Da Santa Marina Salina in linea Teodoro Cataffo

tcataffo.jpgdi Teodoro Cataffo

“Casa al mare”. CAPITOLO  11. La Compagnia teatrale. 2006

 Legato alla croce della via crucis vedevo giù tra la folla che ci aveva seguito, il volto di mio padre smarrito nel nulla e rigato di lacrime come quello di tanti altri che s’erano commossi nell’ultimo atto della rappresentazione della passione di Cristo che, per quella Pasqua del 1975 e per la prima volta nella storia dell’isola, avevo voluto insieme ai miei amici rappresentare.

–   Tu sei il re dei Giudei?

–   Tu lo hai detto! Ma il mio regno non è di questo mondo e non è di questa vita.

–   E dov’è il tuo regno?

–   Il mio regno, il nostro regno, è tra le braccia del Padre mio, del Padre nostro. Nel letto del Suo grande fiume da dove tutte le nostre anime, come piccoli ruscelli, hanno defluito per irrorare di nutriente, fresca e benefica acqua una parte di questa terra che Egli ci ha donato e dove affluiranno alla fine del loro percorso per abbandonarsi definitivamente al Suo abbraccio, per confondersi in Lui come il fiume si confonde nel mare e per portare a Lui la nostra piccola avventura.

–   E cosa ne sarà di noi, dopo? Delle nostre ricchezze e del nostro potere conquistato durante il percorso della nostra vita ?

–   Di noi, in questo mondo,resterà il ricordo di ciò che siamo stati e di ciò che abbiamo fatto. Più importanti e positivi saremo stati, più le nostre esperienze saranno ricordate ed imitate. Come il ruscello che ha ben nutrito la terra che ha bagnato lasciandola piena di splendidi fiori.

Il percorso nelle strette viuzze di Lingua con la gente che ci seguiva, ci anticipava, ci stava quasi addosso e con tanti che si affacciavano dalle porte e dalle finestre, l’aria cupa della sera che oltretutto aveva riempito il cielo di nuvoloni neri e non prometteva nulla di buono, l’immedesimazione di ognuno di noi nella parte che ci era assegnata, la coscienza di rappresentare una sofferenza, anzi la Sofferenza, la consapevolezza che tutto ci stava riuscendo molto bene, la grande partecipazione dei nostri spettatori, ci rese euforici, talmente euforici che qualche soldato romano, poi ben identificato da me, mi diede quattro colpi di frusta veri e ben assestati.

Le pie donne che mi vennero incontro e mi abbracciarono andando oltre la parte assegnata, mi gridavano:

–   Non vogliamo che tu vada a morte.

Al che io ricambiando l’abbraccio sussurravo loro nell’orecchio:

–   Ma è solo un gioco!

Mentre la Maddalena, che accompagnava Maria, già da allora non mi toglieva di sopra i suoi occhi indagatori.

Cireneo mi veniva incontro facendomi capire che era arrivato il momento della terza ed ultima caduta. E fu lì che mi sbucciai davvero entrambe le ginocchia rendendo poi veritiere le ferite sanguinanti del Cristo in croce.

La spugna che mi fu strofinata sulle labbra e che negli accordi doveva essere imbevuta di sambuca per addolcire un poco la scomodità di stare in croce, ebbe invece il brutto sapore dell’aceto più cattivo che c’era.

Invece di arrabbiarmi pregai Iddio così:

–   Padre perdona loro perché anche se sanno benissimo ciò che stanno facendo lo fanno perché così Tu avevi già scritto dall’inizio dei tempi.

Una serie di strane coincidenze aveva trasformato l’aria cupa della sera in tuoni e lampi ed i nuvoloni neri in pioggia battente. Il vento cominciava a scompigliare i miei lunghi capelli e a strappare i fazzoletti in testa alle donne, ed in fondo il mare cominciava ad invadere la spiaggia fino alla stradina.

Nessuno scappò a ripararsi e gli ombrelli che si aprirono furono solo un paio. Tutti cominciarono ad inzupparsi e grande fu la mia tentazione di prolungare l’agonia del Cristo.

Desistetti e presto presto gridai:

–   Padre, Padre, nelle Tue mani rimetto la vita che mi hai donato, alla Tua mente trasmetto i miei pensieri, al Tuo cuore i miei affetti, alla Tua bontà i miei sentimenti. Nella Tua misericordia confido per le persone che mi sono care,…

Volevo continuare ma una specie di sfinimento mi fece reclinare il capo.

E’ morto, è morto, Cristo è tornato nell’immenso mare del Suo amore.

Maria e Maddalena piangevano e gridavano il loro dolore da palcoscenico. Ma un pianto diverso mi giungeva sotto il bianco lenzuolo che mi copriva mentre, quale spoglia di Cristo, venivo portato dentro la sacrestia della vicina chiesa di San Bartolo di Lingua.

Padre Mario si complimentò con me ed i miei amici per la veridicità che eravamo riusciti a dare alla scena e per la drammaticità con cui avevamo interpretato la via crucis. Ma io non ascoltavo, Le mie labbra erano ancora impregnate di aceto. Non so, né mai saprò se confuso tra la folla e con gli occhi lucidi di lacrime abbia mai capito che le mie ultime parole, gridate sulla croce, erano e sono sempre rivolte a lui. A mio padre.

Da Santa Marina Salina in linea Teodoro Cataffoultima modifica: 2011-11-20T13:55:00+01:00da leonedilipari
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