Soprannominato “faro del Mediterraneo”, Stromboli è uno dei sette vulcani dell’arcipelago delle Eolie, al largo della costa settentrionale della Sicilia. L’isola, omonima, è poco più grande di dodici chilometri e il vulcano, alto appena 926 metri sul livello del mare, è uno dei più attivi al mondo: da 2.500 anni emette fontane di magma incandescente praticamente senza sosta.
Stromboli e le isole vicine, che dal 2000 sono siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO, sono cruciali per la vulcanologia. Ogni estate barche piene di visitatori arrivano a Stromboli per le splendide spiagge di sabbia nera e fino a 500 persone si arrampicano verso la cima, al tramonto, per ammirare la lava stagliarsi contro il cielo serale.
Le tragiche eruzioni estive
Lo scorso luglio, prima della partenza di molti gruppi (la scalata dura 4 ore), un’eruzione parossistica ha scagliato una colonna di gas a cinque chilometri d’altezza. Sassi incandescenti e cenere scendevano lungo il pendio Sud-occidentale incendiando la vegetazione. Le barche dei soccorsi hanno fatto evacuare le persone intrappolate sul vulcano, locali e turisti. Un escursionista è morto e diversi altri sono rimasti feriti.
Il 28 agosto, qualche settimana dopo, un’altra forte eruzione ha scatenato una colata piroclastica lungo la Sciara del fuoco: un ripido canale dove le colate di lava scivolano dal cratere fino al mare, creando una valanga di gas e frammenti rocciosi tali da provocare un piccolo tsunami. La Protezione Civile ha stabilito che il vulcano è instabile e proibito l’accesso al di sopra dei 290 metri, circa un terzo dell’altezza di Stromboli.
Il Laboratorio di Geofisica Sperimentale dell’Università di Firenze, che con l’Ingv e la Protezione Civile monitora Stromboli, ha dichiarato: “Nelle ultime 24 ore ha mostrato un’attività esplosiva da cratere di sud-ovest molto alta. Il tremore vulcanico mostra valori medi”.
Il tramonto del turismo
Sono arrivata a Stromboli a inizio novembre, curiosa di scoprire se una visita senza il panorama incredibile dalla cima, con vista sul cratere al di sopra delle nuvole, sarebbe stata soddisfacente. “I tour sul vulcano sono molti di meno da quando c’è stata l’eruzione quest’estate”, racconta Beatrice Fassi di Magmatrek, tour operator locale. “Se vorremo ancora del turismo qui, dovremo reinventarcelo.”
Al tramonto camminiamo rapidamente lungo una stretta strada che attraversa San Vicenzo, san Bartolo e Piscità, tre centri lungo la costa settentrionale dell’isola dove vivono gran parte dei 500 abitanti di Stromboli. Speriamo di raggiungere il percorso che risale la montagna e costeggia Sciara del fuoco prima che faccia buio.
Le case bianche di Stromboli, decorate da bougainville variopinte, bignonie e piombaggini, rallegrano la giornata che va a finire. Ogni tanto si vedono i fari di un motorino o di un motocarro a tre ruote. A Stromboli non ci sono lampioni lungo la strada né automobili.
Lungo il sentiero
Ci salutiamo all’Osservatorio, una pizzeria lungo la costa su Punta Labronzo con una vista incredibile sulle fontane vulcaniche di Stromboli. Metto la lampada da testa e proseguo risalendo la montagna per incontrare Mario Zaia, detto Zazà, la guida storica di Stromboli.
Il sentiero risale un tracciato a tornanti, rivestito con lastre di pietra vulcanica nel 1951: era l’anno dopo Stromboli, il film di Roberto Rossellini con Ingrid Bergman che ha presentato al mondo quest’isola remota. Ogni quindici minuti il vulcano emette un rombo tonante e rossi bagliori di magma illuminano il cielo. Mi sento sorprendentemente calma, sola in questa realtà che non mi è familiare.
In 90 minuti raggiungo il punto di osservazione e vi trovo una decina di appassionati di vulcani che ammirano le fiamme e i ruggiti di Stromboli. Poi una silhouette barbuta, con un paio di bastoncini da trekking e un cane alle calcagna, mi supera. Chiamo, “Zazà!” e iniziamo la discesa insieme.
La discesa con Zazà
“Viviamo su una bomba”, dice lui. “E questo ti spaventa?”, chiedo io. “Al contrario”, mi risponde. È profondamente meravigliato dalla forza persistente che ha spinto questo stratovulcano a emergere dal fondale del Tirreno e a creare, eruzione dopo eruzione, il cono che vediamo oggi. Appena il 2% di una massa enorme che si estende per oltre due chilometri sott’acqua.
A volte Zazà porta i gruppi di visitatori su e giù dalla cima anche due volte al giorno. Ma non è stanco né annoiato, mi dice, perché ogni volta è diverso. È un’esperienza che ispira, che ti eleva, ma che trasmette anche una potente energia, uno splendido senso di precarietà.
Un’isola sempre più sostenibile
Nel XIII secolo gli abitanti coltivavano lungo le pendici terrazzate del vulcano ma un’epidemia di fillossera – nel 1880 – ha attaccato i vigneti e distrutto la cultura agricola. Alcuni hanno trovato il proprio sostentamento nella pesca, altri sono emigrati in Australia. Quando una violenta eruzione ha ucciso sei persone, nel 1930, la popolazione è passata da circa 5.000 persone a meno di 500.
Oggi gli abitanti di Stromboli sono impegnati a rendere la vita sull’isola sostenibile per le generazioni future. Vincenzo Cusolito sta partecipando allo sforzo cooperativo di rianimare mille olivi abbandonati dagli antenati emigrati dall’isola. Attiva Stromboli, l’associazione no-profit supportata dall’Aeolian Islands Preservation Fund, ha presentato all’isola il primo frantoio che ha spremuto dodici tonnellate di olive lo scorso autunno. I volontari come Cusolito possono tenere il 30% dell’olio, chiamato Èolio, per venderlo. Nel settembre 2020 Cusolito aprirà al pubblico la raccolta annuale di olive e uva – insieme alle degustazioni di vini – come parte delle attività di un agriturismo che gestirà insieme ai tre figli.
Durante il giorno Salvatore Russo lavora nell’edilizia. Ma di notte, in un ampio atelier vicino casa, scolpisce la densa roccia vulcanica che emerge dal vulcano. Il suo studio è una tappa classica degli itinerari sull’isola e i visitatori possono assistere mentre mostra le sue tecniche artistiche, circondati dalle opere pluripremiate e da quelle in lavorazione.
Durante la notte i pescatori di Stromboli lanciano le reti dalle loro piccole barche di legno e rientrano all’alba per vendere il pescato sulla spiaggia. Lo chef Frank Utano, un tempo anche lui pescatore, ogni mattina raccoglie a mano i frutti di mare per il suo ristorante, il Ristorante da Zurro, sul lato opposto del porto. Il suo piatto caratteristico sono gli spaghetti alla Stromboliana, pasta fresca condita con acciughe, aglio locale, pomodori ciliegini e peperoncini piccanti. I suoi antipasti creativi, la vista magnifica e l’ambiente accogliente hanno fatto guadagnare al locale una clientela di fedelissimi tra i turisti estivi.
È davvero necessario salire in cima?
Nel mio ultimo giorno a Stromboli la guida più giovane di Magmatrek, Manuel Oliva, mi accompagna in un’escursione naturalistica con vista sui tre villaggi più a Nord. Nato e cresciuto qui, Oliva vuole restare sull’isola. Su un terreno vicino alla costa sta piantando alberi di mango e avocado, per introdurre nuovi frutti sull’isola e prevenire l’erosione del suolo.
Quando arriviamo al belvedere, a 290 metri, Oliva si ferma per fare dei controlli di sicurezza e io proseguo scendendo dalla montagna lungo il sentiero percorso le sere precedenti. Alla luce del giorno, vedo quello che mi era sfuggito al buio: fichi d’India e ulivi nodosi arrampicati sul sentiero, il mare color cobalto più in basso. Come accade a Zazà, camminare di nuovo sul vulcano mi riempie di energie e la sua vetta ardente non mi fa mai sentire sola. Mi rendo conto che non è necessario salire fino in cima per sentirsi soddisfatti. A volte, un vulcano va ammirato dal basso. Con gli occhi rivolti al cielo, colmi di gratitudine.(nationalgeographic.it)