Rubrica Religiosa a cura di Mons. Alfredo Adornato

aadornato.JPGdi Alfredo Adornato

Domenica 24 maggio, Ascensione del SIgnore (Anno b). Dal Vangelo secondo Marco. In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Nel brano di questa domenica (16,15-20) Marco conclude l’intero suo racconto evangelico. Una conclusione che non chiude, però, il discorso, bensì lo apre. Inizia un cammino nuovo, non più del solo Gesù, ma di Gesù e della sua Chiesa. Ma quale cammino? In che direzione? Con quale modalità? Si tratta anzitutto di un cammino universale: in tutto il mondo, a ogni creatura, dappertutto (v. 20). Ciascun uomo, dovunque sia e a qualsiasi razza appartenga, ha il diritto di sentire l’annuncio del Vangelo. Per Gesù – e per i suoi missionari – non esistono i vicini e i lontani, i primi e gli ultimi. Gesù non dice ai discepoli di iniziare la missione da Gerusalemme: li invia subito in tutto il mondo. Il compito è quello di «predicare», un termine questo che merita una spiegazione. Non significa semplicemente tenere una istruzione o una esortazione o un sermone edificante. Il verbo «predicare» indica l’annuncio di un evento, di una notizia, non di una dottrina. Si tratta di una notizia decisiva: non è solo un’informazione, ma un appello. Tanto è vero che proprio nella sua accoglienza o nel suo rifiuto l’uomo gioca il suo destino: «sarà salvato», «sarà condannato» (v. 16). È questa un’affermazione dura, e certamente da intendere con le dovute precisazioni. Ma è pur sempre un’affermazione che non si può cancellare dal Vangelo. Il Vangelo predicato diventa credibile e visibile dai segni che il discepolo compie. Ma deve trattarsi di segni che lasciano trasparire la potenza di Dio, non quella dell’uomo. E deve trattarsi di segni che riproducono quelli compiuti da Gesù: le stesse modalità, lo stesso stile, gli stessi scopi. Non si dimentichi, poi, che il grande segno compiuto da Gesù è stata la sua vita e la sua morte: il miracolo di una incondizionata dedizione a Dio e agli uomini. Gesù ha terminato il suo cammino e si siede, i discepoli invece iniziano il loro cammino e partono. Gesù sale in cielo e i discepoli vanno nel mondo. Ma la partenza di Gesù non è una vera assenza, bensì un’altra modalità di presenza: «Il Signore operava insieme con loro e dava fondamento alla Parola» (16,20). Un’ultima osservazione: Gesù (16,14) «rimproverò i discepoli per la loro incredulità e durezza di cuore». Rimprovera i suoi discepoli per la loro incredulità e tuttavia li invia a predicare nel mondo intero. Un contrasto sorprendente. Il discepolo viene meno ma non viene meno la fedeltà di Gesù nei suoi confronti. È per questo che il cammino della Chiesa rimane, nonostante tutto, un cammino aperto e ricco di possibilità.

Rubrica Religiosa a cura di Mons. Alfredo Adornatoultima modifica: 2009-05-23T08:47:39+02:00da leonedilipari
Reposta per primo quest’articolo