PD, UNA DEBACLE CHE LASCIA IL SEGNO

53f82e65a3d5d7d9f05b08d0dd6b5e48.jpgUn sconfitta destinata a lasciare il segno. Francantonio Genovese con il suo quasi 39% non è riuscito a “conquistare” neanche il ballottaggio, nonostante l’impegno profuso e gli sforzi economici, ma soprattutto nonostante l’8% di Fabio D’Amore. Tanti gli elementi da analizzare in casa Pd, a livello cittadino, ma anche a livello regionale, perché com’era già stato preannunciato prima delle amministrative, c’è l’esigenza di guardare oltre le urne. Oggi però, alla luce dei risultati provenienti da tutta l’Isola, forse un confronto interno diventa ancora più necessario. Ma andiamo con ordine, partendo dal dato cittadino.

MESSINA
La vittoria al primo turno di Giuseppe Buzzanca non è indicativa solo per il centrodestra, ma lo è anche per un’opposizione che non è riuscita ad essere così forte da impedirgli il successo diretto. Successo che anche se concretamente è solo di mille voti, politicamente è molto più ampio. Le responsabilità vengono attribuite maggiormente al candidato Sindaco Genovese, per una serie di scelte e per un atteggiamento che, fin dalla nascita della nuova creatura del centrosinistra, alcuni hanno definito “troppo poco democratico”. Già nelle settimane precedenti al voto, alcuni segnali avevano in un certo senso “minato l’aria” più di quanto forse in fondo non lo era già: la questione legata alla “Lista Siracusano Presidente”; le dimissioni a seguire del cognato Franco Rinaldi da segretario provinciale; i “pruriti” di Antonio Saitta e di altri componenti dell’area ex Ds; la beffa di vedere, alla vigilia delle elezioni, Marcello Scurria, ex segretario provinciale proprio dei Ds e tra i maggiori artefici della decadenza di Buzzanca, andare a rinfoltire le fila “nemiche” nel cosiddetto “Laboratorio Messina”. Ma non sono state esclusivamente queste “grane” a far perdere la guida della città all’imprenditore messinese. La precisa volontà di schierare praticamente tutti gli ex assessori si è rivelata un’arma a doppio taglio, ma è in generale la composizione delle varie liste che, per bocca degli stessi candidati, forse non è stata del tutto azzeccato. Un esempio, che però può essere indicativo, è proprio la sua posizione all’interno della lista ufficiale del Pd, che invece di fungere da traino, come ad esempio è stata quella di Buzzanca in “Rialzati Messina”, non ha inciso, collocandosi a conclusione dello spoglio “a centro classifica”. Sicuramente, come Genovese stesso ha amesso, qualche errore è stato commesso e non si può parlare solo di onda lunga rispetto al successo di Berlusconi e Lombardo che senza dubbio ha contribuito. C’è chi gli rimprovera una gestione personalistica e accentrata del partito, orientata a chiudere il cerchio intorno a sé e ai propri fidati, senza aprire al confronto con quelle correnti magari più critiche e più libere. Decisioni come la sua autocandidatura a Sindaco, quella dell’amico Paolo Siracusano alla presidenza della Provincia e come già detto la ripartizione dei “fedelissimi” e non, nelle varie liste. Sicuramente non è mancata la comunicazione, perché come i suoi avversari hanno più volte ribadito, Genovese è stato in campagna elettorale, nella cartellonistica stradale, nelle tv, negli incontri organizzati, praticamente da gennaio; prima con ampio anticipo in previsione delle amministrative, successivamente per le politiche di aprile e ancora dopo, nuovamente per l’elezione del primo cittadino di Messina, “monopolizzando di fatto gli spazi”. Ma forse non è bastato. Genovese ha perso con tutta probabilità anche quel voto d’opinione che per metà è andato a Fabio D’Amore e per l’altra metà si è dissolto nell’astenzionismo, che diciamolo chiaramente, ha penalizzato più il centrosinistra che l’altra sponda politica. Le iniziative, i programmi, la squadra di tecnici, non hanno fatto breccia nel cuore dei messinesi, che hanno fatto scendere “l’indice di gradimento” dal 45,79% del 2005 (primo turno), al 38 circa odierno. Un dato, quello finale del 2008, che se per Genovese è positivo visti i numeri degli altri capoluoghi isolani, rappresenta sempre un “meno sette” perso nel giro di tre anni. Questi i fatti, bisognerà fare autocritica e ripartire, unendo le forze e coinvolgendo anche quelle che sono state ai margini non esponendosi in prima persona. Partendo però dal presupposto, che in questo momento in città, non c’è una figura forte in grado di assumere la leadership del partito come può fare Francantonio Genovese, nei numeri, nella sostanza e dal punto di vista economico.

PD, UNA DEBACLE CHE LASCIA IL SEGNOultima modifica: 2008-06-20T19:47:48+02:00da leonedilipari
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