Rubrica Religiosa a cura di mons. Alfredo Adornato

aadornato.JPGdi Alfredo Adornato

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Con questa solennità, dedicata a Cristo Re dell’universo, la Chiesa vuole rendere gloria a Lui, a chiusura dell’anno liturgico. Come a dire un grande GRAZIE a Chi davvero è il grande Amico, che ci ha seguito pazientemente per tutti i passi della vita. Bisognerebbe avere una vita di angeli o di santi che, non solo hanno amato e seguito da vicino Gesù, sperimentandone la potenza e la dolcezza, ma in Lui hanno confidato, fino ad abbandonarsi totalmente.
Ma a volte come siamo lontani, nella vita, dal farci totalmente prendere dalla gioia di ‘appartenerGli’, ossia di fare parte, per l’indescrivibile Suo amore, del Suo Regno, ossia della sua divinità ed eternità! Ci facciamo prendere, e molte volte soggiogare, da piccole creature, idoli morti, che nulla hanno a che vedere con quello che profondamente avvertiamo come esigenza, ossia essere amati. Ma possono amarci e noi amarle, le ‘cose’ che non hanno cuore?
Siamo attaccati alla nostra voglia di indipendenza, al punto che non vogliamo che qualcuno sia sopra di noi, come nostro ‘re’, ma, nello stesso tempo, siamo pronti a seguire ‘divinità’ terrene, che tali sono per la loro ricchezza, o per il prestigio o il potere.
“I grandi della terra – affermava un sapiente – tante volte si servono dei poveri per farli sgabello del loro trono… ma sono ben lontani dal servire i poveri, fino a fare a loro uno sgabello di dignità”.
Il Vangelo, oggi, per descrivere la natura della regalità di Gesù, ce lo presenta nel momento più tremendo della sua vita tra di noi. ” Una scena altamente drammatica, ma che svela il significato che Gesù dà alla parola ‘essere re’.
Immaginiamolo, Gesù, davanti a Pilato, il cui intervento era stato richiesto dalla folla dei Giudei, per avere da lui il diritto di crocifiggerlo. Gesù, nella notte precedente, aveva conosciuto ogni sorta di umiliazioni da parte dei soldati, tanto che per beffa gli avevano messo addosso un manto rosso, sul capo conficcata una corona di spine, nelle mani legate una canna, segni evidenti dell’abiezione.
Lo avevano depredato di ogni dignità, che dovrebbe essere salvaguardata per ogni uomo, sempre, anche se condannato. Non più quindi uomo, ma burla di uomo: ‘Ecco l’uomo’ dirà Pilato. Viene da pensare a tanti, troppi uomini, di tutti i tempi, che per la violenza, l’odio o quello che volete, sono trattati proprio come Gesù. Non più uomini. Questo molte volte è il frutto del potere o della politica, sradicati da ogni etica. Pensiamo ai campi di sterminio durante il nazismo, ai genocidi del nostro secolo o a certe carceri del nostro tempo, dove si ripete, con le torture, quello che è stato fatto a Gesù. Così, tante volte, si esprime “l’essere re” interpretato da noi uomini: un potere che non conosce la legge del cuore e del rispetto, ma solo quella del dominio, della forza bruta, come gli uomini fossero cose da possedere o sopprimere. Invece il momento in cui la regalità di Gesù conosce il ‘trionfo’ è proprio sulla Croce, dove, senza sapere quello che scriveva, veniva proclamata da Pilato una profonda verità: ‘Gesù Nazareno, Re dei Giudei’.
Chi cerca nell’amico prova di amore cui affidarsi, in cui immergersi, come in un cielo di felicità, deve cercare un amore capace di donarsi, perché amare è donarsi…tutto e totalmente, come Gesù sulla Croce. Chi davvero ha fede ed ama, sa, meditando il Crocifisso, cosa voglia dire avere Gesù come Re. Un regno di umiltà, di dono, di totalità, di verità e di tutto il bene che si può pensare.
Tanti, troppi, che pure si dicono cristiani, non conoscono questo dono di amore e non sanno cosa voglia dire vivere la gioia di accogliere ed accettare che Lui, e solo Lui, regni in noi. Nel lontano 1955, l’allora arcivescovo di Milano, Card. Montini, divenuto poi Papa Paolo VI, quasi interpretando i nostri tempi, scriveva alla Diocesi: “Oggi l’ansia di Cristo pervade anche il mondo dei lontani, quando in essi vibra qualche autentico movimento spirituale. La storia contemporanea ci mostra nelle sue solenni manifestazioni i segni di un messianismo profano. Il mondo, dopo avere dimenticato e negato Cristo, lo cerca. Ma non lo vuole cercare qual è e dov’è. Lo cerca tra gli uomini mortali. Ricusa di adorare il Dio che si è fatto uomo e non teme di prostrarsi servilmente davanti all’uomo che si fa Dio. Il desiderio di trovare un uomo sommo, un prototipo dell’umanità, un eroe di complete virtù, un maestro di somma sapienza, un profeta di nuovi destini, un liberatore di ogni schiavitù e di ogni miseria assilla oggi le generazioni inquiete, che, forti di qualche sconsacrato frammento di verità, colto al Vangelo, creano miti effimeri, agitano inumane politiche e preparano così grandi catastrofi. Dall’inquietudine degli spiriti ribelli e dall’aberrazione delle dolorose esperienze umane, prorompe fatale la confessione di Cristo risorto: di Te abbiamo bisogno”.
E chiuderà il discorso, che credo sia il grido nascosto di tanti, come per l’assetato che cerca l’acqua: “Tu ci sei necessario o Gesù, fratello primogenito del genere umano, per trovare le ragioni della fraternità tra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il sommo bene della pace… Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio con noi, per imparare l’amore vero e per camminare nella gioia e nella forza della carità lungo il cammino della nostra via faticosa, fino all’incontro finale, con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli”.
Parole che davvero comunicano quel respiro del cuore che solo Gesù può darci e ben poco o nulla gli altri.

Rubrica Religiosa a cura di mons. Alfredo Adornatoultima modifica: 2009-11-21T08:40:36+01:00da leonedilipari
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