Rassegna Stampa. “L’Espresso”, anche tra gli evasori ci sono buoni e cattivi

mtravaglio.jpgdi Marco Travaglio

Mentre il governo cerca una manciata di miliardi per abolire l’Imu sulla prima casa, rifinanziare la Cassa integrazione e magari non aumentare l’Iva, l’Agenzia delle Entrate farebbe cosa buona e giusta pubblicando la somma delle imposte evase dai grandi gruppi imprenditoriali e bancari negli ultimi anni. L’anno scorso “l’Espresso” calcolò che le principali banche (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Montepaschi giù giù fino all’Italease) si erano scordate di versare tributi per un totale di 5 miliardi. Sommando poi le evasioni ed elusioni contestate agli Agnelli, a Berlusconi, a Passera, a Profumo, a Del Vecchio, a Briatore, a Mediolanum, a Bell, a Telecom Sparkle, a Bulgari, a Marzotto, a Brachetti Peretti, ai Riva, a Dolce & Gabbana e così via, i miliardi superano i 10. Che cosa ci condanna, dunque, alla recessione perpetua? Non la Costituzione da cambiare, ma un sistema che condanna i poveri e gli onesti (che non sempre, ma spesso coincidono) a mantenere i ricchi e i ladri (che non sempre, ma spesso coincidono).

UN SISTEMA che non potrà essere nemmeno sfiorato dal governo di larghe intese con Berlusconi, appena condannato in appello a 4 anni nel processo Mediaset per una frode fiscale di 7 milioni di euro che in origine – prima di venire decimati dalla prescrizione abbreviata da varie leggi ad personam – erano 368 milioni di dollari. Nella sentenza i giudici ricordano le decine di società offshore create dall’avvocato Mills per il Cavaliere, servite a occultare fondi neri per 1.500 miliardi di lire, tutti prescritti dalla controriforma del falso in bilancio fatta dall’imputato medesimo. Le motivazioni del verdetto Mediaset (l’ultimo di merito: la Cassazione ne valuterà solo la correttezza formale) avrebbero dovuto scatenare un aspro dibattito nella politica e sui media: può un colossale evasore sedere a capotavola nella maggioranza di governo? In Francia s’è appena dimesso il ministro del Bilancio perché aveva un conto in Svizzera (uno, non decine). Invece in Italia – primatista europea dell’evasione (180 miliardi su mille) – tutti zitti. Come se questa fosse un’afflizioncella passeggera e non la prima causa della crescita sottozero.

I PM E L’AGENZIA DELLE ENTRATE , nonostante un diritto penale tributario scritto su misura per gli evasori, continuano a scoprire e a processare i ladri di tasse. Ma in un isolamento politico, mediatico e culturale spaventoso. Nessuna reazione neppure alla scoperta che i Riva, oltre a devastare con l’Ilva l’ambiente a Taranto, avrebbero evaso 1,2 miliardi sbiancandoli poi con lo scudo fiscale Berlusconi-Tremonti ma lasciandoli all’estero (si può fare anche questo). Qualche sussulto ha suscitato il processo d’appello a Dolce & Gabbana, che la Procura di Milano ha chiesto di condannare a 2 anni e mezzo per un’evasione di 1 miliardo. Ma non per isolarli dal consesso civile in caso di condanna, come fanno i paesi che l’evasione la combattono: per elogiarli.

Ha provveduto quel gran genio di Nicola Porro, vicedirettore del “Giornale” e conduttore di La7 in procinto di passare a Rai2 con un programma tutto suo. A suo avviso, i due stilisti sarebbero perseguitati dai pm perché «ricchi e bravi», perché «ce l’hanno fatta». E i pm, si sa, sono invidiosi. Mica come in America: lì sì che gli evasori «sanno difenderli». Infatti li buttano in galera e gettano la chiave. Ma Porro non lo sa, e fa anche degli esempi: «Negli ultimi quattro anni la Apple ha fatto 74 miliardi di utili e ha pagato tasse per 44 milioni, meno del 3 per cento, grazie alle sue strutture irlandesi». Ne avesse azzeccata una: i 74 miliardi non sono l’utile, ma l’evasione contestata alla Apple dal Congresso Usa sugli ultimi quattro anni. Sfortuna poi ha voluto che lo stesso “Giornale” dello stesso giorno, due pagine prima dell’inno di Porro a Dolce & Gabbana, plaudisse all’arresto di Massimo Ciancimino per una sospetta evasione di 30 milioni (un decimo di Berlusconi, un trentesimo di Dolce & Gabbana). È l’unico presunto evasore italiano finito in manette a memoria d’uomo. Ma da qualcuno bisognava pur cominciare. E finire.

Rassegna Stampa. “L’Espresso”, anche tra gli evasori ci sono buoni e cattiviultima modifica: 2013-06-12T18:40:00+02:00da leonedilipari
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