Il boia

aziinoavvpiccola1.JPGdi Alfio Ziino

Il boia. E’ termine che abbiamo sentito ripetere più e più volte in questi giorni e riferito al capitano delle SS Erich Priebke  al quale  venne imputata la strage delle Fosse Ardeatine.
Il termine è esatto. Esso sta a significare ” l’esecutore delle sentenze capitali, il carnefice”. La “sentenza” in questione era stata emessa direttamente da Adolf Hitler e girata al tenente colonnello delle SS Herbert Kappler, comandante la Gestapo a Roma che curò la lista degli esecutandi. L’ esecuzione, appunto, fu affidata a Priebke.
La Convenzione Internazionale dell’ Aia aveva legittimato
il diritto di rappresaglia delle forze occupanti un certo paese nella ipotesi in cui propri militari venissero uccisi da
civili, gente senza divisa militare; cosa che era accaduta a Roma con la strage di soldati tedeschi in via Rasella, eseguita da partigiani. La Convenzione indicò anche la proporzione: 10 a 1.
Il Tribunale di Norimberga, chiamato a giudicare dopo la seconda guerra mondiale i criminali nazisti, ricobbe la legittimità del diritto di rappresaglia purchè ne fossero stati rispettati i limiti, non solo numerici.
Del diritto di rappresaglia fecero largo uso americani, russi, inglesi, francesi, e lo fecero molto al di là dei limiti per così dire consentiti.
Aggiungo. E’ indubitabile che sia Kappler che Priebke, ove non avessero dato corso all’ ordine impartito da Hitler, sarebbero stati quanto meno immediatamente fucilati, se non appesi a ganci da macellaio al pari di tanti alti ufficiali tedeschi che ad Hitler avevano inteso ribellarsi.
Aggiungo ancora. L’ articolo 54 del nostro Codice Penale dichiara essere “non punibile” chiunque abbia commesso il fatto per salvare se od altri da un danno grave alla persona.
Quello contro Priebke, e che portò la di lui condanna all’ ergastolo, non fu il solo processo per le Fosse Ardeatine.
Altro ne venne celebrato, nel 1944, contro l’ allora questore di Roma, Caruso, reo di aver completato la lista degli esecutandi già compilata dai tedeschi. Condannato a morte il 21 settembre, fu immediatamente fucilato.
Ne venne celebrato un altro ancora, contro il direttore del carcere di Regina Coeli, Donato Carretta, ove erano detenuti gli ostaggi, e che contro il questore Caruso aveva testimoniato determinandone la condanna.
Durante lo svolgimento dell’ udienza una donna prese a gridare ossessivamente “è lui che ha mandato mio figlio alle Ardeatine, deve morire”. La folla travolse il servizio d’ ordine e prese il Carretta trascinandolo fuori dal Tribunale avviandone il linciaggio.
Lo stesero sui binari del tram, ma il conducente della vettura che sopraggiungeva frenò, nascondendo la manovella di avviamento. Rischiò anche lui il linciaggio, dal quale si salvò esibendo la tessera di iscrizione al PCI.
Il Carretta fu quindi trascinato a ponte Umberto e gettato nel Tevere. Tentò di aggrapparsi agli argini, ma gli schiacciarono le mani venendo perciò trascinato via dalla corrente. Due uomini in barca lo ripescarono nei pressi di ponte Milvio riconsegnandolo alla folla. Condotto al carcere di Regina Coeli, vi fu crocifisso al portone sotto gli occhi di moglie e figlia che lì di fronte abitavano. Non venne svolta alcuna indagine, se non accertarsi che la donna urlante non aveva alcun figlio.
L’ uccisione di civili è sempre orrenda, ma segnalo un altro caso.
Un capitano di fanteria del Regio Esercito ebbe a raccontarmi che durante la seconda guerra, sul fronte greco, aveva ricevuto l’ordine di prendere un grosso edificio, strategico al fine di consentire, non ricordo più, se una avanzata o proteggere una ritirata.
L’ edificio era occupato da soldati greci ed anche da molti civili. Falliti due assalti, il capitano in parola si convinse che l’ unica possibilità era quella di richiedere l’ intervento dell’ artiglieria, spianando così l’ edificio. Mi disse di avere esitato a lungo, pensando appunto ai civili, e che la sua esitazione era costata la vita ad altri due dei suoi uomini.
Concluse, riferendosi a questi ultimi, con un “non me lo perdonerò mai”.
Non do giudizi morali, anche perchè ciascuno, di morale, ha la propria. Non ho veste alcuna per condannare o per assolvere chicchessia. Ma mi è consentito ricercare, ricordare e riflettere.
E chi avesse a leggere queste note provi un pò a mettersi nei panni dei soggetti sopra citati. Avremmo celebrato Kappler e Priebke come eroi se avessero disattteso gli ordini, andando così volontariamente a morte. Il capitano sarebbe stato eroe per i greci, ma traditore per il Regio Esercito.
Quel che è ripugnante è la guerra, e son proprio i militari i primi a riconoscerlo. E’ di Sherman, generale USA detto
il macellaio, la frase “solo una battaglia persa è più triste di una battaglia vinta”. Ma la guerra, inevitabile, è gioco che come tutti i giochi ha le sue regole. Chi vi partecipa non può accettarne alcune e ripudiarne altre.
Quello che non ha regole è “il popolo”. Quando urla che la terra è piatta e manda a morte chi sostiene che sia tonda,
è la fine.
Il boiaultima modifica: 2013-10-14T08:59:01+02:00da leonedilipari
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