Rassegna Stampa. “Pensioni d’oro” e “La Stampa”

di Paolo Baroni

Ci sono contratti e accordi. E poi le leggi, i regolamenti, le intese. Tutto è in regola, per carità. Ma se ci bnatale21.jpgsi ferma un attimo a pensare, in alcuni casi, i cosiddetti diritti acquisiti diventano privilegi. In tema di indennità, stipendi, vitalizi e pensioni, negli ultimi tempi è stato scritto (e denunciato) di tutto e di più.

Ma ora che si chiede a milioni di pensionati di rinunciare al recupero dell’inflazione e a migliaia di operai ed impiegati di restare diversi anni in più al lavoro la contraddizione prende le fattezze dello scandalo. Dalla «Casta» di Rizzo e Stella, a forza di non fare nulla, o di far finta di intervenire, siamo arrivati alle «Sanguisughe» di Mario Giordano, che nel suo ultimo volume mette in piazza (e alla berlina) tutte «le pensioni che ci prosciugano le tasche».

GIULIANO AMATOGIULIANO AMATO

Se ne parla tra la gente, sui blog volano parole grosse, demagogia e populismo vengono sparse a piene mani. Ma questo non toglie che il problema esista.

In Parlamento, dove a fatica i presidenti Fini e Schifani stanno facendo marciare il taglio dei vitalizi, l’ultima volta che la questione è stata affrontata è stato tre giorni fa. La Commissione lavoro della Camera ha posto la questione dei trattamenti dei dipendenti degli organi costituzionali e delle Authority. Che non solo beneficiano di stipendi ben più alti della norma, ma ancora oggi godono di un regime di assoluto privilegio.

Intervento che viene definito «urgente e improcrastinabile», per affrontare «situazioni di oggettivo privilegio, derivanti da aspetti abnormi del sistema retributivo, anche prevedendo il passaggio al calcolo contributivo pro-rata». Bankitalia, a stretto giro di posta ha fatto subito sapere che i propri dipendenti sono completamente assoggettati al regime Inps.

Dall’ultimo consuntivo del Quirinale, invece, si apprende che già da tempo ai suoi dipendenti si applicano norme più rigide col blocco delle progressioni automatiche ed il taglio degli assegni più alti (5-10% a seconda che si superino i 90 o i 150 mila euro). Nonostante il giro di vite, però, i dipendenti possono ancora andare in pensione a 60 anni con 35 anni di contributi. E comunque ogni anno il Colle incassa contributi per 8 milioni e paga pensioni per 90 (38% del bilancio).

Camera e Senato fanno anche peggio. Palazzo Madama, infatti, ogni anno spende per le pensioni circa 182 milioni, 209 la Camera su un budget complessivo di 1 miliardo. Sulla carta «fermo restando il collocamento a riposo d’ufficio per uomini e donne a 65 anni di età», nel caso del Senato, si può andare in pensione al compimento dei 60 anni se in possesso dei requisiti richiesti, ovvero 20 anni di servizio effettivo e 35 anni di contributi. In più c’è anche la possibilità di anticipare l’uscita a 57 anni, ma «con forti penalizzazioni».

E ovviamente ancora tutti col vecchio sistema retributivo. Ora nel suo ultimo resoconto contabile il Senato annuncia «nuove e più restrittive disposizioni» ed anche alla Camera si parla di «inasprimento dei requisiti per il pensionamento di anzianità». Ma l’ultima nota di bilancio non chiarisce assolutamente come si intenda procedere.

Più si sale nella scala sociale e più certi trattamenti pensionistici appaiono agli occhi della gente comune scandalosi. La «pensione d’oro» per eccellenza, certifica l’Espresso nel suo ultimo numero, spetta a Mauro Sentinelli, classe 1947, che arriva a quota 1.173.205 euro lordi l’anno. Ovvero 3.259 al giorno. Come c’è riuscito?

Sentinelli, scrive Giordano sul suo blog, «quando è andato in pensione guadagnava 9 milioni di euro l’anno e si è avvalso della facoltà di passare dalla gestione speciale del fondo telefonici, che paga i contributi solo sulla retribuzione base, a quella obbligatoria dell’Inps, che prende in considerazione anche le altre voci della busta paga, a partire da benefit e stock option». Legale, regolare, ma scandaloso. Dietro a Sentinelli, un altro «telefonico», Alberto De Petris, classe ‘43, (653.567 euro lordi/anno) e Mauro Gambaro, classe 1943, ex direttore generale di Interbanca oggi all’Inter, con 665.084.

Se poi si alza ancora di più lo sguardo ai palazzi «alti» escono altre cifre stellari. Il presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi cumula 30 mila euro/mese di pensione Bankitalia con 4000 euro dell’Inps ed i 19.054 euro dell’indennità da parlamentare, Oscar Luigi Scalfaro, oltre all’indennità di palazzo Madama (19.054) prende 4.766 euro netti al mese dall’Inpdap per avere esercitato l’attività di magistrato per tre anni (dal 1943 al 1946), Lamberto Dini incassa 18 mila euro da Bankitalia, 7000 dall’Inps e 19.054 dal Senato, Giuliano Amato invece cumula 22.048 euro mese dall’Inpdap coi 9.363 che gli da il Parlamento.

Quando tempo fa Lilli Gruber ad «Otto e mezzo» ha osato chiedergli se fosse stato disposto a ridursi la sua pensione d’oro l’ex premier ha risposto piccato: «Non capisco la domanda». E la trasmissione si è chiusa così, nel gelo più totale.

Commenta un frequentatore del blog di Giordano: «E se fosse arrivato il momento di introdurre una tassa sulle sanguisughe?».


Lettera di Giuliano Amato a “La Stampa

Caro Direttore, In relazione all’articolo sulle pensioni d’oro apparso ieri sul Suo giornale, mi permetta di precisare quanto segue. Quando, nella trasmissione Otto e Mezzo, mi venne chiesto da Lilli Gruber come rispondevo a chi mi chiedeva di ridurmi la pensione (che al netto comunque è la metà del lordo, il che non sempre è reso chiaro da chi ne scrive), risposi che non capivo la domanda, non per tracotanza, ma per la semplice e banale ragione che sono ormai un privato cittadino e non ho quindi alcun potere né sulla mia, né su altre pensioni.

Ma avevo appena ricordato che quando ero stato Presidente del Consiglio, ero stato il primo a introdurre il blocco dell’adeguamento all’inflazione e il contributo di solidarietà a carico delle (sole) pensioni elevate, a partire dalla mia, e che ne condividevo l’ulteriore introduzione, che infatti c’è stata.

En passant, avevo anche chiarito che, disponendo della pensione, non avevo voluto gli emolumenti di Presidente del Consiglio e di Ministro del Tesoro, né usufruisco e ho mai usufruito di quelli previsti per il Presidente della Treccani. Forse, nell’effigiarmi attraverso la citazione di ciò che dissi in quella trasmissione, anche questo doveva essere ricordato. Cordiali saluti.

Rassegna Stampa. “Pensioni d’oro” e “La Stampa”ultima modifica: 2011-12-12T17:08:00+01:00da leonedilipari
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