale della Pesca ha confermato le date del fermo previste per la flotta siciliana (25 agosto- 25 settembre) ammettendo una deroga per le imbarcazioni di lunghezza superiore ai 18 metri, che effettuano campagne di pesca per più di quindici giorni. I pescherecci siciliani con queste caratteristiche potranno consegnare i documenti di bordo nei quindici giorni antecedenti la data di inizio del periodo di fermo. Per quel che riguarda, invece, la pesca a strascico e volante entro le 12 miglia dalla costa delle isole di Lampedusa e di Linosa, l’attività sarà consentita dal 10 agosto e fino al 30 settembre 2008 esclusivamente alle imbarcazioni iscritte nei registri dell’ufficio marittimo di Lampedusa, e – nel periodo di fermo – la pesca a strascico e volante non sarà consentita nella stessa area a nessuna altra imbarcazione.

VENDEMMIA, SI PREANNUNCIA UN’ANNATA RECORD

1434347381.jpgLa vendemmia di quest´anno si inaugura domani sotto i migliori auspici. Un incremento della produzione, un´ottima qualità e un freno della Regione all´estirpazione dei vigneti autoctoni. L´assessorato all´Agricoltura, infatti, ha individuato zone e vitigni da tutelare di fronte alle nuove norme europee sull´estirpazione dei vigneti.

Si tratta della riorganizzazione del mercato comune vitivinicolo, in base alla quale Bruxelles concede ai produttori la possibilità di accedere ai premi per l´abbandono definitivo dei vigneti. I viticoltori dovranno presentare domanda all´Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) entro il 15 settembre per accedere a un contributo variabile da 1.700 a 14 mila euro a ettaro, in base alla resa media del vigneto negli ultimi 5 anni.
Ecco perché l´assessorato all´Agricoltura ha deciso di fissare dei paletti per preservare i vitigni ritenuti irrinunciabili. Su una superficie vitata di 128 mila ettari, quella siciliana, potrà essere estirpato al massimo il 10 per cento. Le zone tutelate dalla Regione comprendono i 3.500 ettari in montagna della Doc Etna con i vitigni Nero d´Avola, Nerello Mascalese, Carricante, Nerello Cappuccio e Catarratto. E i 900 ettari delle isole minori fra le Eolie e Pantelleria, dove si coltivano principalmente lo Zibibbo e la Malvasia. In ogni caso è proibita l´estirpazione di tutti vigneti al di sopra dei 500 metri di altitudine con una pendenza superiore al 25 per cento e di quelli terrazzati. «Abbiamo voluto blindare – dice Giovanni La Via, assessore regionale all´Agricoltura – una parte di superficie vitata che ha anche una funzione ambientale di tutela del territorio. Nelle zone dell´Etna e delle isole minori ci sono molti vitigni autoctoni e storici che vanno protetti».

Da domani comunque, le seicento aziende distribuite sul territorio, inizieranno la vendemmia che terminerà il 10 novembre. Prima i vigneti sulla costa e poi quelli delle zone di montagna. Secondo le stime dell´assessorato Agricoltura la produzione di quest´anno sarà superiore del 40 per cento rispetto al 2007, complici le favorevoli condizioni climatiche, ma soprattutto l´assenza degli attacchi di parassiti come la peronospora che l´anno scorso danneggiò fortemente il comparto vitivinicolo. Il 30 per cento dell´incremento è da addebitare proprio al recupero dei danni causati durante la scorsa vendemmia da questo parassita. Così dai 4,5 milioni di ettolitri prodotti lo scorso anno, si dovrebbe passare ad almeno 6 milioni.

I vitigni più diffusi in Sicilia rimangono il Catarratto, seguito dal Nero d´Avola, dal Trebbiano Toscano, dall´Insolia e dal Grecanico. «Il 2008 – continua La Via – sarà un anno splendido, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, soprattutto rispetto all´anno horribilis 2007. Abbiamo un´uva straordinaria e molto ricca che si presume consentirà un aumento della produzione».

Una previsione positiva confermata dall´Istituto regionale della Vite e del Vino che annuncia per quest´anno un fatturato in crescita nel settore delle esportazioni, con alcuni mercati in espansione come la Cina, la Russia, l´India e il Giappone. E altri costanti come l´America e la Germania. «L´anno scorso – dice Giancarlo Conte, vice presidente dell´Istituto regionale della Vite e del Vino – si è registrato un fatturato di circa novecento milioni di euro fra vino confezionato e sfuso, di cui cento milioni ricavati dall´export.

Quest´anno contiamo su un aumento eccezionale di produzione, almeno il doppio dell´anno scorso». Gli addetti ai lavori, aspettano i tempi più maturi della vendemmia per abbandonarsi all´ottimismo, ma tradiscono un certo entusiasmo: «Cominceremo intorno alla metà di agosto – dice Laura Orsi, enologo della cantina Tasca D´Almerita – Fino a questo momento tutto lascia sperare il meglio, certo non possiamo prevedere il futuro. Ma stando così le cose manterremo una produzione di circa tre milioni di bottiglie. La scorsa stagione è stata pessima, adesso ci aspettiamo una sensibile ripresa». Anche l´enologo delle cantine Barbera a Menfi in provincia di Agrigento scommette sulle condizioni metereologiche: «Il tempo è stato ottimo – dice Stefano Sparacia – Sicuramente avremo una quantità superiore rispetto all´anno scorso. Anticiperemo un po´ per lo Chardonnay e l´Insolia e poi proseguiremo con il Merlot, il Nero D´Avola e il Cabernet Sauvignon». E il Feudo Principi di Butera confida sull´assenza di parassiti: «La sanità delle uve – dice Antonio Tranchida, direttore della cantina di Riesi in provincia di Caltanissetta – è stata garantita da interventi agronomici tempestivi. Siamo pronti per la vendemmia. La stagione si è mantenuta regolare, nonostante nei mesi di aprile e maggio ci sia stata una piovosità maggiore rispetto alla media stagionale».

(31 luglio 2008)

TIRRENIA, COME IL TITANIC?

1969349712.JPGFranco Pecorini è stato rinominato dal governo Berlusconi 1302137166.jpgamministratore delegato della Tirrenia fino al 2010. Ora la ristrutturazione della società prevede la vendita delle società consorelle tra le quali la Siremar alle Regioni a partire da gennaio 2009. La Sicilia ha però fatto capire che senza contributi l’offerta di cessione, seppur gratuita, sarà declinata. Con la conferma di Pecorini la partita della privatizzazione si fa ancora piu’ complessa. Tra debiti (747 milioni di euro fino a 2007), svalutazione della flotta (90 navi, età media 13 anni) e costo del personale (3 mila persone tra marittimi e impiegati), il gruppo non vale praticamente nulla. Le spese viaggiano intorno ai 540 milioni di euro, con ricavi che toccano i 370 milioni, senza gli aiuti di Stato i dirigenti avrebbero dovuto da anni portare i libri in tribunale. I 200 milioni di sovvenzioni vengono divisi quasi a metà, oltre 100 vengono utilizzati per ripianare i debiti delle società, gli altri vanno al capogruppo.

1563359391.JPG

 

Si parla anche di una possibile cessione ai privati. In pol position vi potrebbero essere i gruppi Aponte, Onorato e la cordata Montezemolo-Cossutta.  

 

Ma resta ancora aperta la questione della convenzione con lo Stato. La scadenza è fissata a fine dicembre, ma la scorsa finanziaria varata dal ministro Padoa-Schioppa aveva prorogato gli aiuti fino al 2012. La Ue non si è ancora espressa. In caso di una bocciatura e senza un intervento privato la compagnia fallirebbe, a meno che l’Italia faccia spallucce andando incontro a una procedura d’infrazione.

 

SIREMAR, E’ ALLARME ROSSO. SOS AL MINISTRO DEI TRASPORTI E ALLA REGIONE

1282733797.jpgdi Emanuele Carnevale*

 a seguito delle innumerevoli difficoltà in cui versa il settore dei trasporti marittimi nelle isole Eolie, con la 1714727373.jpgpresente nota espone e chiede quanto segue:
Premesso
-che la predetta Associazione è costituita da Imprenditori, che operano a vario titolo e da diversi anni, nell’Arcipelago Eoliano;
-che a seguito di alcune penalizzanti iniziative del Governo Centrale, tra le quali un drastico ridimensionamento dei collegamenti marittimi con la città di Napoli, assicurati per decenni dalla società Siremar, che ha comportato la riduzione della frequenza di detti collegamenti nel periodo estivo, dalle sei a due corse settimanali.
-che le date di partenza delle suddette rimanenti corse, non consentono al viaggiatore proveniente da Napoli il ritorno di sabato.
-che tale decisione, sta provocando conseguenze devastanti sulla già precaria situazione economica delle Isole Eolie, aggravata oggi da una forte crisi del settore turistico e dalla chiusura delle cave di pomice;
-che la società Siremar, nel quadro dei collegamenti in atto vigenti, detiene comportamenti e azioni irresponsabili nei riguardi degli obblighi derivati dalla gestione di un servizio pubblico, come:
1.la mancata effettuazione delle tre corse giornaliere da Milazzo della nave veloce a partire dal primo Luglio, come effettuate negli anni precedenti;
2.l’impossibilità di prenotare o staccare biglietti per il trasferimento via nave, di autovetture o automezzi, nei giorni precedenti al viaggio, in nome di una decisione della società SIREMAR che obbliga le agenzie a staccare biglietti o prenotare, sino ad un certo numero di mezzi per corsa, oltre il quale bisogna acquistare il biglietto nelle giornate di partenza, impedendo una preventiva pianificazione del viaggio necessaria per i viaggiatori;
3.l’annullamento di intere linee di collegamento, anche per diversi giorni quando un mezzo si guasta, a totale sfregio degli obblighi di garanzia per il mantenimento di un servizio pubblico;
4.la totale mancanza di un adeguato servizio d’ informazioni .

1563359391.JPG

Inoltre, l’assenza di un idoneo servizio di accoglienza dei nostri viaggiatori, tal volta boicottato come la stazione marittima a Milazzo, completata da due anni e mai utilizzata in maniera sufficiente in quanto distante oltre duecento metri dall’imbarco degli aliscafi.Per quanto sopra, si chiede alla Signorie Vostre un immediato intervento atto a verificare:
-tutte le possibilità per garantire alle Isole Eolie un adeguato servizio di collegamenti marittimi, effettuati nel rispetto di quanto previsto nelle Leggi Nazionali 684/74 e 169/75 e dell’art. 34 del Dpr 301/79;
-le responsabilità di decisioni che stanno, non solo inginocchiando l’economia Eoliana, ma anche devastando l’immagine turistica di queste Isole;
-se esiste in tali decisioni, determinate con la motivazione di mancanza di fondi sufficienti, la volontà di creare danno e disagi agli Eoliani, in nome di un più generale assetto dei flussi turistici che qualcuno intende ridimensionare sulle Nostre Isole. Risulta incomprensibile, infatti, come da alcuni anni il settore dei collegamenti marittimi continui ad essere ridotto sino ad arrivare oggi ai livelli di venti anni fa, nonostante l’avvenuta riqualificazione dell’offerta turistica delle Isole Eolie con un aumento complessivo di circa 1.500 posti letto e l’apertura di tre nuovi Hotels cinque stelle. Riservandomi, nella qualità di Presidente della Libera Associazione Imprenditori “Ama le Eolie”, di intervenire in tutte le opportune sedi, per rivendicare i nostri diritti e valutare i danni subiti dall’Imprenditoria che opera nelle Eolie a causa di quanto sopra, invito tutte le Autorità ad intervenire con assoluta urgenza per il ripristino dei diritti e delle giuste aspettative della gente delle Eolie e delle isole minori Italiane.

*Presidente dell’Associazione AmalEolie 

PANAREA, APPELLO PER IL BANCOMAT

di Pina Cincotta Mandarano

bf7d2927b019336678df1ee3e7588df4.jpgPANAREA – Gravi disagi per i turisti che in questi giorni hanno scelto la nostra isola per trascorrere le vacanze. Mare e sole e tanta bellezza intorno a loro ma se i contanti finiscono sono guai. Il turista improvvisamente si sente “povero”. L’unico sportello bancomat è gestito da Antonveneta che non ha provveduto a rendere operativo il servizio. E’ fuori uso e quindi con i pochi spiccioli rimasti in tasca si è costretti a limitare gli acquisti, purtroppo anche quelli necessari.
Sono tante le lamentele che l’Associazione Amapanarea ha dovuto ascoltare. “Fate qualcosa?”, “…è una situazione da paese incivile”, “Ci rivolgiamo a voi di Amapanarea per avere speranza che il bancomat sia ripristinato”: questi alcuni degli appelli che abbiamo registrato.
Li pubblichiamo, nella speranza che Antonveneta provveda.

SICILIA, IN ARRIVO SCONTI PER LA BENZINA?

342415d8f18299aa81e04d0c52c7dbc3.jpgBenzina meno cara in Sicilia grazie ai contributi della Regione.

Primo incontro tra i rappresentanti della Regione e i petrolieri.

L’assessore regionale all’industria Pippo Gianni infatti ha ufficializzato la proposta e ha anche richiesto

che i benefici vengano estesi alla marineria particolarmente colpita dal caro gasolio. 

Presto una nuova riunione per mettere nero su bianco.