Da Roma in linea Natalino Natoli

natalinonatolipiccola.jpgdi Natalino Natoli*

Ansia “madre” e ansia “matrigna”.

Paura, angoscia, Stress, Ansia, Fobia, Ossessione, Depressione, Panico, sono tutti termini che ormai fanno parte del nostro linguaggio comune, tanto che le ricerche epidemiologiche condotte finora in varie parti del mondo segnalano l’alto numero di persone  affette da “malattie d’ansia”. Nel mondo, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 500 milioni di persone soffrono di disturbi legati all’ ansia.

Circa il 10% delle persone che si rivolgono ai medici di medicina generale è sofferente a causa di un disturbo di ansia. Nel 7,9% dei casi si tratterebbe di DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATA, nell’1% dei casi di ATTACCHI DI PANICO, e nel 1,5 % dei casi di AGORAFOBIA (paura degli spazi aperti, per i luoghi affollati, etc.). Oggi, in un momento qualsiasi del giorno – come segnalato in una monografia sull’ansia pubblicata dalla casa editrice Fernando Folini – 1 miliardo e mezzo di persone soffrono a causa di un qualunque tipo di disturbo neuropsichiatrico, dal disturbo mentale al disturbo del comportamento e ben il 75% di essi vive in Paesi in via di sviluppo. In Italia oggi si calcola che circa 5 milioni di persone soffrono di depressione e 3 milioni di disturbi d’ansia; il dato più recente riguarda la popolazione di Firenze  della quale l’8,2% soffre di un disturbo d’ansia nel corso della vita. Tale percentuale aumenta notevolmente, raggiungendo il 10%, se consideriamo i pazienti che frequentano gli ambulatori del medico di base ed è ancora più alta fra i pazienti ricoverati in ospedale per problemi organici (10-15% dei pazienti ricoverati).

Nonostante in Europa l’ansia colpisca un numero di persone sempre più elevato, solo 1 persona in difficoltà su 4 si rivolge ad uno specialista e che, tra coloro che chiedono aiuto solamente 1 su 3 riceve un aiuto appropriato, sia farmacologico che di sostegno psicologico. L’ansia può essere definita come una tensione apprensiva, o irrequietezza, che sorge dal sentire come imminente un pericolo, sia pure vago, di origine sconosciuta.

E’ uno stato emotivo, molto vicino alla paura, vissuto dal soggetto come una sensazione di penosa aspettativa di pericolo imminente, senza che vi sia un oggetto reale a provocarla. Il soggetto si sente “teso”, “nervoso”, “eccitato”, “impaurito”. Tale sentimento di preoccupazione/apprensione investe la persona nella sua globalità.

«Sono preoccupato e non riesco a capire perché»  è una tipica espressione della persona ansiosa e ancora: «mi sembra che le cose vadano bene, non riesco a capire come mai mi sento così agitato….in fondo non ho motivi…va tutto bene…eppure non mi sento tranquillo». La persona ansiosa ricerca nella sua vita quotidiana stimoli, eventi o cause che razionalmente possano giustificare la sua condizione e spesso, non riuscendone a trovare alcuna, non riesce a trovare possibili soluzioni che allontanino lo stato di tormento. Il fatto è che, nel caso dell’ansia, i motivi si trovano all’interno del soggetto stesso, sepolti nel suo inconscio, e spesso hanno radici in esperienze molto primitive della sua vita psichica e relazionale.

Precisiamo, spesso ci troviamo di fronte ad un certo grado di ansia che possiamo definire “madre/buona” o funzionale, cioè non pericolosa in quanto eccita la nostra curiosità e ci rende intraprendenti, migliora le nostre prestazioni e ci dà tono. L’ansia può essere definita come una tensione apprensiva, o irrequietezza, che sorge dal sentire come imminente un pericolo, sia pure vago, di origine sconosciuta. L’ansia nelle situazioni di emergenza, ad esempio, procura una reazione del nostro sistema nervoso vegetativo, che consente di mobilitarci e di organizzare la difesa. E’ utile, cioè, all’uomo perché determina nell’organismo lo stato di allerta e la tensione necessarie a superare un momento difficile, un imprevisto, un ostacolo. L’ansia diventa  “matrigna” o disfunzionale quando l’individuo non riesce ad adattarsi agli eventi della vita e far fronte agli ostacoli; quando manca di efficienza e non riesce a raggiungere scopi realistici, né comuni soddisfazioni; quando è incapace di sviluppare e mantenere buone relazioni con gli altri; quando dunque non riesce a mantenere un ragionevole benessere emotivo.

In effetti non è facile tracciare una precisa linea di confine tra ansia “madre” e ansia “matrigna”, soprattutto perché la differenza sta nella quantità più che nella qualità; infatti entro certi livelli , abbiamo visto, essa ci serve ad affrontare la vita., ma se supera una data misura, che varia da individuo a individuo e da momento a momento, può avere effetti dannosi. L’ansia è disfunzionale, quando il modo in cui viene vissuta è caratterizzato da una sensazione di profonda  debolezza fisica, mentale e di dipendenza, cosicché l’individuo non riesce più ad “andare avanti” né a tornare allo stato precedente e allora si “blocca”. L’ansia è “matrigna” quando l’individuo non riesce ad adattarsi agli eventi della vita e far fronte agli ostacoli; quando manca di efficienza e non riesce a raggiungere scopi realistici, né comuni soddisfazioni; quando è incapace di sviluppare e mantenere buone relazioni con gli altri; quando dunque non riesce a mantenere un ragionevole benessere emotivo. L’ansia è un fenomeno molto complesso, di cui oggi ci dobbiamo occupare in quanto può colpire tutti noi e in qualsiasi momento. Continueremo il nostro viaggio con altri interventi.

*Psicologo di Roma

Da Roma in linea Natalino Natoliultima modifica: 2012-10-08T13:48:00+02:00da leonedilipari
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