Da Zurigo in linea Michele Sequenzia

msequenzia.jpgdi Michele Sequenzia

 

“FORA DAI BAL“: clandestini o profughi?

 

Oggi è una nuova brutta giornata. Non ci si trova bene ad essere trattati come tante bestie da soma, inutili esseri accatastati su barconi sfasciati, traballanti in  un mare di popoli in guerra, poveri esseri umani, aggrappati ad una tenue speranza di soppravivenza, oggi e… domani? 

Nella notte buia e tempestosa, laggiu’ tra le sabbie libiche, la morte miete altre vite. Le coste fiammeggiano di fuochi nemici, infiniti razzi annientano ogni vita, si fanno a pezzi artiglierie ed carri armati. Cessa  la vita, si proclama lo stermino tra fratelli

Bruciano le belle, moderne città. La miseria falcia i deboli, i poveri. Avanza la civiltà della democrazia, la nostra bandiera garrisce sulle navi da guerra, cui la cultura occidentale  impone la sua vanitosa presenza  su tanta  povera gente agonizzante.

 

 Laggiu’ si fugge, ormai da mesi, da tutto. Smembrati gli affetti famigliari, tra odi tribali, la paura di morire spinge la folla agitata ad una corsa senza fine, non importa dove.  Da noi, mentre facciamo colazione e vediamo la Tv, pasciuti governanti e politici si accordano sul lessico in uso nelle cancellerie dei poteri.

Laviamoci le mani, prima di tutto, facciamo lo struzzo. Distribuiamoli come tanti oggetti inutili, che non valgono nulla,  quà e là, tra gente sconosciuta, nei ghetti, nelle aree dismesse, tra i topi. Poi li imbarchiamo verso luoghi che li vedranno nuovamente morire. Poi si vedrà, si dice a palazzo Chigi. Chi sono dunque questi „emigrati“, sono essi solo tanti clandestini in cerca di rifugio politico, ovvero miserabili poveri profughi, come lo siamo stati noi, a migliaia di migliaia cacciati dalla profumata terra d’ Istria e dalla bella civilissima Dalmazia, terre e città italianissime, svendute da governi infelicemente irresponsabili?

Che fine hanno fatto tutti questi Italiani la cui unica colpa è stata quella di essere veri patrioti, radicati in un territorio di millenaria civiltà veneziana, che hanno sofferto lo sradicamento dalla loro terra natia, cacciati via come miserabili pezzenti dalle armate titine, di cui ancora oggi soffrono in un oblio collettivo.

 

Che cosa intendono fare di peggio coloro che gridano “fora dai bal“ oggi, sarebbe questa la loro politica „ umanitaria“? Continuare lo stermino  politico di queste popolazioni  cacciate dalle loro terre devastate dalla guerra? Come poterli definire „ clandestini“ se nemmeno li conosciamo?Non è questo vero razzismo e brutale  conformismo tanto in uso durante il ventennio fascista? Come lo dovremmo chiamare?Soluzione finale? Clandestino è colui che non si fa certo vedere e nemmeno censire. Perchè usare un termine tanto volgare? Terminologia burocratico-amministrativa , che vuole dire piu’ o meno  malattia sociale, passaggio obbligato, definitivo, tra un essere vivo ed uno il cui stato di diritto  civile è morto.

 

“Clandestini“, gente esattamente come noi, con anima e corpo, sentimenti, bisogni, speranze ed amore, vivi e vitali,ora considerati  come esseri subumani, ghetto, lebbrosario. Buoni e cattivi, giovani donne, come appestati, senza oggi nè domani, eccoli nudi,affamati, stanchi, mentre i loro magri feti sono partoriti in mezzo al mare, senza patria, e senza alcun aiuto. Eccoli  stremati finalmente a terra, sfiniti, distrutti. L’isola che li ospita è nuova miracolosa patria, focolare, tana, ricovero, pur nuda terra, aspra roccia salina, che odora della loro martoriata terra africana.La morte avvolge chi non è riuscito a salvarsi, mentre altri sconosciuti senza nome e patria sono annegati senza soccorso. Siamo con loro  in un brutale calderone di corpi e anime,  buttati per terra, poveri cenci umani, ringraziamo il nostro Dio.

“Fora dai bal“(fuori dalle palle!) ci sentiamo dire, urlare, mentre arrivano le navi, le grandi navi della Marina Italiana,  che ci porteranno dove non lo sappiamo. Che triste futuro ci aspetta?

Emigrare vuol dire sparire. Per chi emigra, fugge dalla propria patria, tribu o clan, nazione, paesello, casolare, tenda, pur  misero tugurio, vuol dire porre fine alla propria esistenza.

 

 Chi emigra non ritornerà mai piu se stesso. Si cancella per sempre la sua unità individuale, irripetibile. Si marchia con il fuoco la sua carne, si viola la sua intimità.  Se ha un nome, lo perderà. Se ritorna, non sarà come prima la stessa persona, ma un altro.

Gli uccelli di ogni tipo emigrano, ritornano ai loro nidi in un secolare andirivieni tra le alte correnti dei venti, con una rotta tracciata che nessun essere umano conosce. Anche i pesci sanno dove poter trovare il loro habitat, per accoppiarsi e avere nuovi figli che troveranno le loro rotte come i loro genitori.

Cosi, l’intera nostra specie vivente, Africana o Europea, ricca o povera, come quelle  comprese tra i vasti caldi arcipelaghi ed immensi ricchi continenti, tra le lontane sperdute isole   dei mari del sud, ed i gelidi porti del nord e delle inabitabili lande antartiche, aspira alla vita, all’amore, alla libertà individuale, in pace tra i propri simili, figli della stessa Madre, verso la  comprensione universale tra ogni essere vivente, oggi e domani, ovunque sia nato.

Da Zurigo in linea Michele Sequenziaultima modifica: 2011-03-30T18:23:41+02:00da leonedilipari
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