Lo storico Ruta “evitare la catastrofe in Italia. Che fare?”

di Carlo Ruta

Dobbiamo prenderne atto: non esistono modelli, perché è mancata la capacità di pensarli in tempo, un attimo prima. Occorre quindi inventarseli, adesso. La storia stessa non offre punti di riferimento chiari. Sarebbe inutile ricercare precedenti nel periodo lungo per trarne lezioni decisive, perché la lotta contro le pestilenze, contro i morbi, fino a qualche secolo fa avveniva con mezzi inadeguati, i numeri degli infettati e dei morti erano immensi, i tempi per il ritorno alla normalità erano lunghissimi, perlopiù di anni, e la conoscenza in campo medico solo tra l’Ottocento e il Novecento ha fatto balzi in avanti decisivi.

Stiamo vivendo in realtà un disastro in progress, e ce ne ricorderemo per sempre. Ma occorre riflettere su quel che ancora è possibile fare per evitare, che in Italia, nel Nord soprattutto, oggi nelle «barricate», si sprofondi ancora. Il nostro Paese, lo si è detto già, non è la Cina, per tanti motivi. E tuttavia il governo italiano, nel vuoto quasi assoluto di punti di riferimento, storici e del presente, ha dovuto ispirarsi, per necessità, a quella esperienza. Dall’Oriente asiatico è arrivato un modello che appariva risolutivo e lo si è adottato. Ma proprio perché l’Italia non è la Cina, questo paradigma operativo si sta rivelando poco applicabile e, soprattutto, non risolutivo. Vi prego allora amici di seguire il mio ragionamento, perché credo che qui stia la chiave di tutto, e soprattutto dell’attuale situazione italiana.

La Cina, che conta circa un miliardo e 300 milioni di abitanti, non ha chiuso l’intero paese, dall’Oceano Pacifico alle frontiere con la Mongolia, a quelle occidentali con India, Pakistan e Kazakistan. Non avrebbe potuto adottare una soluzione del genere perché ne sarebbe derivato il più grande disastro umano della storia. Ha chiuso, ermeticamente, solo una provincia, quella di Hubei, che ha un numero di abitanti pari a quello italiano, e ha fatto tutto ciò nella maniera più determinata e totalizzante, con l’arresto di tutti i settori produttivi, inclusi gran parte di quelli strategici, lasciando attivi solo gli avamposti medici, potenziandoli anche, e pochissimo altro.

Ma ciò è potuto avvenire perché nei tre mesi che sono stati necessari alla eradicazione del morbo da quella provincia, l’altra Cina, con i suoi territori immensi, con il suo gigantismo economico e con il suo «restante» miliardo e 250 milioni di abitanti attivi, ha continuato produrre tutto l’occorrente per sé, e, in maniera piena e di fatto solidale, per la provincia immobilizzata. E sta qui la differenza con il nostro Paese.

L’Italia, come qualsiasi altra nazione al mondo, non può chiudere tutto perché collasserebbe dopo due giorni. Ha fatto comunque delle scelte, a gradi. Prima ha creato, con acume e ponderatezza, le zone rosse. Ma quando il timore di un contagio generalizzato ha preso il sopravvento, il Paese intero, dal Brennero alla Sicilia, è diventato di fatto, con decreti di emergenza, zona rossa. Quel che è avvenuto in queste due settimane è tuttavia ben noto: il virus continua ad alimentarsi ed è sempre più virulento. Si comprende allora, ad un esame disilluso dei fatti, che il provvedimento del Governo, pur importante, pur utile per tanti aspetti e perciò comprensibile, non può essere decisivo e conclusivo, anche dopo gli inasprimenti degli ultimi giorni. Per quali motivi?

L’Italia, come ogni altro paese, conta su una serie di settori economici e di attività pubbliche di rilevanza strategica che, anche nelle condizioni estreme, come quelle di una guerra devastante, non possono essere bloccati senza che si determini l’implosione materiale dell’intero sistema, economico, sanitario, sociale e civile. L’ho detto ieri ma è il caso di ribadirlo oggi, in maniera un po’ più argomentata. Non si possono fermare l’industria alimentare, la produzione agricola, l’industria farmaceutica, l’industria dell’elettricità, la gestione delle reti fognarie, la manutenzione degli autoveicoli, il trasporto merci e di passeggeri, il trasporto aereo, il trasporto marittimo, i servizi postali, i servizi di vigilanza, i servizi di pulizia urbana.

Non possono essere fermati inoltre: il sistema sanitario, gli organi amministrativi dello Stato, delle Regioni e dei Comuni, le attività di assistenza pubbliche e private, i corpi armati e i servizi di polizia, il sistema carcerario, i servizi funerari. E si sta parlando, si badi, solo degli ambiti più significativi.

Come si può ben capire, anche in tempo di coronavirus, si tratta di masse enormi di persone, nell’ordine di milioni, che giorno dopo giorno sono chiamati ad espletare le loro funzioni, vitali appunto, che implicano contatti materiali, relazioni, sinergie, scambi. E non può essere evitato, a ben vedere, che da questi milioni di cittadini attivi e cooperanti il morbo continui a penetrare nel vivo dell’Italia, quella che, per decreto, resta barricata in casa. È inutile illuderci: i numeri sono troppo grandi, trattandosi di milioni appunto, perché ciò non accada. Lo si è visto in questi giorni.

Nella stragrande maggioranza, questi italiani attivi hanno familiari con cui vivono, madri, mogli, mariti, figli, nonni, nipoti, e in determinate ore del giorno e della notte è naturale che si ritrovino in un focolare domestico. Si evince allora, da tutto ciò, che la chiusura in casa di gran parte della popolazione non basta. Occorre a questo punto altro. Il tempo è sempre più esiguo, e si è già quasi al marasma, come nel racconto dantesco del conte Ugolino, per metterla in metafora, con i padri che rosicchiano i figli.

Dopo quasi un mese di gestione di questa crisi, senza precedenti appunto, manca ancora l’essenziale, dai tamponi alle banali mascherine protettive, a ogni altro presidio sanitario, mentre numerose categorie di malati, per sopperire alla carenza di strutture ospedaliere e di operatori medici e paramedici nelle aree più congestionate dal contagio, vengono lasciati di fatto a sé stessi, spesso senza cura.

Quando ci vuole per porre fine a questo caos italiano a cielo aperto? John Rawls diceva che il governo di un paese bene ordinato, cioè civile, è legittimato a concepire la disuguaglianza solo in un caso: quando si tratta di assicurare pienezza di diritti ai più svantaggiati. In Italia, i più svantaggiati in questo momento sono diventati invece gli agnelli sacrificali. E peseranno come macigni nella coscienza di chi aveva e ha il dovere di prevenire e di fare il possibile per scongiurare il peggio.

Che fare, allora, per fuoriuscire da questa situazione apocalittica? Ritengo che ci possano essere ancora atti ancora atti importanti, con la consapevolezza comunque che siamo arrivati davvero all’ultima spiaggia. Anzitutto, credo che sia utile tornare alla differenziazione delle aree, e alla decretazione, per quelle più colpite, nel Nord, dell’arresto di ogni attività. Si lascino operare, in queste province, solo gli avamposti sanitari. Si faccia presto a potenziarli, a moltiplicarli, a porli in sicurezza, e si congelino anche parti dei settori strategici. E, dal momento che è mancata l’azione solidale di altri paesi, è importante che sia l’altra Italia a farsi carico di tutto quel che occorre, attivando in pochissimi giorni un’industria dell’emergenza, nell’Italia centrale e nel Sud in particolare, in cui il contagio non manifesta ancora un andamento parossistico.

Si riattivi in sostanza la vita delle aree del Paese in cui la situazione appare ancora gestibile, perché il blocco rischia di risultare, nel presente e in prospettiva, estremamente dannoso. Qui non si tratta di chiudere, come si sta facendo, ma di riconvertire con urgenza, attivare appunto un’industria straordinaria, di guerra all’infezione, mettendo in campo tutte le energie possibili. E in questo caso sì che la storia offre degli esempi: come quello, davvero luminoso, delle donne di Cartagine, che nel 146 a.C., quando la città nordafricana era allo stremo, all’unisono sacrificarono tutto, perfino i loro capelli, per ricavarne cordame, necessario per la difesa, ormai disperata, delle mura. Non servì a nulla contro gli assedianti di Scipione Emiliano, ma quelle donne ci provarono.
Pensiamo ancora alla resistenza. Pensiamo alla rivolta del Ghetto ebreo di Varsavia. Ricordiamoci dell’Italia del «fischia il vento». Siamo o non siamo i figli e i nipoti di quella generazione? Dimostriamo di esserne degni e ci si muova, subito.

Vanno emergendo prodotti antivirali già in uso che, impiegati nelle terapie contro l’infezione, stanno dando frutti. Sulla base di ciò si istituisca allora, con urgenza, in due-tre giorni, e non di più, un protocollo di cure. Si levi la voce dell’Italia che «sventola sul ponte bandiera bianca», come la Venezia del 1848 di Arnaldo Fusinato, perché si crei, subito un organismo tecnico internazionale, di scienziati e medici, per l’approntamento di un vaccino in tempi rapidi, possibilmente entro l’estate. Si provveda a dotare l’intero paese di presidi sanitari, subito. Si provveda a sanificare gli ambienti, le scuole, gli uffici pubblici, i luoghi di socializzazione, subito.

Si chiedeva Kennedy se ci fosse un giudice a Berlino. È ora di chiedersi perché in questo momento non si levano a sufficienza voci alte e influenti, come, un tempo, quelle di Bertrand Russell, Piero Calamandrei, Giorgio La Pira, Albert Einstein, Benedetto Croce. Possibile che l’Occidente, che ha creato tutto, che ha inventato tutto, che si è sentito fino ad oggi padrone di tutto, debba votarsi alla catastrofe, morale oltre che materiale? Possibile che l’Italia resti, a fronte di tutto questo, attonita e spaesata?

*Storico e saggista

#Coronavirus: vertice a Messina con Musumeci

Vertice a Messina voluto dal presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, sull’emergenza Coronavirus, al quale hanno preso parte il prefetto Maria Carmela Librizzi, il sindaco Cateno De Luca, i vertici delle Forze dell’ordine e delle Aziende sanitarie peloritane.

Nella sede della prefettura, il governatore ha illustrato tutte le misure già adottate nelle strutture ospedaliere del capoluogo e della provincia messinese per fronteggiare l’emergenza in atto e le iniziative per contrastare un eventuale picco dell’epidemia.

In particolare è stato organizzato un Piano, che ricalca il profilo epidemiologico delle aree del Nord maggiormente esposte, che prevede una dotazione adeguata di posti letto Covid-19 con oltre 110 posti di terapia intensiva distribuiti su vari presidi ospedalieri.

L’assessore alla Salute Ruggero Razza ha quindi descritto quanto è stato predisposto per i pazienti contagiati dell’Istituto Bonino Pulejo, del personale e degli ospiti e gli operatori della casa di riposo in cui si sono registrati dei casi di Coronavirus.
Prima del vertice, il governatore e Razza hanno effettuato un sopralluogo proprio negli ospedali della città dove la riconversione è già stata avviata.

“Ci siamo mossi con largo anticipo proprio per anticipare il virus – ha detto il governatore Musumeci -. Al Policlinico ho trovato un fronte già attrezzato per reggere un urto che nessuno vorrebbe mai attendersi. Anche al Papardo si sta lavorando con grande efficienza e presto, oltre al reparto che ospita già alcuni concittadini contagiati, sarà attrezzato un intero plesso con ulteriori posti letto dedicati alla pandemia”.

Lipari, è morto il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Gisabella

Lipari – Un inizio di anno peggiore non ci poteva essere. Le morti si susseguono in maniera impressionante. Quasi una al giorno.

Ci ha lasciati anche il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Gisabella.

Aveva 86 anni.

Per un ventennio circa aveva comandato la caserma dei carabinieri di Lipari con brillanti risultati

Dal 1999 era stato anche il fondatore del Circolo dei Pensionati che porta il suo nome.

Alla moglie Tanina e ai figli Sandra e Orazio le condoglianze di Gennaro, Salvatore, Bartolino Leone e famiglie.

Il Cavaliere Gisabella lo vogliamo ricordare attraverso questa intervista rilasciata al nostro giornale online

Finisce l’indennità di disoccupazione. Si prospetta un inverno di sofferenza

Un dramma silenzioso, quello dei lavoratori stagionali del turismo e del commercio. A denunciarlo è la Fisascat Cisl nel corso del suo Esecutivo provinciale. il 40% di loro ha terminato, infatti, proprio in questi giorni di Natale ha finito di percepire l’indennità di disoccupazione, la Naspi, e sta per entrare adesso in un inverno di sofferenza.

«I lavoratori contrattalizzati a maggio, il cui contratto è terminato il 30 settembre scorso, e che hanno lavorato dunque per 5 circa mesi – spiegano Pancrazio Di Leo e Salvatore D’Agostino, responsabili della Fisascat Cisl Messina – hanno avuto accesso alla Naspi per un corrispettivo di 2 mensilità e mezza e sino alla prossima primavera non avranno alcun sussidio per mandare avanti le loro famiglie. È un’emergenza economica ma soprattutto sociale».

Il dato, per altro, si ancor più preoccupante se si tiene conto di chi ha iniziato a giugno e che fa aumentare la stima dei lavoratori al 50%. «C’è chi ha lavorato sino ad ottobre – continuano Di Leo e D’Agostino – ma anche per loro sta iniziando un inverno complicato e da gennaio tutti i lavoratori stagionali sono costretti a dover affrontare un lungo inverno senza alcun sussidio, e così sarà sino ad aprile-maggio, sino cioè all’avvio della prossima stagione turistica».

La Fisascat Cisl di Messina ha ribadito come i lavoratori stagionali sono stati penalizzati dalla Riforma Naspi varata nel 2015 nell’ambito del Jobs Act e che, nel determinare il superamento della Aspi e MiniApsi, non si è rivelato una riforma del lavoro funzionale alle necessità del comparto ma ne ha invece acuito le difficoltà.

La riduzione del periodo lavorativo e contributivo sta progressivamente portando alla fame migliaia di famiglie per le quali il periodo invernale è ormai diventato un incubo. Un problema ben vivo nel comprensorio di Taormina e ancora più drammatico appare l’esempio di realtà turistiche di rilievo come le Isole Eolie, dove il periodo di impiego consente ai lavoratori di percepire in media due mesi di indennità Naspi, che evidentemente non possono bastare alle famiglie per affrontare un arco di tempo equivalente a circa 6/8 mesi di assenza di qualsiasi forma di sostegno al reddito.
All’Esecutivo provinciale ha partecipato anche la segretaria territoriale della Cisl Messina, Mariella Crisafulli, che ha sottolineato il «disagio economico ma anche sociale di chi vive al Sud. Bene – ha detto la Crisafulli – l’investimento della Fisascat sui giovani, dando seguito all’indirizzo della Cisl nazionale, così da dare spazio ed opportunità di sviluppare competenze ed impegnarsi concretamente nel Sindacato».

Eolie, è isolamento e a Milazzo esplode la protesta degli isolani che occupano il portellone della nave. I commenti.

Lipari – Alle Eolie dal pomeriggio è nuovamente isolamento. Fermi aliscafi e traghetti.

A Milazzo è esplosa la protesta di un centinaio di isolani che hanno occupato il portellone della nave. Alcuni provenienti anche dal nord Italia. Sul posto sono giunti i carabinieri per calmare gli animi. Per gli eoliani però le condizioni del mare, per il vento moderato da nord, non sono tali da interrompere i collegamenti.

I COMMENTI

di Gianni Iacolino

Oggi non ce l’ho fatta più !
Da anni mi ero imposto di non scrivere più alcuna nota sui disservizi marittimi .
Per due ordini di motivi: primo, onde evitare che si faccia di tutte le erbe un fascio, scatenando ingiuste proteste nei confronti dei tanti comandanti ed equipaggi coscienziosi e generosi e ,secondo motivo, perché non si ottiene mai nessun risultato, costretti a sorbirci sempre le solite ingiustificabili risposte, buone solo per babbei ed allocchi sprovveduti.
Oggi pomeriggio la tratta Milazzo-Lipari con relativo pernottamento della nave era praticabile e la soppressione della corsa non era giustificabile con le condizioni meteomarine . Dire che le decisioni del comandante siano insindacabili lo ritengo una bufala.
Ci sono istituzioni , e sono tante ,che potrebbero intervenire per fare chiarezza, una volta per tutte.

di Salvatore Rijtano

Sto scrivendo anche io purtroppo da Milazzo e potrei quindi non essere obiettivo, tanta è stata la rabbia nel vedersi negare il rientro a casa dopo 7 ore di viaggio, tanta è stata la rabbia nel sentire tutti, ma proprio tutti i passeggeri della stessa Sibilla proveniente da Lipari dichiarare che il viaggio era stato tranquillo e senza alcun problema legato a condizioni meteo avverse. Il comandante con tanto di bollettino meteo in mano si è rifiutato di effettuare la corsa ed al gruppo in protesta che obiettava sulle non vere condizioni avverse, opponeva un semplice noi stiamo lavorando da stamattina alle sei come a dire ora siamo stanchi. Sicuramente la stanchezza di un equipaggio è motivo valido per non effettuare un servizio specie quando si ha la responsabilità di oltre 100 persone da riportare a casa, penso comunque che a ciò dovesse provvedere la società. A noi poveri utenti non è rimasto altro che cercare un alloggio per la notte nella speranza che domattina, un equipaggio abbastanza riposato decida che le condizioni meteo indipendentemente dalle previsioni consentano di salpare per le eolie.

Orizzonti 2020: il meeting aziendale di C&T tra ambiente e futuro

Cala il sipario sulla terza edizione del meeting aziendale del Gruppo Caronte & Tourist, un grande evento che è ormai diventato una tradizione in pieno spirito natalizio per C&T oltre che un’occasione di incontro per gli oltre milleduecento dipendenti, più della metà dei quali – quelli liberi dal servizio – provenienti da tutta la Sicilia si sono riuniti ieri a bordo della N/T Elio.

Il convegno di apertura è stato un momento di bilanci ma anche di buoni propositi, proprio come una grande famiglia fa alla fine di ogni anno. Orizzonti 2020: è questo il titolo scelto per quest’anno, una denominazione che raccoglie in sé mete conquistate e obiettivi da raggiungere. Ma ad unire gli orizzonti passati e quelli futuri vi è una costante: l’ecosostenibilità.

Ed è stato proprio il rispetto per l’ambiente a ispirare la serata che, in ogni minimo dettaglio, ha ricordato quanto un tema così caldo oggi sia un valore già consolidato per l’azienda da molti anni.
“La questione ambientale non sarà mai risolta per noi ma sarà un orizzonte a cui guardare, un traguardo da spingere sempre più avanti, obiettivo dopo obiettivo”. Tiziano Minuti, responsabile del personale e della comunicazione di C&T, ha introdotto così il convegno di apertura del meeting.

Ad accogliere l’evento non poteva che essere la Elio, esempio di sostenibilità ambientale per tutto il Mediterraneo e grande orgoglio per l’azienda. Proprio come lo scorso anno, la pancia della nave ammiraglia ha cambiato funzione, divenendo una location suggestiva e vestendosi, per l’occasione, di “green”. L’allestimento, infatti, ha ricordato nei colori e nei materiali la natura, così come il menù offerto agli ospiti ha evocato gli odori e i sapori della terra e del mare. Tutto in piena ottica “plastic free”: dalla posateria agli allestimenti, ogni elemento di contorno è stato realizzato in materiale riciclabile o biodegradabile.
Un vero e proprio mantra per la serata, a voler valorizzare una delle mission dell’azienda che, come ha spiegato l’amministratore delegato Lorenzo Matacena, rientra a pieno nel nuovo paradigma qualitativo che la prospettiva del nuovo millennio richiede e di cui il rispetto dell’ambiente è la prima declinazione per importanza.

“L’ambiente è il futuro, e questo deve diventare un ritornello per tutti noi” ha affermato l’amministratore delegato e presidente di Caronte & Tourist Isole Minori Vincenzo Franza durante il suo intervento, spiegando come investire in logica green porterà l’azienda ad assumere un enorme vantaggio competitivo nel lungo periodo.
A fare il punto della situazione aziendale in termini di bilanci è stato, invece, l’amministratore delegato Calogero Famiani, il quale ha sottolineato i traguardi raggiunti anno dopo anno, evidenziando quanto l’occasione del meeting sia un modo di celebrare insieme i grandi obiettivi raggiunti in un clima familiare e sereno.

Toccanti, infine, le parole del Presidente del Gruppo Caronte & Tourist Antonino Repaci, il quale ha assunto – come da lui stesso metaforicamente detto – le vesti di capitano di una grande nave che viaggia da oltre sessant’anni verso un orizzonte d’impegno. “Sento il dovere di ringraziarvi per il vostro impegno e per i vostri sacrifici. La nostra è una grande famiglia ed è un grande motivo di orgoglio poiché questa ci consente di vivere e lavorare nel luogo e nel mare che ci ha visto nascere e crescere.” Durante il suo intervento, inoltre, il Presidente ha ricordato Ubaldo Smeriglio, giornalista e dipendente C&T, esprimendo il cordoglio dell’azienda per la sua recente scomparsa.

Sesta Giornata della Trasparenza: i convegni all’auditorium dell’A.O. Papardo

L’Azienda Ospedaliera Papardo promuove giorno 18 dicembre una giornata dedicata alla trasparenza con una serie di convegni a tema. Si parte con i saluti istituzionali del Dott. Mario Paino, Direttore Generale dell’A.O. Papardo alle 9.30 presso l’Auditorium sito al quarto piano.

La prof.ssa Lo Verso dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Antonello” curerà a seguire la rassegna sui video “trasparenza un bene per tutti” con le classi della V A “Grafica e Comunicazione”.
Il Direttore degli Affari Generali, dott. Carmelo Alma, relazionerà sulla trasparenza e sull’accesso civico per la legalità.

Il Liceo Scientifico Statale “Archimede” per tramite del prof. M.R. Martino e R. Calapso insieme ai ragazzi della IV E e della IV D, si occuperanno degli aspetti legati all’informazione efficace. Seguirà alle 11.15 il seminario del Dott. Angelo Mafali, responsabile Sistema Informatico Aziendale all’A.O. Papardo, su “come i sistemi informativi favoriscono la trasparenza”.

“Di te so stare senza …nessuna conseguenza” è il titolo della proiezione video e riflessioni sulla violenza di genere a cura della dirigente scolastica del Liceo Classico Maurolico, la prof.ssa G. De Francesco e il tutor, la prof.ssa M.C. Sorace. Chiude dalle 12 in poi la Dott.ssa Alessandra Piccolo, Responsabile Protezione dei Dati dell’A.O. Papardo che relazionerà sulla trasparenza e sulla protezione dei dati con annesso dibattito con gli studenti. Tra le scuole presenti all’iniziativa l’Istituto di Istruzione Superiore Antonello, il Liceo Scientifico “Archimede”, l’Istituto di Istruzione Superiore Liceo Classico “Francesco Maurolico”.

“La trasparenza è il miglior modo per misurare il grado di prossimità col paziente – dichiara il Direttore Generale dell’A.O. Papardo Mario Paino – iniziative come queste servono a comunicare alle scuole ma anche ai cittadini, il livello di progresso ottenuto in ambito tecnologico e gestionale con i profili e i protocolli sulla trasparenza e sulle modalità di accesso alle informazioni.

Tutti hanno pari diritto di accesso alle informazioni ecco perché queste giornate motivano il dibattito sulla corretta conoscenza delle modalità di interazione con la pubblica amministrazione, anche e soprattutto in ambito ospedaliero.”

Stromboli, il “faro” del Mediterraneo

Il vulcano di Stromboli è uno dei più attivi al mondo: da 2.500 anni emette fontane ...

di Andrea Frazzetta
Il vulcano di Stromboli è uno dei più attivi al mondo: da 2.500 anni emette fontane di magma incandescente senza sosta.

Soprannominato “faro del Mediterraneo”, Stromboli è uno dei sette vulcani dell’arcipelago delle Eolie, al largo della costa settentrionale della Sicilia. L’isola, omonima, è poco più grande di dodici chilometri e il vulcano, alto appena 926 metri sul livello del mare, è uno dei più attivi al mondo: da 2.500 anni emette fontane di magma incandescente praticamente senza sosta.

Stromboli e le isole vicine, che dal 2000 sono siti Patrimonio dell’Umanità UNESCO, sono cruciali per la vulcanologia. Ogni estate barche piene di visitatori arrivano a Stromboli per le splendide spiagge di sabbia nera e fino a 500 persone si arrampicano verso la cima, al tramonto, per ammirare la lava stagliarsi contro il cielo serale.

Stromboli è uno dei sette vulcani dell’arcipelago delle Eolie, al largo della costa settentrionale della Sicilia.

Le tragiche eruzioni estive

Lo scorso luglio, prima della partenza di molti gruppi (la scalata dura 4 ore), un’eruzione parossistica ha scagliato una colonna di gas a cinque chilometri d’altezza. Sassi incandescenti e cenere scendevano lungo il pendio Sud-occidentale incendiando la vegetazione. Le barche dei soccorsi hanno fatto evacuare le persone intrappolate sul vulcano, locali e turisti. Un escursionista è morto e diversi altri sono rimasti feriti.

Il 28 agosto, qualche settimana dopo, un’altra forte eruzione ha scatenato una colata piroclastica lungo la Sciara del fuoco:  un ripido canale dove le colate di lava scivolano dal cratere fino al mare, creando una valanga di gas e frammenti rocciosi tali da provocare un piccolo tsunami. La Protezione Civile ha stabilito che il vulcano è instabile e proibito l’accesso al di sopra dei 290 metri, circa un terzo dell’altezza di Stromboli.

Il Laboratorio di Geofisica Sperimentale dell’Università di Firenze, che con l’Ingv e la Protezione Civile monitora Stromboli, ha dichiarato: “Nelle ultime 24 ore ha mostrato un’attività esplosiva da cratere di sud-ovest molto alta. Il tremore vulcanico mostra valori medi”.

I tour sul vulcano sono diminuiti significativamente dopo le eruzioni estive.

Il tramonto del turismo

Sono arrivata a Stromboli a inizio novembre, curiosa di scoprire se una visita senza il panorama incredibile dalla cima, con vista sul cratere al di sopra delle nuvole, sarebbe stata soddisfacente. “I tour sul vulcano sono molti di meno da quando c’è stata l’eruzione quest’estate”, racconta Beatrice Fassi di Magmatrek, tour operator locale. “Se vorremo ancora del turismo qui, dovremo reinventarcelo.”

Al tramonto camminiamo rapidamente lungo una stretta strada che attraversa San Vicenzo, san Bartolo e Piscità, tre centri lungo la costa settentrionale dell’isola dove vivono gran parte dei 500 abitanti di Stromboli. Speriamo di raggiungere il percorso che risale la montagna e costeggia Sciara del fuoco prima che faccia buio.

Le case bianche di Stromboli, decorate da bougainville variopinte, bignonie e piombaggini, rallegrano la giornata che va a finire. Ogni tanto si vedono i fari di un motorino o di un motocarro a tre ruote. A Stromboli non ci sono lampioni lungo la strada né automobili.

Lungo il sentiero

Ci salutiamo all’Osservatorio, una pizzeria lungo la costa su Punta Labronzo con una vista incredibile sulle fontane vulcaniche di Stromboli. Metto la lampada da testa e proseguo risalendo la montagna per incontrare Mario Zaia, detto Zazà, la guida storica di Stromboli.

Il sentiero risale un tracciato a tornanti, rivestito con lastre di pietra vulcanica nel 1951: era l’anno dopo Stromboli, il film di Roberto Rossellini con Ingrid Bergman che ha presentato al mondo quest’isola remota. Ogni quindici minuti il vulcano emette un rombo tonante e rossi bagliori di magma illuminano il cielo. Mi sento sorprendentemente calma, sola in questa realtà che non mi è familiare.

In 90 minuti raggiungo il punto di osservazione e vi trovo una decina di appassionati di vulcani che ammirano le fiamme e i ruggiti di Stromboli. Poi una silhouette barbuta, con un paio di bastoncini da trekking e un cane alle calcagna, mi supera. Chiamo, “Zazà!” e iniziamo la discesa insieme.

Dopo la violenta eruzione che ha ucciso sei persone nel 1930, la popolazione è passata da ...

La discesa con Zazà

“Viviamo su una bomba”, dice lui. “E questo ti spaventa?”, chiedo io. “Al contrario”, mi risponde. È profondamente meravigliato dalla forza persistente che ha spinto questo stratovulcano a emergere dal fondale del Tirreno e a creare, eruzione dopo eruzione, il cono che vediamo oggi. Appena il 2% di una massa enorme che si estende per oltre due chilometri sott’acqua.

A volte Zazà porta i gruppi di visitatori su e giù dalla cima anche due volte al giorno. Ma non è stanco né annoiato, mi dice, perché ogni volta è diverso. È un’esperienza che ispira, che ti eleva, ma che trasmette anche una potente energia, uno splendido senso di precarietà.

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Un’isola sempre più sostenibile

Nel XIII secolo gli abitanti coltivavano lungo le pendici terrazzate del vulcano ma un’epidemia di fillossera – nel 1880 – ha attaccato i vigneti e distrutto la cultura agricola. Alcuni hanno trovato il proprio sostentamento nella pesca, altri sono emigrati in Australia. Quando una violenta eruzione ha ucciso sei persone, nel 1930, la popolazione è passata da circa 5.000 persone a meno di 500.

Oggi gli abitanti di Stromboli sono impegnati a rendere la vita sull’isola sostenibile per le generazioni future. Vincenzo Cusolito sta partecipando allo sforzo cooperativo di rianimare mille olivi abbandonati dagli antenati emigrati dall’isola. Attiva Stromboli, l’associazione no-profit supportata dall’Aeolian Islands Preservation Fund, ha presentato all’isola il primo frantoio che ha spremuto dodici tonnellate di olive lo scorso autunno. I volontari come Cusolito possono tenere il 30% dell’olio, chiamato Èolio, per venderlo.  Nel settembre 2020 Cusolito aprirà al pubblico la raccolta annuale di olive e uva – insieme alle degustazioni di vini – come parte delle attività di un agriturismo che gestirà insieme ai tre figli.

Durante il giorno Salvatore Russo lavora nell’edilizia. Ma di notte, in un ampio atelier vicino casa, scolpisce la densa roccia vulcanica che emerge dal vulcano. Il suo studio è una tappa classica degli itinerari sull’isola e i visitatori possono assistere mentre mostra le sue tecniche artistiche, circondati dalle opere pluripremiate e da quelle in lavorazione.

Durante la notte i pescatori di Stromboli lanciano le reti dalle loro piccole barche di legno e rientrano all’alba per vendere il pescato sulla spiaggia. Lo chef Frank Utano, un tempo anche lui pescatore, ogni mattina raccoglie a mano i frutti di mare per il suo ristorante, il Ristorante da Zurro, sul lato opposto del porto. Il suo piatto caratteristico sono gli spaghetti alla Stromboliana, pasta fresca condita con acciughe, aglio locale, pomodori ciliegini e peperoncini piccanti. I suoi antipasti creativi, la vista magnifica e l’ambiente accogliente hanno fatto guadagnare al locale una clientela di fedelissimi tra i turisti estivi.

Oggi gli abitanti di Stromboli sono impegnati a rendere la vita sull’isola sostenibile per le generazioni ...

È davvero necessario salire in cima?

Nel mio ultimo giorno a Stromboli la guida più giovane di Magmatrek, Manuel Oliva, mi accompagna in un’escursione naturalistica con vista sui tre villaggi più a Nord. Nato e cresciuto qui, Oliva vuole restare sull’isola. Su un terreno vicino alla costa sta piantando alberi di mango e avocado, per introdurre nuovi frutti sull’isola e prevenire l’erosione del suolo.

Quando arriviamo al belvedere, a 290 metri, Oliva si ferma per fare dei controlli di sicurezza e io proseguo scendendo dalla montagna lungo il sentiero percorso le sere precedenti. Alla luce del giorno, vedo quello che mi era sfuggito al buio: fichi d’India e ulivi nodosi arrampicati sul sentiero, il mare color cobalto più in basso. Come accade a Zazà, camminare di nuovo sul vulcano mi riempie di energie e la sua vetta ardente non mi fa mai sentire sola.  Mi rendo conto che non è necessario salire fino in cima per sentirsi soddisfatti. A volte, un vulcano va ammirato dal basso. Con gli occhi rivolti al cielo, colmi di gratitudine.(nationalgeographic.it)

Lipari, dalla Residenza Municipale. Dopo 25 anni saranno assunte 50 persone

La Giunta Comunale, con delibera n.94 del 9 dicembre 2019, ha approvato il Piano Triennale delle Assunzioni per il triennio 2019/2021, per l’acquisizione di personale a tempo indeterminato, coerentemente con la rideterminazione della dotazione organica dell’Ente che ha individuato un fabbisogno pari a 50 unità.

Già entro la fine del mese saranno pubblicati i primi avvisi dei 24 posti (10 per categoria D per diversi profili professionali, 13 categoria C di cui 7 agenti di polizia municipale, 1 Operaio categoria A) da ricoprire anche tramite procedura di mobilità volontaria. In base agli esiti di tali procedure si provvederà con la messa a concorso dei posti non coperti. 7 posti saranno, inoltre, riservati alla stabilizzazione del personale a contratto e 8 alle assunzioni obbligatorie a tempo indeterminato ai sensi della Legge n.68/99 cd.

Categorie protette (4 Istruttori tecnici, 1 Operatore Computer e Trasmissione Dati, 3 Addetti a mansioni d’ordine di segreteria). Per il 2020 è invece prevista la stabilizzazione del personale Asu per 8 unità di personale e l’assunzione di 2 unità di personale cat. D – Istruttore Direttivo Amministrativo tramite concorso pubblico con un posto riservato al personale interno; per il 2021 un posto da Dirigente Amministrativo in esito alle risultanze delle precedenti procedure.

Si tratta di una delibera di fondamentale importanza, un punto di svolta per il nostro Comune che torna ad assumere a tempo indeterminato dopo circa 25 anni; era infatti dal biennio 1994/96 che non si avevano assunzioni di questa portata: abbiamo previsto l’incremento di 50 persone che porranno finalmente termine a questo gravoso svuotamento degli uffici (dati i recenti e i prossimi pensionamenti) così da assicurare il buon livello e la giusta qualità dei servizi dell’Ente, senza sovraccaricare di mansioni il personale attualmente in forza, come auspicato dall’Amministrazione e richiesto dai cittadini del Comune di Lipari. La delibera è coerente con le capacità assunzionali dell’Ente.

L’Amministrazione Comunale

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I castelli siciliani si mettono in rete. Dalla Regione pronti 5 mln per l’illuminazione artistica

Sarà il Comune di Caccamo a occuparsi d’ora in poi della gestione dell’antico castello, di proprietà della Regione Siciliana e tra i più grandi e meglio conservati di tutta l’Isola. A consegnarlo al sindaco Nicasio Di Cola è stato il governatore Nello Musumeci dopo che, nello scorso mese di giugno, era stata firmata una convezione per attribuire all’amministrazione cittadina le attività che riguardano la fruizione e la valorizzazione dell’antica fortezza.

“L’obiettivo – ha spiegato Musumeci – è quello di creare una rete e, quindi, una proposta di turismo monumentale, architettonico e culturale che possa integrarsi con quello gastronomico e paesaggistico: più è diversificata l’offerta, maggiore diventa l’attrazione”. Musumeci ha anche annunciato di avere destinato cinque milioni di euro per l’illuminazione artistica dei castelli dell’Isola e di avere creato una rete tra tutti i manieri della Regione, il cui coordinamento è stato affidato alla soprintendenza ai beni culturali di Palermo.

Il Comune di Caccamo assicurerà la custodia del castello e l’apertura al pubblico con modalità e orari che garantiranno un servizio pluri-settimanale di visite. Utilizzando anche i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso, dovrà inoltre garantire interventi di manutenzione, revisione periodica delle coperture, miglioramento del decoro degli ambienti, stabilità e sicurezza dell’immobile. E ancora, dovrà occuparsi dei progetti di restauro dei soffitti, dell’abbattimento delle barriere architettoniche, della produzione di segnaletica turistica specifica e del materiale promo-pubblicitario in più lingue, ferme restando le competenze della soprintendenza per i Beni culturali di Palermo in materia di tutela e ricerca scientifica.

“Proseguirò – ha assicurato Musumeci – nell’affidamento alle amministrazioni locali che avranno così un maggiore potenziale da giocare sul piano del marketing territoriale e dell’offerta turistica”. Tra i siti che rientrano nell’elenco il castello Bauso di Villafranca Tirrena, la villa Di Pasquale di Messina, il castello cinquecentesco Spatafora, il castello Beccadelli di Marineo, le terme arabe di Cefalà Diana, il Palazzo Cappellari di Palazzolo Acreide,lo stabilimento Florio di Favignana, il Museo di Marianopoli e il Museo delle Croci di Scicli.