RUBRICA RELIGIOSA A CURA DI MONS. ALFREDO ADORNATO

1261218824.jpegdi Alfredo Adornato

L’ipocrisia dei farisei e dei sadducei proclama la veridicità di Gesù, che essi cercano di cogliere nella rete di un dilemma sapientemente calcolato: o egli afferma che il tributo ad uno Stato straniero e idolatra è lecito, e perde la stima di coloro che non accettano il dominio romano; oppure dichiara che questo tributo è illecito, e apre la porta al suo processo con l’accusa di istigare la sedizione. “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare”. Gesù non è il capo di un movimento di rivolta: il suo discepolo deve compiere i suoi obblighi civici. È in questo modo che l’ha capito la prima Chiesa (Rm 13,1-7; 1Pt 2,13-17). Ma ciò che è importante e decisivo, e che non sembra preoccupare i farisei, è il seguito: “E a Dio quello che è di Dio”. Soltanto a Dio si devono l’adorazione e il culto, e né lo Stato né alcun’altra realtà di questo mondo possono pretendere ciò che è dovuto esclusivamente a Dio. Il martirio è l’espressione suprema della resistenza cristiana di fronte al tentativo assolutistico del potere temporale di usurpare il posto di Dio (Ap 20,4).

A Dio ciò che è di Dio! Ma tutto appartiene a Dio, che è il creatore. Ed è per questo che non si può astrarre Dio durante la costruzione della città terrena, “quasi che Dio non meriti alcun interesse nell’ambito del disegno operativo ed associativo dell’uomo” (Reconciliatio et paenitentia , 14). L’uomo può realizzare la pretesa blasfema di costruire un mondo senza Dio, ma “questo mondo finirà per ritorcersi contro l’uomo” (ivi , 18).

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete
dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Il Vangelo di oggi pare voglia condurre per mano a entrare nella verità dell’uomo: una verità che si tenta in tanti modi di cancellare per fare posto non si sa a cosa o a chi. E l’uomo non può vivere “per nulla”. Cercare la verità, quella che viene solo da Dio, è una necessità, se uno dà voce alla sua coscienza, e chiude l’udito alle tante voci che alla fine risultano solo un suono fastidioso. La trappola che i farisei volevano tendere a Gesù e che Lui smaschera era: o Gesù è fedele alla verità di Dio e quindi deve rispondere che il tributo non si deve pagare, rischiando di essere denunciato al procuratore romano – e per questo avevano portato con loro gli erodiani pronti ad arrestarLo – oppure che lo si doveva pagare e avrebbe mostrato di cedere a compromessi con l’autorità imperiale minando così la sua credibilità presso il popolo.

Gesù non si fa ingannare e da qui la sua risposta. Come a distinguere molto nettamente il ruolo della fede e della salvezza da quello puramente reale o politico. E’ da tempo che si cerca di riproporre la stessa “trappola” alla Chiesa. Si vorrebbe non parlasse e ci si lamenta se non parla. Come a dire: “Ma da che parte stai nel gioco della storia diretta dalla politica, dall’economia e da quello che si vuole di umano, puramente umano?”

Quante parole sono state dette e scritte in questi ultimi tempi a proposito della Chiesa che interviene sui grandi problemi dell’uomo, della vita, della giustizia! Fa sempre male la denuncia o lo smascheramento del male che si vorrebbe proporre come bene dell’uomo e per l’uomo. Ma la Chiesa non può tacere: non deve tacere. I milioni di morti di fame e le vergognose disuguaglianze tra popoli e nelle stesse nazioni, non sono reati da fare passare in silenzio. Non si può accettare passivamente o con indifferenza che ci siano queste silenziose e sanguinose guerre che non fanno rumore, ma tanto scempio alla giustizia e pace.

Se la Chiesa tacesse avrebbe enormi responsabilità davanti a Dio ed alla storia.

” Parole dure che sembrano fare eco a quelle del profeta Isaia: “Per amore del mio popolo non tacerò”.

Oggi, come sempre, la verità, che è la grande profezia della Chiesa, sappiamo tutti non ha strada facile. A volte conduce al martirio, come se verità e martirio fossero anime gemelle.

Quanta lezione di coraggio ci ha dato il venerabile ed amatissimo Papa Giovanni Paolo II non solo nelle sue encicliche, ma ancora di più nelle sue visite pastorali alle nazioni del mondo. Non aveva paura certamente di dire tutto il Vangelo senza sottacerne la bellezza, ma anche il monito di Dio.

E’ bene allora ricordare quanto afferma il Concilio Vaticano II nella “Gaudium et Spes”. “La Chiesa, che in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica, e non è legata da alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendentale della persona umana. La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se in modo diverso, sono al servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera tanto più efficace quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra di loro…L’uomo non è limitato al solo orizzonte temporale, ma vivendo nella storia umana, conserva integralmente la sua vocazione eterna” (G. S. n. 15 e 16). Altro che affermare che la Chiesa fa politica.

Che “madre e maestra” sarebbe la Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi se non fosse voce a difesa dell’uomo? E per questo ha tanti martiri.

Con Madre Teresa chiedo per tutti che Dio insegni l’amore.

“Signore, insegnami a non parlare come un bronzo risonante o un cembalo squillante, ma con amore.

Rendimi capace di comprendere e dammi la fede che muove le montagne, ma con l’amore.

Insegnami quell’amore che è sempre paziente e sempre gentile: mai geloso, presuntuoso, egoista o permaloso, l’amore che prova gioia nella verità, sempre pronto a perdonare, credere, sperare e sopportare.

Infine quando tutte le cose finite si dissolveranno e tutto sarà chiaro, che io possa essere stato il debole, ma costante riflesso del tuo amore perfetto”.

RUBRICA RELIGIOSA A CURA DI MONS. ALFREDO ADORNATOultima modifica: 2008-10-18T14:00:11+02:00da leonedilipari
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