
di Giovanna Bongiorno
Anni or sono Stefano Malatesta scrisse un libro dal titolo ” Il cane che andava per mare ed altre storie “. Si trattava di una simpatica collezione di bischerate siciliane legate a personaggi stravaganti, bizzarri, più o meno noti o chiacchierati, che ebbe gradissimo successo. Perchè, com’è prassi ormai storicizzata, mentre gli altri si arricchiscono scrivendo le nostre bischerate, noi restiamo sempre gli stessi, sempre più poveri e sempre più lontani dal mondo civile. Il cane del libro di Malatesta la sapeva lunga… era un cane eoliano che aveva capito come godersi la vita girando le Isole a sbafo, ma con signorilità, trovando sempre come sopravvivere senza troppa fatica. Diciamolo pure,un cane d’altri tempi.
Invece, a questi tempi più feroci e men leggiadri, appartengono i branchi di randagi che, ormai abituali e stanziali su Lipari, si moltiplicano con una pericolosa tendenza esponenziale, tra la grandissima indifferenza di molti ed il gravissimo pericolo per tutti.
In particolare, branchi di questi cani, convivono in uno spazio ricompreso, sulla provinciale per Lami, tra la prima grande curva di questa strada, salendo verso Lami a sinistra, dopo l’Hotel LA VILLETTA, e la curva direttamente superiore e soprastante. Le creature hanno costituito persino un condominio, con ampio portone d’ingresso al loro regno, il vallone sottostante, al quale accedono o dal quale risalgono attraverso una fradicia e smagliata rete di protezione, in plastica arancione, che dovrebbe chiudere l’accesso a questa pericolosa area sottostante la provinciale e che, invece, costituisce la scorciatoia tra questa ed i piani alti del condominio canino.
Per farla breve, in branchi, in particolare nel buio della sera, questi cani scorazzano in vicinanza delle case, per oltre un buon kilometro tra salita e discesa, sovente scendono e salgano dalla via Calandra Costa per dirigersi verso il mare, terrorizzano i più piccoli, cercano di azzannare e sovente ci riescono, i motociclisti in salita o in discesa per la provinciale e non solo, ed hanno persino partecipano alla festa di San Bartolo con il loro inquietante sottofondo di ululati e latrati per ogni botto che è stato sparato. Ti intimoriscono assaltandoti quando tenti di uscire dall’auto parcheggiata con fatica in una strada dove da anni è previsto un parcheggio che non esiste, raspano tra la spazzatura dei vicini cassonetti lordando tutto, sbranano gatti ignari e non troppo veloci che escono dai cancelli domestici e sono, di fatto, questi cani, i padroni incontrastati di questa zona in virtù, mi pare di una assuefatta indifferenza generale. La loro fama è assurta persino al mondo del ciber spazio. Infatti, non di rado, su Internet, i commenti dei turisti che hanno visitato e soggiornato a Lipari, scorazzando in motorino anche tra Calandra, Porticello ed Acqua Calda, al punto che potremmo chiamare “consigli per gli acquisti”, scrivono, a chiare lettere, di fare attenzione grandissima al pericolo costituito da questi branchi famelici, ormai padroni della costa e di qualche zona interna, sconsigliando, tra le righe tra detto e non detto,bart la permanenza in questo o quell’albergo o residence, che si trovi nelle adiacenze di questi luoghi frequentati dalle bande canine liparote.
Personalmente non ho nulla contro i cani e gli animali in genere, ognuno, infatti, fa il proprio mestiere, ma ognuno, però, ha da stare al proprio posto. Ma qui c’è da averla con i cristiani, con chi sarebbe preposto, anche in questo caso, al governo del territorio. Ricordo che anni or sono questa stessa vicenda si tramutò in uno scandalo oneroso e ndranghetoso, finito su tutti i giornali d’Italia in ragione di un fasullo e sostanzioso appalto, aggiudicato ad una impresa calabrese, per occuparsi del randagismo a Lipari. Erano i tempi dell’indimenticabile amministrazione Bruno……. Ed oggi, che vogliamo fare?
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